
Gambino (Ecri): "La Costituzione non contempla un presunto diritto alla morte" - Il costituzionalista Fontana: "Dal punto di vista sostanziale non vedo ragioni che possano impedire alla Corte di annullare la disposizione penale"
Mentre in Parlamento si dibatte di fine vita e modifica dell'articolo 580 del Codice penale, il prossimo 8 luglio a Palazzo della Consulta, giudice relatore Stefano Petitti, potrebbe iniziarsi a scrivere un nuovo capitolo intorno all'articolo 579 c.p. che disciplina una diversa ipotesi di reato: l'omicidio del consenziente, cioè di chi "...attui materialmente la volontà suicidaria", autonoma e liberamente formata, di una terza persona che pur essendo nelle condizioni previste dalla sentenza n. 242 del 2019, non sia in grado, per impossibilità fisica o per l’assenza di strumentazione idonea, di procurarsi la morte.
E’ stato il Tribunale di Firenze (ordinanza 30 aprile 2025) a sollecitare un nuovo passo in avanti nel cammino intrapreso dalla Corte costituzionale, esortato dal caso di una donna malata, paralizzata dal collo in giù, che verserebbe nelle condizioni dettate dalla sentenza della Corte costituzionale n. 242 del 2019 e che ha maturato il proposito di porre fine alla propria esistenza ma si trova "nella impossibilità materiale, per le proprie condizioni fisiche e per l’assenza di strumentazione idonea, di auto-somministrarsi il farmaco letale", come è stato anche attestato dall'Azienda sanitaria competente. Ad oggi, sottolinea il giudice civile di Firenze, se un medico o un fiduciario su richiesta della persona malata si sostituisse a lei nel somministrarle il farmaco rischierebbe infatti l’incriminazione per il reato di omicidio del consenziente.
Non è la prima volta che la Corte costituzionale si confronta sull'omicidio del consenziente. Già il 15 febbraio 2022, sentenza 50, la Corte si è espressa in relazione a un referendum abrogativo proposto dall'Associazione Luca Coscioni. La Consulta aveva dichiarato costituzionalmente inammissibile il quesito referendario che chiedeva di eliminare il divieto penale in caso di omicidio su richiesta della vittima capace, consapevole e consenziente modificando l'articolo 579 del codice penale. Secondo i giudici costituzionali, l'abrogazione avrebbe lasciato "priva di tutela minima la vita umana in casi delicatissimi".
"Il giudice di Firenze ritiene che tra l'art. 580, come riscritto dalla Corte costituzionale e il vigente art. 579 vi sia una irragionevole disparità di trattamento. Ciò perché in base all’art. 580 c.p. chi è in grado di auto-somministrarsi il farmaco letale può beneficiare della sentenza della Corte costituzionale, che ha reso non punibili le condotte agevolative di terzi purché l'ultimo atto finale sia determinato dal malato. Mentre non ne possono beneficiare i terzi che intendano realizzare il proposito del malato che per maggiore gravità della malattia non è neanche in condizione di darsi la morte", commenta all'Adnkronos Gianpaolo Fontana, professore di Diritto costituzionale all'Università Roma Tre.
"Dal punto di vista sostanziale non vedo ragioni che possano impedire alla Corte di annullare la disposizione penale sull'omicidio del consenziente nei termini richiesti dal giudice remittente - prosegue - Vi è però una difficoltà di ordine processuale, che la Corte potrebbe utilizzare per evitare una pronuncia sul merito: il giudice che ha sollevato la questione lo ha fatto nell’ambito di un giudizio cautelare civile, non essendo chiamato ad applicare la norma penale di cui chiede tuttavia l’annullamento nella parte in cui non prevede la liceità della condotta del soggetto terzo che realizzi la condotta omicidiaria in un contesto assimilabile a quello che portò il giudice costituzionale a riscrivere la norma sull’agevolazione del suicidio".
Pertanto, il rischio è, secondo Fontana, che "anche se il giudice rimettente ha accertato e debitamente motivato in ordine alla rilevanza della questione di legittimità costituzionale, la Corte potrebbe non essere dello stesso avviso. Potrà ben essere sollevata una questione di legittimità costituzionale in un giudizio penale che veda come imputato il medico che avrà agito violando l'art. 579 c.p.. Ma è molto difficile che un sanitario deliberatamente commetta un reato che prevede una pena (dai sei ai quindici anni) significativamente più severa di quella originariamente prevista in caso di agevolazione al suicidio; un coraggio ed una determinazione difficilmente esigibili per tentare di allineare il Codice penale alla Costituzione", chiosa.
Quanto potrebbe incidere il fatto che già la Corte Costituzionale il 15 febbraio 2022, sentenza 50, si è espressa sull'omicidio del consenziente in relazione a un referendum abrogativo proposto dall'Associazione Luca Coscioni dichiarandolo costituzionalmente inammissibile? "Sotto tale profilo - risponde il costituzionalista - l’odierna questione di legittimità costituzionale mira, assai più modestamente rispetto al quesito referendario giudicato inammissibile, ad escludere in un ambito medicalizzato la punibilità del personale sanitario che realizzi i propositi di fine-vita del paziente terminale, gravemente sofferente e privo di ogni capacità motoria, non già a rendere lecito l’omicidio del soggetto consenziente tout court”.
La "mancanza di legittimazione ad agire in concreto del giudice rimettente", per cui la questione sollevata in Corte costituzionale dal Tribunale di Firenze sarebbe "inammissibile o in ogni caso infondata", la rileva seppur da un fronte ideologicamente opposto Alberto Gambino, presidente di Scienza & Vita, membro per l'Italia della Commissione europea contro il razzismo e l'intolleranza (Ecri), Prorettore dell'Università Europea e Professore Ordinario di Diritto Civile, che con l'Associazione 'Unione Giuristi Cattolici italiani' ha depositato a Palazzo della Consulta, in vista dell'udienza pubblica di martedì prossimo, una memoria Amicus Curiae.
Secondo il giurista, "il tema è tecnico. Tutto nasce dalla legge 219 del 2017, che apre all'autodeterminazione del paziente", regolamenta il consenso informato, le Disposizioni Anticipate di Trattamento (Dat), la terapia del dolore, e la pianificazione condivisa delle cure. "Ma la legge 219 - spiega Gambino- rientra nell'ambito civile, non penale. E l'autodeterminazione di stampo civilistico è ben diversa da quella di stampo penalistico", perché è differente il grado di disponibilità del bene tutelato. Se in ambito civile prevale l'autonomia individuale quando si rifiuta ad esempio un'assistenza sanitaria, nel penale prevale l'interesse pubblico alla tutela del medesimo bene che quindi diventa indisponibile nell'omicidio del consenziente, che "è un reato, come la vendita di un proprio organo".
Il mancato riconoscimento della differenza fra le due tipologie di autodeterminazione apre inoltre le porte, nel caso dell'omicidio del consenziente, ad "un presunto diritto alla morte" che "la Carta costituzionale non contempla", perché "l'eutanasia è un atto antigiuridico" ed "antisociale". Ce lo racconta "la giurisprudenza più recente (ad esempio la sentenza 50 del 15 febbraio 2022 - ndr) che in tema di fine-vita ha costantemente riconosciuto come dall'art. 2 Cost. discenda il dovere dello Stato di tutelare la vita di ogni individuo e non quello diametralmente opposto di riconoscere all'individuo la possibilità di ottenere dallo Stato o da terzi un aiuto a morire", ricorda il presidente di Scienza & Vita.
Non si innesca una disparità di trattamento, come afferma il giudice di Firenze, tra l'articolo 579 c.p. e il 580 c.p. così come riscritto dalla giurisprudenza costituzionale per quanto riguarda il suicidio assistito? "No. Se si aprisse anche al 579 significherebbe che un medico potrebbe uccidere il proprio paziente. Con le gravi conseguenze che ne deriverebbero, a partire dal rapporto di fiducia medico-paziente" ed il conseguente danno alla collettività, risponde il giurista, membro per l'Italia della Commissione europea contro il razzismo e l'intolleranza. Un semaforo rosso dei potenziali effetti a valanga se si andasse in questa direzione arriva già dall'Onu che, secondo quanto riporta la Memoria Amicus Curiae, "ha proprio poche settimane fa riconosciuto i rischi in Canada per i diritti delle persone con disabilità per l'estendersi dei casi di persone che chiedono allo Stato di morire perché non possono curarsi adeguatamente. Sempre in Canada si è presentata con tutta la sua complessità la problematica dell'inclusione dei pazienti con malattie psichiatriche". (Roberta Lanzara)