Hollywood ama i biopic: crisi di idee o questione di incassi?

Dall'atteso film su Bruce Springsteen ai recenti 'Better Man' su Robbie Williams e 'A Complete Unknown' su Bob Dylan

Hollywood ama i biopic: crisi di idee o questione di incassi?
19 giugno 2025 | 17.54
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Di fronte all’ennesimo trailer di un biopic musicale - stavolta l'attesissimo 'Springsteen: Liberami dal Nulla' con Jeremy Allen White nei panni del "Boss" - ci si torna a chiedere: perché Hollywood continua a raccontare vite altrui? La 'settima arte' sta affrontando una crisi di idee o si tratta di una formula collaudata (e soprattutto redditizia) per intercettare pubblico e premi? Stando ai numeri verrebbe spontaneo rispondere di sì: 'Bohemian Rhapsody' di Bryan Singer del 2018, che ripercorre i primi quindici anni di storia dei Queen e del suo frontman Freddie Mercury, ha incassato al livello mondiale 900 milioni di dollari, senza dimenticare i 4 Oscar (incluso quello a Miglior attore protagonista a Rami Malek); 'Elvis' di Baz Luhrmann del 2022, che racconta la vita dell'artista dall'ascesa alla fama mondiale passando per il complicato rapporto con il manager Colonnello Tom Parker e la relazione con la moglie Priscilla Presley, si è intascato quasi 290 milioni di dollari ed ha ricevuto 8 candidature agli Academy Award (come quella al Miglior attore per Austin Butler); ma anche 'Oppenheimer' di Christopher Nolan del 2023, che narra del fisico J. Robert Oppenheimer la cui popolarità è legata soprattutto alla costruzione della prima bomba atomica, ha incassato 975 milioni di dollari e vinto 7 Oscar (tra questi, al Miglior film, regia, attore protagonista a Cillian Murphy e non protagonista a Robert Downey Jr.).

Ma forse, più che mancanza di immaginazione, si potrebbe parlare di ripiegamento sull'identità collettiva. Perché è innegabile: il biopic funziona perché rassicura. Racconta storie vere (o verosimili, e questo a volte suscita qualche critica dai fan più accaniti), spesso già conosciute, confezionandole come intrattenimento di alta qualità, e anche questo non si può negare. L'industria ha trovato così un modo per produrre grandi film senza rischiare troppo con diritti musicali già posseduti dalle major e un pubblico fidelizzato dagli estimatori della celebrità in questione. Ma anche un nuova narrazione. Non si racconta più la vita intera di un personaggio, ma un momento chiave: nel caso di 'Springsteen: Liberami dal Nulla' (nelle sale dal 23 ottobre con 20th Century Studios), viene mostrata la realizzazione dell'album 'Nebraska' del 1982, anno in cui era un giovane musicista sul punto di diventare una superstar mondiale, alle prese con il difficile equilibrio tra la pressione del successo e i fantasmi del suo passato; in 'Spencer' Pablo Larraín fa ricostruzione immaginaria della decisione di Lady Diana (Kristen Stewart) di separarsi dall'allora Principe di Galles Carlo. Ultimamente, poi, come dimostrano i recenti 'Piece by Piece' su Pharrell Williams, che si racconta attraverso un Lego movie, e 'Better Man' su Robbie Williams, in cui l'artista ripercorre la sua vita privata e pubblica attraverso le sembianze di una scimmia. E questo dimostra, anche sulla scia di quella rassicurazione del punto di vista produttivo, che i biopic non si nascondono quando c'è da portare sul grande schermo scelte audaci, anche a discapito degli incassi (il primo ha incassato circa 10,7 milioni di dollari, mentre il secondo circa 22,5).

Anche all'Italia 'piace biopic', per parafrasare il famoso film con Marilyn Monroe 'A qualcuno piace caldo'. Negli ultimi anni Rai, e non solo, ha realizzato diversi film per la tv o miniserie dedicati a personaggi che hanno scritto la Storia. A partire da Franco Califano interpretato da Leo Gassmann, Mia Martini da Serena Rossi, Alda Merini da Laura Morante, Guglielmo Marconi da Stefano Accorsi, Goffredo Mameli da Riccardo De Rinaldis Santorelli e Peppino Di Capri da Francesco Del Gaudio. E, prossimamente, come annunciato dall'ad di Rai Cinema Paolo Del Brocco, arriverà un film su Sergio Marchionne. Ma anche Netflix con il film 'Sei nell'anima' su Gianna Nannini. Mentre al cinema, Luca Marinelli si è cimentato con Fabrizio De André. L'attore romano, tra i più talentuosi del cinema italiano, ha dato prova della sua grande capacità di trasformazione anche con 'M - Il figlio del secolo', la serie su Mussolini. Prossimamente arriverà nelle sale l'atteso 'Je so' pazzo', in cui Massimiliano Caiazzo dà voce e corpo a Pino Daniele.

Mettendo un attimo da parte i numeri e le logiche di mercato, i biopic funzionano perché sanno essere anche scomodi. Le celebrità vengono spogliate dalla loro aurea di eroi ed eroine per mettersi a nudo. Nei film sopracitati ma anche in 'Priscilla' di Sofia Coppola sulla moglie di Elvis, 'Maestro' di e con Bradley Cooper nei panni del direttore d'orchestra e compositore Leonard Bernstein, 'Back to Black' sui primi anni di carriera di Amy Winehouse, 'Rocketman' su Elton John e in 'Tonya' incentrato sulla controversa vita della pattinatrice su ghiaccio Tonya Harding si preferisce raccontare momenti di crisi, dubbi e rotture. Insomma, storie che permettono allo spettatore di fare i conti con vulnerabilità e imperfezioni, da cui a volte si fugge nella realtà. Il trionfalismo viene lasciato fuori. E forse anche il pubblico è cambiato: vuole immedesimazione e non venerazione, vuole verità e non il glamour delle vite scintillanti dei vip. Dietro ogni grande personaggio c'è un uomo o una donna che sta affrontando dei mostri interiori. E in quei mostri tutti possiamo specchiarci. Come se fosse una catarsi.

Sulla scia delle operazioni nostalgia, i film autobiografici rappresentano anche un biglietto di sola andata per rivivere un momento. Nel caso della musica, un concerto. Quando si stava uno appiccicato all'altro (alla fine il sudore diventava colla) a cantare a squarciagola, senza telefoni, notifiche e quella irrefrenabile voglia di fare foto o video e di condividerli sui social. Una macchina del tempo, i biopic, resi ancor più 'vivi' se a cantare sono gli attori stessi, regalando al pubblico un live già vissuto o ancora tutto da vivere attraverso magistrali interpretazioni, come quelle di Timothée Chalamet con Bob Dylan, Austin Butler con Elvis e Jeremy Allen White, che nel trailer canta 'Born to Run' di Springsteen con una voce ruvida e naturale. E questo fan ben sperare su quella che sarà la sua performace.

Alla fine tutto questa passione dei i biopic cos'è? Un desiderio collettivo di capire meglio chi siamo, attraverso chi è stato. Le vite degli altri, quando raccontate bene, ci spiegano la nostra. E finché ci sarà questo bisogno, Hollywood continuerà a fare biopic. di Lucrezia Leombruni

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