Retinite pigmentosa, un farmaco noto alimenta nuove speranze

Ricercatori del Cnr-In Pisa hanno riutilizzato farmaci antinfiammatori, come il desametasone, per contrastare i processi di infiammazione che si attivano nella retina danneggiata

Una visita oculistica
Una visita oculistica
09 dicembre 2025 | 14.48
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Un farmaco vecchio' diventa una nuova arma per combattere la retinite pigmentosa. Uno studio dell'Istituto di Neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-In) ha messo a punto un trattamento in grado di rallentare sensibilmente la degenerazione dei coni della retina e la perdita della vista indotte dalla retinite pigmentosa.

Cos'è la retinite pigmentosa

Si tratta di una rara malattia genetica che porta a una perdita progressiva della vista: colpisce inizialmente i bastoncelli - le cellule della retina che ci permettono di vedere al buio - e successivamente anche i coni, responsabili della visione diurna e dei dettagli. Quando i coni degenerano, la qualità della vita dei pazienti peggiora drasticamente, poiché la lettura, il riconoscimento dei volti e la percezione dei colori vengono meno.

Lo studio

Il team di ricerca, coordinato dalla ricercatrice Enrica Strettoi, ha esplorato una strada semplice ma nuova: riutilizzare farmaci antinfiammatori già noti, come il desametasone, per contrastare i processi di infiammazione che si attivano nella retina danneggiata, contribuendo alla perdita dei fotorecettori. I risultati dello studio, frutto di cinque anni di lavoro - informa una nota - sono stati pubblicati sulla rivista Progress in Retinal and Eye Research, all’interno di un’ampia review che include anche dati inediti.

"Negli ultimi anni la ricerca ha fatto ampi progressi nella comprensione delle cause genetiche della malattia e nello sviluppo di terapie geniche, ma a tutt’oggi non esiste una cura valida per tutti i pazienti - spiega la ricercatrice Enrica Strettoi (Cnr-In) -. Il nostro studio si è focalizzato su un elemento chiave emerso di recente, ovvero il ruolo dell’infiammazione provocata da cellule immunitarie come microglia e macrofagi, che si attivano nella retina danneggiata, contribuendo alla perdita dei fotorecettori".

Partendo da questa osservazione, il gruppo di ricerca ha esplorato una strada semplice ma nuova: riutilizzare farmaci antinfiammatori già noti, come il desametasone. Somministrando tale farmaco per via intraoculare in modelli preclinici di retinite pigmentosa, è stato osservato che le cellule visive (coni) e l’epitelio pigmentato, un tessuto fondamentale per il supporto della retina, si preservano dall’infiammazione.

"I risultati positivi ottenuti suggeriscono che i glucocorticoidi, farmaci già approvati e ampiamente utilizzati in oculistica, e di cui il desametasone fa parte, potrebbero rappresentare una nuova opportunità terapeutica per la Retinite Pigmentosa, indipendentemente dalla mutazione genetica che la causa. Una prospettiva che apre la strada a trattamenti immediatamente trasferibili alla clinica, con l’obiettivo di rallentare la perdita visiva e migliorare la qualità di vita dei pazienti in questa grave patologia orfana", aggiunge la ricercatrice. Lo studio ha ricevuto finanziamenti dalla Fondazione Velux, dalla Allergan/Abbvie, dalla Fondazione Rosa Pristina e dal Pnrr Tuscany Health Ecosystem.

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