
'L'artista pugliese presenta all'Adnkronos il nuovo album, tra riflessioni spirituali, poesia e humor: "E' un frutto di un'intelligenza e di un'empatia pazzesca, dovremmo diventarlo tutti". La ricetta per la pace? "Ottocento grammi di empatia e tantissimo ascolto"
"Viviamo un tempo in cui stanno sbucando di nuovo i lupi vestiti da agnelli, Gesù ce ne aveva parlato. E' il tempo dei guru con i corsi di yoga da duemila euro ogni mezz'ora'. E dato che è nella nostra natura cercare dei maestri, il mango era un esempio perfetto di maestria". A parlare è Gio Evan, ospite del nuovo episodio del vodcast dell'Adnkronos, (disponibile in versione integrale sul sito www.adnkronos.com e sul canale YouTube dell'Adnkronos) presentando così il nuovo album 'L'eleganza del mango'. Un doppio ellepì che si srotola come un romanzo intrecciando poesia e canzone in un unico flusso. "Il mango è di un'intelligenza pazzesca -spiega Gio Evan- Fa ombra e protegge le piante che gli stanno affianco perché altrimenti non ce la farebbero. E' un sempreverde ma decide di perdere le foglie per tenere umido il terreno anche per gli altri. Mi sono detto 'ci conviene diventare manghi, perché come umani non andiamo molto bene'".
L'album, che alterna ballate intime e momenti più ritmici e luminosi e si sviluppa come un percorso esperienziale intenso, "è molto libero. L'ho creato insieme a Tommaso Sgarbi e Bruce Labbruzzo, con i quali si è creata una sinergia alchemica", e i brani "sono liberi e scomodi", dice l'artista pugliese. Tra queste colpisce 'Sarai giudicata': "Io mi diverto tanto ad essere giudicato -sorride Gio Evan- do' l'occasione di giudicarmi in tutti i modi e poi scelgo chi non lo fa, è il mio metro di giudizio". C'è poi 'Ricetta di pace', un 'ensemble culinario' difficile di questi tempi. Qual è? "Ottocento grammi a testa di empatia e tantissimo ascolto".
Nella musica e nell'essere di Gio Evan si intrecciano le tante esperienze spirituali in giro per il mondo. Sono due gli insegnamenti più importanti che ha ricevuto, e li spiega così: "Il primo è che non devi mai credere solo 'in te stesso'. Oggi va molto di moda ma è una cavolata pazzesca, noi siamo mille persone, dentro di noi ci sono mille intelligenze, non ci si deve aggrappare ad una sola identità perché nessuno è statico, siamo in continuo mutamento. L'altro è che la felicità è una grande truffa occidentale. Ci hanno fatto credere che si potesse comprare, o vendere, ma noi non siamo qui per essere felici. Siamo qui per essere autentici. Gesù non ha mai detto che dobbiamo essere felici, e io mi affido a lui".
L'album è intriso del ricordo di sua madre, venuta a mancare nel 2024 e con la quale si intuisce che Gio Evan avesse un rapporto viscerale: "Sono stato fortunato perché ho avuto tanto tempo per elaborare il lutto, era malata da dieci anni -racconta all'Adnkronos- L'ho vissuta, ci ho parlato sedendomici accanto. Mia madre era per me proprio la cosa che non doveva morire, invece lei, avanguardista su tutto, è stata la prima. Morendo ha fatto rinsaldare anche la famiglia, le mamme hanno questo potere".
Il 28 ottobre dal Teatro San Domenico di Crema ottobre partirà il tour teatrale 'L'Affine del Mondo' (data già sold out, come quelle di Torino e Bologna) e sarà uno spettacolo dove l'artista mescola poesia, fisica quantistica, musica e comicità. "Mi definisco un 'buffone sacro', ho paura di essere preso sul serio -dice- In Italia quando un argomento è serio tu devi essere serioso. Ma non è così: 'L'Attimo Fuggente' ce lo insegna, la poesia si deve alzare in piedi sopra i banchi per funzionare. Guarda i bambini: sono serissimi, ma non lo prendono sul serio, quella purezza è giocosissima". Il poliedrico artista sarà poi in concerto il 2 luglio per il Sequoia Musica Park di Bologna e il 5 luglio a Collegno durante il Flowers Festival.
Il segreto, se così si può dire, di Gio Evan, è la capacità di ritirarsi in sé stesso anche nel caos del suo lavoro e delle città che per ovvi motivi deve frequentare, ma che lui un po' soffre e infatti appena può torna in campagna a casa sua: "Roma? La subisco ogni tanto, ma poi canto molti 'nam myoho renge kyo'", scherza. L'affinità con le persone "la riconosco dal silenzio. Dalle pause fra una parola e l'altra. Le parole si fraintendono, si alterano, si rubano, cambiano. Noi non siamo le parole che diciamo, e infatti abbiamo l'imbarazzo dei silenzi perché è proprio lì che fai vedere chi sei. Noi non ci conosciamo parlando, ci conosciamo nel silenzio". Ma bisogna essere sintonizzati. "L'essenziale è visibile agli occhi, basta solo aprirli". (di Ilaria Floris)