
Il punto di vista di Marco Follini per Adnkronos
"Il 'pasticcio dei santi' dei giorni scorsi non svela solo il modo un po’ zelanti approssimativo con cui si legifera in questi ultimi tempi. Racconta anche l’ansia che ormai si è impossessata della nostra anima politica. Un bisogno quasi spasmodico di stare sempre sulla palla della più stretta attualità, di non farsi mai prendere in contropiede dalla cronaca, di cavalcare ogni più minuscola occasione per segnalare tutte le nostre buone intenzioni. Forse perché si è consapevoli di essere diventati impari nelle occasioni politiche più grandi. O forse perché quelle grandi occasioni non riguardano quasi più la politica. Così la politica finisce per raccogliere strada facendo tutte le cose che non è più capace di seminare. Salvo seminare qualche illusione di cui non potrà nutrirsi più di tanto.
In questo contesto è perfino ovvio che il rapporto simbolico tra scelte politiche e devozione religiosa si trovi al centro della questione. Da noi, per fortuna, in modi ancora rispettosi della distinzione delle sfere. Altrove, con qualche (apparente) fervore in più e molte discutibili combinazioni sotterranee. Valgano per tutti le immagini dei gruppi di preghiera alla Casa Bianca, laddove l’intreccio tra gli interessi politici del presidente degli Usa e il proselitismo religioso di alcuni dei suoi consiglieri e dei suoi più zelanti adepti ha largamente passato il segno dell’esibizionismo. Per non dire di Putin e del patriarca Kirill, intrecciati e quasi avvinti oltre ogni limite di distinzione tra fede e politica.
Nel nostro caso, come s’è detto, una discreta laicità della politica e una reciproca indipendenza tra le due sfere, quella civile e quella religiosa, è rimasto come uno dei lasciti più preziosi della Prima repubblica. Che fu appunto una istituzione paradossalmente tutelata nella sua laicità a dispetto (o forse invece proprio a ragione) del fatto che a guidare i governi dell’epoca fossero per quasi mezzo secolo i democratici cristiani.
E’ curioso che quei confini tendano a farsi più incerti e più labili ora che quella stagione si è chiusa ed è stata quasi dimenticata. Così, siamo arrivati ai crocifissi esibiti dai leader politici sui social o davanti ai teleschermi. E a tutte le conseguenti manifestazioni pubbliche della propria fede. Tutte cose di cui la cronaca di questi anni reca più di una traccia. E di cui, tutto sommato, l’accavallamento di date finalizzato a ricordare sia Caterina da Siena che Francesco d’Assisi, con la discreta confusione che pure ne è derivata, rappresenta l’episodio più recente ma anche forse quello più innocente.
Il fatto è che tutte queste vicende si inscrivono all’interno di un contesto storico nel quale il potere politico sta subendo una singolare trasformazione. Cosa che per un verso galvanizza i leader più disinvolti e per l’altro verso intimidisce quelle figure più discrete che conservano ancora una piccola traccia degli insegnamenti impartiti in gioventù.
Giuliano Da Empoli ricorda nel suo ultimo libro un vecchio detto cinese: 'Il potere è un drago nella nebbia'. Ma la nebbia a questo punto sembra diventata così fitta che il drago del potere appare anche lui confuso e ondivago. Non ha più dove andare, ha perso la consapevolezza di sé. E così, non appena in quella nebbia si apre un piccolo squarcio di luce, il drago si mette a correre all’impazzata. Pronto, se del caso, a travolgere qualsiasi ostacolo nell’ebbrezza di aver trovato infine una possibilità di tornare ad essere quel che era.
La legge appena approvata che istituisce il 4 ottobre la festa nazionale dedicata a San Francesco deve ovviamente moltissimo al valore del santo, deve molto al sentimento popolare e deve forse qualcosa anche alla fioritura di molte biografie (Cazzullo e Barbero, ma non solo) che ne celebrano le virtù e le vicissitudini. C’è di sicuro in tutto questo un sentimento lodevole. Ma per l’appunto è come se si legiferasse sempre e solo sull’onda di un’emozione oppure di un’occasione. Avendo bisogno ogni volta di una circostanza per dare luogo a un’iniziativa. Come a dire che la circostanza appare alla fine quasi sempre più cruciale dell’iniziativa.
Non c’è solo la sciatteria legislativa che ci fa ritrovare oggi con due santi ufficialmente festeggiati nello stesso giorno con l’impossibilità di celebrarli assieme. C’è l’affanno con cui si insegue l’attualità nel timore di perdere l’attimo. Solo che quella fretta con cui si è voluto offrire a San Francesco una legge e una festa in cambio di tutte le cose buone che ha provveduto a donarci finisce per sottrarlo al suo tempo per la smania di imprigionarlo nel nostro. Come se si volesse costringere a tutti i costi la politica a stare dentro i confini angusti della cronaca delle sue giornate più trafelate. Ignari che quei confini sono ancora più stretti -e soprattutto più impropri- se si pretende di stiparvi all’interno anche un bel pezzo di storia. E tanto più di storia sacra.
Scriveva Borges, 'Nel regno dei cieli non esiste il tempo'. Noi però non siamo in quel regno, e dunque il nostro tempo dovremmo forse imparare a distillarlo con più cura". (di Marco Follini)