
Le macerie sopra le macchine, i brandelli di tappeti impolverati sopra gli alberi di fico, tra le pietre. I filari di ferro fuoriusciti dal cemento a bucare materassi, i panni ammucchiati, i cuscini: il percorso sui blindati Lince dell’Unifil a sud del Libano, da Naqoura attraverso la Costa road, passando per Zulu road ed Echo road, è la faccia più cruda della guerra. Parrebbe di ripercorrere le stradine di Amatrice dilaniata dal sisma del 2016 se non fosse per i trafori che spaccano le facciate di ville e palazzine colpite da Israele dall’8 ottobre 2023 fino al recente cessate il fuoco. Le stime parlano di un livello di distruzione che si aggira sui 14 miliardi di dollari. “Si tratta di ricostruire tutto - commenta il comandante del Sector West di Unifil, il generale Nicola Mandolesi - E anche di capire come smaltire quell’ammasso di macerie”. È con i militari della missione Onu che visitiamo i villaggi che un tempo vivevano a un chilometro di distanza dalla Blue Line. Quel muro di cemento e rete metallica che separa il Libano da Israele è ben visibile anche in un giorno accecato dal sole che brucia la pelle e illumina la devastazione.
Dell’abitato di Yarin non resta nulla, se non qualche anziano abitante che si affaccia di tanto in tanto per ridare vita a un posto che non ne ha più. Nella vicina Marwahin, dove dell’invaso in cui veniva custodita la riserva d’acqua per l’estate resta un cratere lunare, sventolano i drappi delle bandiere libanesi e campeggiano i poster coi 'martiri' di Hezbollah. Lungo i pochi muri rimasti in piedi, le scritte lasciate dagli israeliani al loro passaggio, e qualche stella di David. “Ma la devastazione non è solo il risultato dei bombardamenti - spiega il generale Mandolesi - In quelle aree, dopo il cessate il fuoco, sono state effettuate anche demolizioni controllate con esplosivi e bulldozer”. Chissà se questa strategia, adottata dell’esercito israeliano per evitare che la popolazione civile potesse far ritorno nei villaggi in un secondo tempo, importa a quell’uomo che con il sole bollente di oggi pomeriggio, a poca distanza dagli avamposti israeliani, con la scopa e la paletta in mano, prova a ripulire di qualche detrito quella che un tempo deve esser stata l’entrata di casa sua, tra rose e piccoli papaveri che devono aver indicato una via oggi cancellata dalle bombe. (dall’inviata Silvia Mancinelli)