
Padova, 8 luglio 2025 - L’ipoparatiroidismo è una patologia rara in cui le ghiandole paratiroidi non producono quantità sufficienti di ormone paratiroideo (PTH) comportando squilibri nel metabolismo di calcio e fosforo, con l’insorgenza di disturbi collegati di diversa entità/gravità che possono essere non sempre facilmente identificabili. Nonostante la ricerca stia producendo interessanti avanzamenti terapeutici che potrebbero garantire ai pazienti una qualità di vita nettamente migliore,restano problematiche relative ad una diagnosi tardiva, al poco coordinamento tra le varie specialità cliniche, alla difficile gestione della malattia tra presa in carico e follow-up. Di questi aspetti si è parlato al convegno “Innovazione organizzativa nei percorsi di diagnosi, cura, follow-up. Focus on Ipoparatiroidismo: TRIVENETO”, organizzato da Motore Sanità e realizzato grazie al contributo non condizionato di Ascendis Pharma.
I sintomi comuni vanno dal formicolio alle mani o alla bocca, ai crampi muscolari e nei casi più gravi fino alla tetania. Nei casi più severi si possono verificare diverse malattie d’organo, anomalie scheletriche, calcificazione dei gangli della base, manifestazioni renali. Le complicanze più comuni dell'ipoparatiroidismo cronico sono cataratta (17%), infezioni (11%), nefrocalcinosi, nefrolitiasi (15%), insufficienza renale (12%), convulsioni (11%), depressione (9%), malattia cardiaca ischemica (7%), aritmie (7%). In Italia è stato calcolato che ogni anno si verificano oltre 3000 ricoveri ospedalieri per complicanze acute correlate all’ipoparatoroidismo con una durata media di ricovero di circa 7 giorni.
“L’ipoparatiroidismo è una malattia rara, caratterizzata da una carente produzione di ormone paratiroideo (PTH), essenziale per il corretto equilibrio di calcio e fosforo nell’organismo. La sua incidenza è stimata in circa 20-40 casi per milione di abitanti - ha detto Fabio Vescini, Direttore di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo Azienda sanitaria Friuli Centrale -. Nella maggioranza dei casi (75-80%) riconosce un’eziologia post-chirurgica, conseguente ad interventi sulla tiroide, sulle paratiroidi o, più in generale sul collo. Le altre forme includono eziologie autoimmuni genetiche, infiltrative, iatrogene o idiopatiche. L’ipoparatiroidismo può causare sintomi gravi e invalidanti come crisi tetaniche, aritmie, disturbi cognitivi, problemi renali e calcificazioni cerebrali, che richiedono un monitoraggio specialistico frequente. La terapia tradizionale si basa sulla somministrazione di sali di calcio e di preparati attivi della vitamina D, ma esistono pazienti che non rispondono in modo adeguato presentando ipocalcemia ricorrente, complicanze renali e ridotta qualità di vita. In questi casi, l’introduzione di terapie sostitutive con ormone paratiroideo ricombinante rappresenta un progresso clinico fondamentale”.
“L’ipoparatiroidismo, è una patologia caratterizzata da un’inadeguata secrezione o funzione del paratormone (PTH), ormone che regola i livelli di calcio nel sangue. Nei giovani può manifestarsi come forma congenita (es. mutazioni dei geniCASR, GCM2, PTH), oppure essere parte di quadri sindromici complessi, come la sindrome Di George (microdelezione 22q11) o la sindrome poliendocrina autoimmune di tipo 1 (APS-1) - ha dichiarato Caterina Mian, Direttore UOC di Endocrinologia AOUI Padova -. Esistono forme funzionali iatrogene, come nell’ipomagnesiemia associata ad uso di PPI o forme infiltrative (es. talassemia major). La forma più frequente è quella post-chirurgica, quando di seguito ad un intervento di tiroidectomia vengono rimosse o danneggiate le paratiroidi. La conseguenza più immediata è l’ipocalcemia che, in base alla severità, si associa a segni clinici assai rilevanti e che possano rappresentare una emergenza medica “reale”, quando i pazienti manifestano laringospasmo, convulsioni, tetania. La terapia convenzionale si basa su preparati a base di calcio e vitamina D attiva (calcitriolo). Con tale trattamento, tuttavia, non si ottiene sempre una stabilizzazione della calcemia. Talora pazienti devono ricorrere al pronto soccorso o al ricovero per l’infusione di calcio endovena, con importanti costi diretti e indiretti. Tutto ciò grava nella sicurezza e qualità di vita del paziente. Le conseguenze a lungo termine sono molteplici e complesse. Grazie all’aiuto dei colleghi di Azienda Zero, sono state calcolate la prevalenza e l’incidenza dell’ipoporatiroidismo nella Regione del Veneto, nell’arco degli ultimi 12 anni ed il rate di ricovero per ipocalcemia. Si rileva un aumento della prevalenza dell’ipoparatiroidismo mentre l’incidenza appare lievemente ridotta, stabili risultano i ricoveri annuali per ipocalcemia”.
"L'iperparatiroidismo cronico è una patologia relativamente rara (si stima interessi 10-40 persone su 100.000 abitanti), prevalentemente legata alla chirurgia e molto più raramente a forme autoimmuni e congenite - ha spiegato Stella Bernardi, Professore Associato di Endocrinologia, Università degli Studi di Trieste -. Questa malattia può essere veramente problematica per i pazienti e i medici. Anzitutto, perchè nei pazienti può portare a quadri acuti gravi (parliamo di crisi tetaniche con laringo e broncospasmo) con necessità di terapie endovenose e che comunque anche nei casi più fortunati sembra associarsi ad una limitazione della qualità della vita dei pazienti. Per i medici è difficile da gestire perchè si tratta di una malattia rara che non ha una propria terapia ormonale sostitutiva (almeno fino a poco tempo fa) e che ora che c'è non è semplice da ottenere (la modalità per richiederla è complessa e le richieste inoltrate all'Agenzia Italiana del Farmaco restano in attesa di riposta per mesi). Come in tante patologie rare di altro tipo, è quindi importante che i professionisti facciano rete al fine di trovare possibili soluzioni a questi problemi, anche sensibilizzando la comunità e le Autorità su questo tema".
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