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Francesco Di Leva al cinema con 'Nottefonda': "Recito per portare l’arte dove non c’è"

Dall’8 maggio nelle sale con Luce Cinecittà, il film racconta di Ciro: un uomo che sfugge dalla realtà dopo un lutto

Francesco Di Leva in una scena di 'Nottefonda' - Mario Schiano
Francesco Di Leva in una scena di 'Nottefonda' - Mario Schiano
07 maggio 2025 | 19.02
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"Noi attori non salviamo le persone, a questo ci pensano i medici. Ma c’è un altro tipo di salvezza, quella dell’anima per migliorarsi come persona. Io recito per portare l’arte dove non c’è. E lo faccio con spettacoli teatrali - come ‘Premiata pasticceria Bellavista’ - nei paesini più sperduti dell’Italia. Voglio far vedere ai ragazzi che, tutto sommato, se ce l’ho fatta io, ce la possono fare pure loro”. A dirlo all’Adnkronos è Francesco di Leva, che l’8 maggio torna nelle sale con ‘Nottefonda’ (distribuito da Luce Cinecittà) di Giuseppe Miale Di Mauro, liberamente tratto dal suo romanzo 'La Strada degli Americani' (Frassinelli), scritto dallo stesso regista con Bruno Oliviero e Di Leva, che ne è protagonista. Nel film, l'attore interpreta Ciro “un uomo che sfugge dalla realtà e dalla vita, esce di notte. Il suo è un viaggio in un tempo in cui è alle prese con il dolore per la morte della moglie”. Sullo sfondo “una Napoli nordeuropea nei colori, nell’atmosfera e nella fotografia”.

Come Ciro, nel corso della vita “ho conosciuto il dolore ed ho capito l’importanza del pianto, è liberatorio, e di prendersi del tempo per metabolizzare il proprio dolore”. Grazie a questo personaggio “ho migliorato alcune parti di me, imparando a dare valore a ciò che è veramente importante”. Di Leva condivide il set con il figlio Mario, classe 2010. “Gli auguro di sbagliare al cinema, di incontrare ruoli difficili, di cavalcarli e di non avere paura di andare in fondo perché è in quel momento che si cresce. Bisogna essere scomodi, conoscere la paura e il formicolio allo stomaco e buttarti con la consapevolezza di dover fare un lavoro attorno ad un personaggio e alle sue emozioni”, dice Di Leva (padre). Essere un attore “è un modo di vivere, un attore si interroga quotidianamente sulle cose che accadono per poterle immagazzinare e trasferirle allo spettatore. Non serve solo l’abilità di leggere il copione”. Per la carriera “voglio continuare a buttarmi da un aereo senza paracadute, nel momento in cui smetterò di sentirmi scomodo e di avere paura vorrà dire che il gioco è finito”, dice l’attore, impegnato anche nel sociale.

Nel 2010 ha co-fondato il Nest, Napoli Est Teatro. Si trova a San Giovanni a Teduccio ed è “un luogo di aggregazione ma anche un’alternativa a quei tanti giovani delle periferie che non hanno ancora trovato un posto nel mondo. Se non dai delle opportunità, poi si ha la scusa per fare altro”. Il Nest “è una missione, un atto di resistenza”. In attesa dell’uscita di ‘Nottefonda’, Francesco Di Leva è tra i candidati ai premi David di Donatello come Miglior attore non protagonista per ‘Familia’ di Francesco Costabile. Un film che parla di violenza di genere. Ma anche il trauma dei figli. “È importante non smettere mai di parlare di questi temi, soprattutto con le nuove generazioni. Noi abbiamo girato le scuole con questo film”. In un incontro in un istituto a Ponticelli “un ragazzo ha detto che le botte tra amici è sintomo di affetto. Una ragazza le ha risposto ‘se un amico ti picchia non ti vuole bene’”. Per l’attore “spesso le persone confondono le azioni ed è per questo che bisogna parlarne e aprire un dibattito con i ragazzi. Il cinema in questo è necessario”, conclude. di Lucrezia Leombruni

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