
Il film, dal 10 luglio al cinema con Eagle Pictures, indaga le derive sociali di un mondo dove l’apparenza online ha più peso della realtà
"'Dedalus' è il nostro 'Squid Game' all'italiana. Ci tenevo che mantenesse un'identità nazionale per rendere questa storia uno specchio del Paese con personaggi grotteschi, colorati e anche abbastanza strampalati. Siamo noi italiani, ma senza offendere nessuno. Trovo che sia una caratteristica molto divertente dell'italiano". A parlare all'Adnkronos è il regista Gianluca Manzetti, in occasione dell'uscita al cinema di 'Dedalus', nelle sale dal 10 luglio con Eagle Pictures. Ambientato in un futuro prossimo, ma inquietantemente vicino al nostro presente, il film indaga le derive sociali e morali di un mondo dove l’apparenza online ha più peso della realtà, e dove per ottenere visibilità e consenso si è disposti a tutto – anche a mettere in pericolo sé stessi e gli altri. In una società in cui ogni gesto può essere condiviso, giudicato e viralizzato in pochi istanti, il confine tra bene e male diventa sempre più labile. Come quello tra realtà e mondo digitale. "Con 'Dedalus' non vogliamo demonizzare i social, è troppo semplice dire che l'odio, la superficialità e la disconnessione tra le persone è colpa dei social. Quello dei social è un sistema creato da noi, non si è autogenerato", riflette Manzetti che torna dietro la macchina da presa dopo 'Roma Blues'.
I protagonisti della storia sono Michele, Tiziana, Leo, Antonella, Filippo e Belinda: sei creator selezionati per partecipare a Dedalus, un nuovo social game che promette di rivoluzionare il mondo del web 3.0 e di rendere ricco e famoso il vincitore. Rinchiusi in un'arena isolata i concorrenti partecipano a dei giochi che si rivelano via via sempre più pericolosi. Ma quello che sembrava un semplice gioco si rivela qualcosa di completamente diverso e i ragazzi, da concorrenti, si ritrovano ad essere contemporaneamente carnefici e vittime di una elaborata vendetta. "I social hanno cambiato l'approccio al mondo del lavoro, molti giovani puntano ai social perché convinti di raggiungere fama e ricchezza in poco tempo e senza fatica. Penso che dietro ai video di molti influencer e creator, che all'apparenza potrebbero sembrare superficiali, ci sia un gran lavoro. Il mondo - prosegue Manzetti - è in continua evoluzione e non possiamo fermarlo. Il mondo di lavoro si espande e i social fanno parte di questo cambiamento". L'avvento del virtuale ha reso i confini tra reale e digitale più sottili "ma questo non mi spaventa, io sono nato nell'era digitale", dice l'attore Luka Zunic, che interpreta Michele: un calciatore ("mi sono ispirato a David Beckham e Balotelli, personaggi che hanno fatto scalpore anche fuori dal campo") che si ritrova in età giovanissima ad avere tutto e subito, fama, soldi e successo. "Penso che questo porti alla noia e all'appiattimento perché non ci si stupisce più di niente, soprattutto delle piccole cose".
Sui social "siamo bersagliati da contenuti brevi che uno guarda e riguarda così tante volte che portano ad un'apatia generale", dichiara Zunic. Ma non solo. Il regista e l'attore riflettono sul fenomeno della Fomo (acronimo di 'Fear Of Missing Out', ovvero la paura di essere tagliati fuori da qualcosa): "I social hanno alimentato questa ansia e per questo restiamo incollati al telefono per non farci trovare impreparati o esclusi alle domande 'hai letto questa notizia?' oppure 'hai visto questa cosa?', per fare un esempio". Capita che "ci prende l'ansia di non essere al passo con le cose", ammettono i due. "Succede anche nel mondo del cinema quando non partecipi agli eventi o in quel momento non stai lavorando. E' un meccanismo tossico". I social "sono il megafono della nostra attualità e in un certo senso ci hanno anestetizzati, oggi vediamo così tanti contenuti tragici da non farci più effetto. Mi è capitato di sentire storie di persone che si rilassano sentendo i podcast sui casi di cronaca nera", spiega Manzetti, che spera che 'Dedalus' sia "un invito all'amore, alla gentilezza e all'empatia. Non voglio ridurre il film a una denuncia sul lato oscuro della nostra contemporaneità, che non sono solo i social ma anche la superficialità con cui si agisce". Alle nuove generazioni "dico di guardarsi negli occhi e non attraverso un telefono e di vivere il più possibile le relazioni umane, il contatto e non cedere nelle trappole di superficialità che ci sono in questo mondo", conclude Zunic. di Lucrezia Leombruni