Claudia Cardinale, ultima stella del firmamento italiano

Si è spenta una delle ultime luci del grande cinema europeo del secondo Novecento

Un murale dedicato a Claudia Cardinale
Un murale dedicato a Claudia Cardinale
24 settembre 2025 | 01.23
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Con la morte di Claudia Cardinale, avvenuta a Nemours, nei pressi di Parigi, dove viveva da tempo, all'età di 87 anni, si è spenta una delle ultime stelle del grande cinema europeo del secondo Novecento. Nata Claude Joséphine Rose Cardinale il 15 aprile 1938 a Tunisi, da genitori di origine siciliana, crebbe in un contesto multiculturale, tra lingue francesi, arabe e dialetto siciliano, che ne segnarono profondamente l'identità. Figlia di un ferroviere e di una madre insegnante, Claudia non sognava il cinema, eppure il destino le aveva riservato un posto d'onore nella storia della settima arte.

Nel 1957, a soli diciannove anni, venne eletta "la più bella italiana di Tunisi" durante una manifestazione organizzata dall'Unitalia Film. Il premio era un viaggio alla Mostra del Cinema di Venezia, dove attirò l'attenzione dei produttori italiani. Dopo un breve passaggio al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, Claudia venne scritturata dalla Vides Cinematografica di Franco Cristaldi, produttore e futuro marito, che ne curò con attenzione l'immagine e la formazione artistica.

Il suo esordio cinematografico avvenne quasi in sordina, ma con maestri già affermati: nel 1958 apparve ne I soliti ignoti di Mario Monicelli, accanto a Vittorio Gassman e Totò, nel ruolo della timida sorella di Ferribotte. Nello stesso anno prese parte a Tre straniere a Roma di Claudio Gora e a Goha (1959), pellicola tunisino-francese di Jacques Baratier presentata al Festival di Cannes. Il volto giovane e mediterraneo della Cardinale iniziò così a imporsi sul grande schermo, ma fu negli anni successivi che il suo talento cominciò a fiorire.

Tra il 1959 e il 1960, recitò in numerosi film diretti da autori di primo piano del cinema italiano: Un maledetto imbroglio (1959) di Pietro Germi, Il magistrato di Luigi Zampa, Audace colpo dei soliti ignoti (1959) di Nanni Loy, Vento del sud (1959) di Enzo Provenzale, e Upstairs and Downstairs (1960) di Ralph Thomas, prodotto nel Regno Unito.

Nel 1960, in un’industria cinematografica italiana in pieno fermento, Claudia ottenne ruoli sempre più rilevanti: fu diretta da Abel Gance nel kolossal storico Austerlitz e da Luchino Visconti nel capolavoro neorealista Rocco e i suoi fratelli, dove interpretò una prostituta fragile e dolente accanto ad Alain Delon e Renato Salvatori. Sempre nel 1960, fu protagonista con Mastroianni in Il bell'Antonio di Mauro Bolognini, tratto dal romanzo di Vitaliano Brancati, dove la sua sensualità acerba e tormentata cominciò a definire un nuovo tipo di diva: meno bambola e più donna, più reale che idealizzata.

Fu ancora Bolognini a valorizzarla nei successivi La viaccia (1961) e Senilità (1962), mentre il suo talento trovò piena espressione in La ragazza con la valigia (1961) di Valerio Zurlini, dove vestì i panni di Aida, una ballerina sbandata dal passato incerto, accanto a Jacques Perrin. L'interpretazione le valse il David di Donatello e consacrò Claudia come attrice capace di affrontare ruoli complessi, intrisi di malinconia e verità.

Il 1963 fu l'anno della definitiva consacrazione: Federico Fellini la volle nel suo visionario 8½, dove Claudia è la donna ideale, il simbolo del desiderio e della memoria per il protagonista Guido, alter ego del regista. Nello stesso anno, fu Angelica Sedara ne Il Gattopardo di Luchino Visconti, tratto dal romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa: una delle sue interpretazioni più celebri, in un film monumentale che la vede accanto a Burt Lancaster e Alain Delon. Sempre nel 1963, diede una nuova prova di maturità in La ragazza di Bube di Luigi Comencini, tratto da Carlo Cassola: nel ruolo di Mara, Claudia regalò al pubblico uno dei suoi personaggi più veri e intensi, vincendo il Nastro d'Argento.

Seguì un decennio di successi e trasformazioni. Fu Fata Armenia in Le fate (1966) di Mario Monicelli, protagonista in Certo, certissimo… anzi probabile (1969) di Marcello Fondato, e interprete di ruoli drammatici in Il giorno della civetta (1968) di Damiano Damiani, tratto da Leonardo Sciascia. Sempre nel 1968 fu Jill McBain in C’era una volta il West di Sergio Leone, colonna sonora di Ennio Morricone, un western epico che ne consolidò la fama internazionale.

Negli anni Settanta, Claudia affrontò nuove sfide: fu una delle prime attrici italiane a interpretare figure femminili emancipate, autonome, slegate dal semplice ruolo decorativo. In Libera, amore mio! (1975) di Mauro Bolognini fu una rivoluzionaria antifascista, mentre in Gruppo di famiglia in un interno (1974) tornò con Visconti, in una parte intensa e malinconica. Il 1971 la vide recitare con Brigitte Bardot in Le pétroleuses di Christian-Jaque, simbolica contrapposizione di due femminilità leggendarie.

Negli anni Ottanta, pur meno presente nel grande cinema italiano, Claudia si distinse in ruoli difficili: fu Claretta Petacci nel discusso Claretta (1984) di Pasquale Squitieri, regista e compagno di vita, vincendo un altro Nastro d'Argento. L’anno successivo fu nel La donna delle meraviglie di Alberto Bevilacqua e in Enrico IV di Marco Bellocchio, tratto da Pirandello. In La pelle (1981) di Liliana Cavani, accanto a Marcello Mastroianni, tratto da Curzio Malaparte, interpretò un personaggio dolente nel contesto tragico della Napoli post-bellica.

Nel 1986, tornò alla grande televisione con La storia di Luigi Comencini, tratto dal romanzo di Elsa Morante, nel ruolo struggente di Ida, madre ebrea durante la guerra. Ancora una volta, Cardinale dimostrò di essere un’attrice completa, lontana dagli stereotipi della diva patinata.

Accanto al cinema italiano, la Cardinale ha lavorato con grandi registi stranieri: The Pink Panther (1964) di Blake Edwards, The Professionals (1966) di Richard Brooks, La tenda rossa (1969) di Mikhail Kalatozov, Fitzcarraldo (1982) di Werner Herzog. Negli anni ’90, recitò anche in 588, rue Paradis (1992) di Henri Verneuil e Sous le pied des femmes (1997) di Rachida Krim, dimostrando un’attività artistica ininterrotta per oltre sei decenni.

Claudia Cardinale è stata anche un simbolo di emancipazione femminile. Ha cresciuto un figlio da sola, ha rivendicato l’uso della propria voce roca, rifiutando il doppiaggio, e ha sempre scelto ruoli che rappresentassero donne forti e complesse. Il suo femminismo mai urlato, ma concreto, la rese un punto di riferimento per generazioni di donne.

L'attrice ha ottenuto numerosi premi e riconoscimenti per le sue interpretazioni: nel 1984 vince il Premio Pasinetti alla miglior attrice alla 42esima Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia per Claretta; ha inoltre vinto cinque David di Donatello, cinque Nastri d'argento, tre Globi d'oro, un Premio Barocco e una Grolla d'oro alla migliore attrice. Nel contesto internazionale le è stato conferito per la sua carriera cinematografica, il prestigioso Leone d'oro alla carriera alla Mostra di Venezia, l'Orso d'oro alla carriera al Festival di Berlino, il Premio Lumière, il Premio Flaiano e numerosi altri premi. (di Paolo Martini)

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