Kate Winslet debutta alla regia: "Dirigere ora è un atto necessario per me e per le altre donne"

L'attrice racconta all'Adnkronos il film 'Goodbye June', dal 24 dicembre su Netflix, scritto dal figlio Joe Anders: "All'inizio dovevo solo produrlo ed interpretarlo"

18 dicembre 2025 | 18.09
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Con 'Goodbye June' (dal 24 dicembre su Netflix), Kate Winslet firma il suo debutto alla regia. "C’è troppo poco spazio per le registe donne. Debuttare oggi alla regia mi è sembrato un atto necessario, per me e per le altre donne: per cambiare la cultura c’è bisogno che sempre più donne sentano che quello spazio è a loro disposizione e che riceveranno il sostegno necessario", riflette l'attrice, regista e produttrice britannica nell'intervista all'Adnkronos. Il film - che vede nel cast Winslet, Toni Collette, Johnny Flynn, Andrea Riseborough, Timothy Spall e Helen Mirren - è ambientato nei giorni che precedono il Natale, quando un improvviso peggioramento delle condizioni di salute della madre June (Mirren) getta nel caos quattro fratelli adulti e il loro padre esasperante, costringendoli a confrontarsi con dinamiche familiari complesse di fronte alla possibilità della perdita. Ma June, madre arguta e brillante, decide di affrontare il proprio declino a modo suo: con umorismo tagliente, schietta onestà e un grande amore. Alla sua prima esperienza dietro la macchina da presa, Winslet sceglie una storia profondamente intima e universale allo stesso tempo. 'Goodbye June', infatti, nasce da un lutto familiare e si nutre di relazioni, memoria e ruoli che si stratificano all’interno di una grande famiglia. 

Perché questa era la storia giusta per debuttare come regista?

"La sceneggiatura è stata scritta da mio figlio (Joe Anders, ndr). Ha iniziato a scriverla quando aveva 19 anni, ispirandosi a ciò che ha vissuto a 13, quando è morta sua nonna, ovvero mia madre. In quel giorno, tutti i membri della nostra famiglia, numerosissima e sparsa in diverse parti del mondo, riuscirono a riunirsi e a sostenersi a vicenda. Mio figlio ricorda di aver pensato: 'È incredibile, siamo tutti qui grazie a un’unica donna'. Ha preso tutto questo come fonte di ispirazione e ha creato questa storia di fantasia. E quando mio figlio era pronto a mandare la sceneggiatura ai registi, mi sono resa conto che non volevo lasciarla andare. A 50 anni ho sentito di essere pronta a dirigere il mio primo lungometraggio".

E cosa c'è di lei in questa storia?

"Avendo perso un genitore, ho potuto riconoscere certe dinamiche familiari. Nelle famiglie numerose ognuno occupa un ruolo diverso, spesso determinato dallo sguardo della matriarca, da una sorta di gerarchia implicita".

Com’è stato dirigere il film per la prima volta?

"Un’esperienza intensa e concentrata: avevo solo 35 giorni per girarlo ed Helen Mirren era disponibile solo per 16 giorni, ma nessuno di noi voleva che finisse. È stato straordinario".

Che tipo di regista è stata?

"Ho adorato lavorare con tutti gli attori e sostenerli. Era fondamentale creare un ambiente in cui si sentissero ascoltati e protetti, perché alcune scene erano molto difficili. Per chi aveva vissuto perdite simili a quelle raccontate nel film, il peso emotivo era reale. Era mio compito guidare la nave, essere una leader e riconoscere ogni giorno ciò che stavano affrontando".

Cosa ne pensi dell'industria cinematografica odierna? C'è ancora troppo poco spazio per gli sguardi femminili?

"C’è troppo poco spazio per le registe donne. Debuttare oggi alla regia mi è sembrato un atto necessario, per me e per le altre donne: per cambiare la cultura c’è bisogno che sempre più donne sentano che quello spazio è a loro disposizione e che riceveranno il sostegno necessario. Credo che questo dipenda in parte dalla cultura: siamo abituati ad avere registi uomini e a dare per scontato che sappiano quello che fanno. Ma anche le donne sanno benissimo quello che fanno. Siamo incredibilmente capaci di guardare avanti e molto brave a lavorare con poche ore di sonno, spesso perché abbiamo figli. E quando mi sono ritrovata davanti 'Goodbye June' ho pensato: 'se non lo faccio, non sto davvero contribuendo a cambiare la cultura'. Questo ha rappresentato una motivazione enorme per me, e faccio ancora fatica a credere che sia successo davvero".'Goodbye June' segna l’inizio di una nuova carriera da regista?

"Lo spero, ho amato dirigere. Ho imparato tantissimo e ne sono profondamente grata. Spero davvero di poterlo rifare". (di Lucrezia Leombruni)

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