Caso Almasri, ecco il documento inviato dalla Procura libica all'Italia: "La giurisdizione è di Tripoli"

Nella nota riservata, visionata dall'Adnkronos, inviata alla Corte d'Appello il 20 gennaio la magistratura libica chiedeva di non procedere a estradizione

Almasri - Ipa
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05 novembre 2025 | 19.54
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L'arresto a Tripoli di Osama Almasri, disposto dal Procuratore generale con l'accusa di aver torturato detenuti e causato la morte di uno di loro, riaccende il dibattito in Italia. L'uomo, lo scorso gennaio, era stato fermato a Torino e rimpatriato su un volo di Stato: un episodio che ha successivamente portato all'apertura di un'indagine nei confronti della premier Giorgia Meloni, del ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, di quello della Giustizia Carlo Nordio e del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano.

L'Adnkronos ha potuto visionare la nota riservata del Procuratore generale libico, datata 20 gennaio 2025 e indirizzata alla Corte d'Appello di Roma. Nel documento, la magistratura libica chiedeva di non procedere al fermo e all'estradizione di Almasri, accusato dalla Corte Penale Internazionale (Cpi) di crimini contro l'umanità e di guerra, sostenendo che tali reati rientrassero nella giurisdizione nazionale della stessa Libia, dove erano già in corso indagini per torture, detenzioni arbitrarie e morti in custodia.

Il documento

"La gestione da parte della Corte Penale Internazionale dei fatti contestati ha violato il principio di complementarità tra la Corte e le giurisdizioni penali nazionali, sancito dallo Statuto di Roma. Secondo l'Articolo 17, punto 1/a dello Statuto di Roma, un caso è dichiarato inammissibile se lo Stato avente giurisdizione ha già avviato un'indagine sui fatti oggetto del procedimento. La circolare emessa nei confronti dell'imputato di cui si chiede l'estradizione", appare "in violazione di questa norma", si legge nel documento firmato dal consigliere Al-Siddiq Ahmad Al-Sour, Procuratore generale, e trasmesso al Ministero degli Esteri per l'inoltro alla Corte d'Appello di Roma.

Secondo la Procura libica, la Cpi non avrebbe mai comunicato formalmente con la magistratura nazionale né richiesto cooperazione giudiziaria. La nota sottolinea come la Procura Generale libica "ha confermato l'esistenza di indagini penali relative agli eventi descritti dalla Cpi nella sua richiesta. Nonostante ciò, la Corte Penale Internazionale non ha ritenuto valida la volontà della Procura Generale libica di procedere con l'indagine, ignorando le prove che attestavano l'avvio o l'intenzione di avviare le necessarie procedure investigative nei confronti dell'imputato di cui si chiede l'estradizione. Inoltre, la Cpi si è astenuta dal comunicare con la Procura Generale libica in merito a eventuali motivazioni oggettive o procedurali che avrebbero potuto ritardare il processo nei confronti dell'imputato".

La Procura ribadisce inoltre che, "ai sensi dello Statuto di Roma, la Procura Generale libica è l'autorità responsabile delle indagini su crimini di guerra e crimini contro l'umanità. Essa dispone del mandato di gestire le procedure investigative sui reati attribuiti all'imputato, compresa la raccolta delle prove e la definizione delle tempistiche per l'adempimento delle procedure legali da parte dell'accusato, attualmente dipendente pubblico in servizio". Nel documento si evidenzia poi come, nonostante il quadro normativo di cooperazione previsto dallo Statuto di Roma, la Cpi non abbia mai inviato alcuna richiesta formale di collaborazione giudiziaria o supporto legale, né notificato ufficialmente l'esistenza del procedimento avviato contro Almasri. Tale mancanza avrebbe impedito alla magistratura libica di comunicare tempestivamente che la giurisdizione nazionale si era già attivata prima dell'intervento della Corte.

L'imputato, Osama al-Misri Ahbish Njeim, "è attualmente sottoposto a procedure di indagine avviate dalla Procura Generale libica, relative a casi di detenuti deceduti e a denunce per privazione della libertà, torture, trattamenti crudeli e degradanti. Queste indagini, iniziate nel 2016, coprono un arco temporale che va dal 2011 fino alle ultime denunce ricevute nel 2024", recita sempre la nota riservata del 20 gennaio. L'uomo "risulta inoltre coinvolto nelle indagini relative agli scontri avvenuti a sud della città di Tripoli il 14 agosto 2023, per i quali è considerato uno dei probabili responsabili".

Ecco cosa ha reso possibile l'arresto

Oggi, fonti governative italiane precisano che l'esecutivo "era bene a conoscenza dell'esistenza di un mandato di cattura emesso dalla Procura Generale di Tripoli" nei confronti di Almasri già dal 20 gennaio 2025. In quella stessa data, spiegano le fonti, il Ministero degli Esteri aveva ricevuto - quasi in contemporanea con l'emissione del mandato di cattura internazionale della Cpi all'Aja - la richiesta di estradizione da parte dell'autorità giudiziaria libica.

La differenza sostanziale rispetto a quella fase, sottolineano ancora le stesse fonti, è rappresentata dagli scontri armati esplosi a Tripoli nel maggio 2025, in seguito all'uccisione di Abdelghani Gnewa Al Kikli. Dopo quei fatti, la Forza Rada, di cui Almasri è uno degli esponenti principali, ha subito un forte indebolimento militare e politico, perdendo di fatto parte del controllo sul territorio e delle funzioni di sicurezza che le erano state delegate. Proprio questo mutato equilibrio interno avrebbe reso oggi l'arresto di Almasri non solo concretamente possibile, ma anche "funzionale" agli obiettivi politici interni del Governo di Unità Nazionale libico. (di Antonio Atte)

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