
La serie debutterà a gennaio 2026. Nils Hartmann (Sky): "Abbiamo chiesto a Ravagli e Fasoli di scrivere gli outline per le stagioni 2 e 3"
"'Gomorra – Le origini'? Nessuno può minimamente immaginare come sarà. Non c’entra nulla con ‘Gomorra - La serie’. Ci saremmo potuti adagiare su un successo già consolidato e su un linguaggio ormai noto, e invece abbiamo deciso di andare da un’altra parte. All’inizio ho avuto delle reticenze, che hanno a che fare con il profondo rispetto che nutro verso quello che abbiamo fatto con la serie madre. Non vi nego di aver avuto un po’ di timore di non poter essere un valore aggiunto”. A parlare è il regista Marco D’Amore - nonché l’indimenticabile Ciro ‘L’Immortale’ di ‘Gomorra - La serie’ - seduto ad un tavolo da roulette all’interno dell’attrezzeria, a Napoli, del nuovo show Sky Original prodotto da Sky Studios e Cattleya. ‘Gomorra - Le origini’ - che debutterà a gennaio 2026 - “non è un'operazione di marketing fatta solo perché c'è un marchio che funziona. Abbiamo deciso di farla perché è un altro racconto”, sottolinea Nils Hartmann, vicepresidente esecutivo Sky Studios per l’Italia. I 6 episodi, infatti, riavvolgono il nastro della vita di Don Pietro Savastano, che nella serie madre è stato interpretato da Fortunato Cerlino, per raccontarne l’adolescenza, “ma non c’è alcuna corrispondenza tra l’adulto e il giovane”, sottolinea D’Amore, qui in veste anche di supervisore artistico e co-sceneggiatore. A partire dalle aspirazioni: se nella prima serie i protagonisti erano disposti a tutto, anche di morire, per raggiungere il potere, i personaggi de ‘Le Origini’ vogliono vivere tutta la vita, sognando e nutrendo speranze. “Raccontiamo un mondo più morbido, con un tocco di nostalgia. Un mondo di sentimenti, di tenerezza e anche di humour. Nelle cinque stagioni di ‘Gomorra’ e nel film ‘L’Immortale’ non c'è una risata, mentre in questa nuova serie si ride, si piange, ci si commuove, c'è un grande calore. Ci sono i ragazzi, c'è la freschezza dell'infanzia, dell’adolescenza e l’avventura”, racconta Riccardo Tozzi di Cattleya. L’oggetto del racconto, infatti, “non è il potere, ma il desiderio. Questi ragazzi sognano le femmine, i bei vestiti e un posto nel mondo in un contesto in continuo sviluppo”, aggiunge D’Amore.
E quel contesto è la Napoli degli Anni 70, in piena trasformazione, povera e segnata dal contrabbando di sigarette, in cui la violenza era ai margini rispetto alla serie precedente. “A quel tempo la camorra era fondata sul contrabbando di sigarette, al tempo stesso una forma di illegalità e una sorta di welfare. Era un mondo erede della liberazione americana, dove c’era l’albergo di massa, ovvero un ex orfanotrofio bombardato in cui tantissimi orfani vivevano insieme. Era un momento di grande coesione sociale”, spiega Maddalena Ravagli, che ha creato la serie insieme a Leonardo Fasoli e Roberto Saviano. Una Napoli “che non esiste più e che abbiamo ricostruito: vista oggi sembra di fantasia. Con un grande sforzo produttivo, perché la Napoli di oggi è moderna, abbiamo ricreato tutto, dagli ambienti ai costumi”, sottolinea Tozzi. Oltre 300 mezzi di scena dell’epoca, tra Porsche, taxi gialli, Mustang, Bmw, Fiat, Lancia, furgoni, autobus gialli e motorini (come il Ciao usato dal personaggio di Pietro Savastano), che sono stati recuperati da collezionisti privati. Sono stati adattati agli Anni 70 circa 70 luoghi. Per esempio, una casa appena restaurata è stata trasformata in decrepita con l’approccio cinematografico: per girare le scene, sono stati costruite delle pareti di tufo, poi distrutte. Dopo le riprese, come ha sottolineato il team produttivo, la casa è tornata ai fasti. Un attento lavoro di ricerca è stato fatto sui costumi da Olivia Bellini per circa 5mila comparse e naturalmente per gli interpreti principali. “Non è stato semplice reperire i tessuti, prima i capi erano concepiti per durare, quelli di ora non resistono al tempo”, dice la costumista. “Tanto materiale lo abbiamo preso dalle sartorie per avere qualità, ma alcuni abiti li abbiamo creati con delle tecniche di invecchiamento, usando fiamma ossidrica, varechina, grasso per lubrificazione, vaselina e polveri”. Tra i costumi anche delle mute da sub realizzate su modelli dell’epoca per una scena d’azione. “Abbiamo cercato il più possibile di riprodurre quel mondo tra la nascita delle Vele di Scampia, foraggiata dalla Cassa del Mezzogiorno, e una zona rurale e abbandonata in cui si viveva in profonda povertà”, dice D’Amore, alla regia dei primi quattro episodi, mentre gli ultimi due sono diretti da Francesco Ghiaccio. In quel contesto povero e dimenticato nasce Pietro Savastano “che noi intercettiamo nella fase dell’adolescenza in cui si ha il diritto di sognare anche se non si hanno i mezzi”. Ad interpretarlo è Luca Lubrano: “Per me è uno dei migliori attori italiani, anche se ha solo 16 anni”, dice D’Amore, "assumendomi il peso di quello che dico”.
Lo ha scelto “perché mi ricorda molto me nell'esuberanza e nell'incapacità che avevano gli altri di comprenderla. Mi ricorda me nella serietà con cui gestisce il suo lavoro e con l'ossessione. E mi ricorda tanto me perché quando tu senti, quantomeno, di avere una cosa così forte che brucia, ti senti profondamente solo. E quindi mi assomiglia un po’. Non c’è stato bisogno di provino, è bastato guardarci”. Giovanissimo, Luca è nato a Forcella, una zona del centro storico di Napoli, da una famosa famiglia di macellai: “Lui ha fatto delle piccole esperienze in teatro e qualche cortometraggio, ma sempre nell’ambito dell’hobby”. Gli attori della serie sono quasi tutti esordienti o alle prime esperienze. Per trovarli “ci sono voluti 6-7 mesi di ricerca, abbiamo coinvolto tutte le scuole di cinema e teatro di Napoli e provincia e fatto tantissimo street casting. Ci siamo imbattuti in una generazione di giovani talenti, come solo questa città sa continuamente produrre. Non c’è paragone con altro luogo”, commenta D’Amore. Il fiore all’occhiello di questa serie è proprio il cast: “Volevo cercare nei volti anche dei più giovani una Napoli antica che c'è ancora. Ci sono dei giovani vecchi, ci sono dei vecchi giovanissimi, ci sono dei bambini nonni e ci sono dei nonni bambini. Questa geografia di volti - sottolinea il regista e sceneggiatore - racconta il paesaggio di ‘Gomorra - Le origini’”, in cui “c’è un racconto femminile meraviglioso attraverso delle giovani Imma e Scianel (personaggi conosciuti nella serie madre nella loro fase adulta). Siamo agli albori delle prime rivendicazioni: c’è una figura di donna che inizia a sentire una pulsione di ribellione e un’altra molto nell’ombra del maschile che patisce un certo tipo di comportamento, ancora troppo presente anche nei giorni nostri”, riflette D’Amore. ‘Gomorra - Le origini’ non si fermerà alla prima stagione: “Abbiamo chiesto a Ravagli e Fasoli di scrivere gli outline per le stagioni 2 e 3”, annuncia Hartmann. di Lucrezia Leombruni