Ecco le conclusioni, non scritte, a cui - da quanto risulta all'Adnkronos - arriva la perita Denise Albani incaricata di indicare se sulle unghie di Chiara Poggi c'è la traccia genetica del 37enne. Il ministro Nordio: "Indagine dolorosa e complessa, c'è un vizio d'origine"
Un Dna "compatibile" con la linea maschile della famiglia Sempio, ma si tratta di un "aplotipo parziale misto, degradato e di bassa intensità" il cui risultato "non è consolidato". Sono le conclusioni, non scritte, a cui - da quanto risulta all'Adnkronos - arriva la perita Denise Albani incaricata di indicare se sulle unghie di Chiara Poggi, uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007, c'è la traccia genetica di Andrea Sempio, indagato per l'omicidio in concorso della ventiseienne.
Alle parti, in una pec, ha fornito - come anticipato da alcuni giornali - la spiegazione di come ha proceduto all'analisi biostatistica e ha fornito tabelle su quella che potrebbe essere la percentuale statistica rispetto alla banca dati. Ha fornito la soglia utilizzata per la comparazione e dati tecnici da far leggere alle parti in vista dell'udienza del 18 dicembre. La relazione e le conclusioni saranno depositate a inizio dicembre. I primi risultati confermano quanto già detto a chiare lettere dalla perita nell'udienza del 26 settembre scorso.
"Non potrò mai dire, e ci tengo a sottolinearlo, che quel profilo è di Tízio, perché è proprio concettualmente sbagliato essendo un aplotipo", dunque la sola deduzione "che si può andare a evidenziare è un contesto familiare di appartenenza, ma sicuramente non va a individuare una singola persona", le parole in aula di Denise Albani. Già allora, nel suo intervento ribadisce più volte quello che è un concetto che è la base da cui parte l'incidente probatorio: il materiale trovato sulle unghie della vittima è un "aplotipo parziale misto non consolidato. Questo è un dato oggettivo". Una corrispondenza parziale che se ripetuta non fornisce lo stesso risultato, a differenza di quanto accaduto sulla contaminazione sulla garza. L'analisi biostatistica, fatta dalla perita Denisa Albani, è stata fatta con un software innovativo e un risultato statistico che deriva dall'aver comparato il Dna di Andrea Sempio con quello degli aplotipi, contenuti nel database (39.150 nell'Europa occidentale e 349.750 nel mondo).
Nessuna conclusione scritta, dunque, ma tabelle ed elementi tecnici che se letti da esperti forniscono i primi risultati scientifici: oltre al Dna maschile compatibile con quello di Sempio, la traccia su un'altra unghia appartiene a un secondo Dna maschile ignoto. Tre dunque i margini ungueali "soggetti a più attenzione": uno della mano destra e due della sinistra.
I dati dell'esperta sembrano confermare i risultati dei consulenti della difesa del condannato Alberto Stasi, i genetisti Ugo Ricci e Lutz Roewer, da cui era partita la Procura di Pavia per riaprire l'indagine sul delitto del 13 agosto 2007. Le conclusioni, affidate ai consulenti della procura Carlo Previderé e Pierangela Grignani, rendevano noto la presenza su frammenti di due unghie di Chiara Poggi (quinto dito mano destra e primo dito mano sinistra) di un Dna maschile "perfettamente sovrapponibile" con quello attribuito ad Andrea Sempio, mentre viene escluso che la traccia sui frammenti dell'unghia del dito della mano sinistra della vittima sia "riferibile" all'indagato.
"Le indiscrezioni riguardano meri dati biostatistici e non una perizia completa: anche ove fossero stati correttamente interpretati, non saremmo né sorpresi né preoccupati: sarebbe solo confermato quanto sostenevano, cioè che non è una comparazione individualizzante e, soprattutto che il Dna è misto: quindi se venisse confermato che l’autore dell’omicidio è uno non avrebbe già per questo valore probatorio", afferma il pool di difensivo di Andrea Sempio - gli avvocati Liborio Cataliotti e Angela Tccia con i consulenti Marina Baldi e Armando Palmegiani.
Per la difesa Sempio "soprattutto, mancano i dati decisivi che rendono quel Dna probante rispetto all’omicidio: fu da contatto diretto fra i due corpi o da contatto con lo stesso oggetto? E quando avvenne il contatto? Senza queste risposte ogni valutazione è affrettata".
"E' un dato che ci aspettavamo, non ci sorprende, ed è tutto da valutare. Parliamo di un Y (indica la linea familiare paterna, ndr) che nei valori Rfu (la sogna scelta per l'analisi, ndr) che abbiamo sono molto bassi: superano di poco i 200, nessun picco supera i 1000, ha una media di valori - sia dell'unghia attribuibile alla mano destra che a quella della mano sinistra - bassissimi. Se fosse un'aggressione avremmo valori al di sopra dei 2.000-3.000", afferma all'Adnkronos Palmegiani.
Sui dati genetici il consulente Palmegiani sta lavorando, con la collega Marina Baldi, per riuscire a dimostrare che si tratta di un "Dna da contatto" dovuto all’aver toccato uno stesso oggetto o superficie, in momenti diverso rispetto alla vittima, "come accaduto in altri casi di cronaca noti come Yara Gambirasio" dove il Dna di una donna trovato sul giubbotto della tredicenne di Brembate non è stato ritenuto un elemento legato all’omicidio per il quale è stato condannato all’ergastolo Massimo Bossetti.
Dal canto suo Andrea Sempio ribadisce di essere "innocente". "Quel dato la perita Albani non l'ha ancora motivato né contestualizzato e non esclude ma nemmeno include Sempio. Così com'è non significa ancora nulla scientificamente" spiega all'Adnkronos, l'avvocata Angela Taccia, legale e amica dell'indagato.
Era stato proprio Andrea Sempio, ospite a 'Porta a Porta' a ribadire la sua tranquillità rispetto agli esiti degli accertamenti su quella traccia Y, indicante la linea familiare paterna. "Anche prendendo le consulenze di Linarello (difesa del condannato Alberto Stasi, ndr) e quella della Procura (di Pavia) - non arrivano mai a dire con certezza che li c’è il Dna di Sempio" le parole dell'indagato in tv. "L'unico punto" su cui le consulenze "concordano" è che si tratta di una "traccia parziale", che se sottoposta a un doppio identico esame "non si riproduce mai nelle repliche, quindi non ha i criteri per essere attendibile" poiché non fornisce lo stesso risultato, e che "forse alcuni punti" potrebbero coincidere con "Andrea Sempio, dei familiari o di una persona che condivide lo stesso aplotipo non presente nei loro database" diceva parlando in terza persona.
"Tenendo sempre presente che non è ammissibile che un ministro, ma neanche un privato cittadino, commenti un'indagine molto dolorosa che è in corso ed è molto complessa, io però rilevo un vizio di origine di tutta questa storia" afferma il ministro della Giustizia Carlo Nordio agli Stati generali della ripartenza rispondendo a una domanda sul caso Garlasco. Un vizio che "consiste nel fatto che una persona sia stata assolta in Corte d'Assise, l'assoluzione sia stata confermata in Corte d'Assise d'appello e poi questa persona - continua - dopo un altro processo a seguito di una sentenza della Cassazione, è stata condannata". "Nel nostro ordinamento vige il principio che tu non puoi essere condannato se le prove non vanno al di là di ogni ragionevole dubbio - osserva Nordio -. Allora come fai a condannare una persona quando ha dubitato una Corte d'Assise, quando ha dubitato una Corte d'Assise d'appello al punto da assolvere e senza rifare il processo ex novo, come accade negli ordinamenti anglosassoni".
"Da noi anche se ci sono delle integrazioni, che vengono fatte in fase istruttoria nel giudizio di rinvio, il processo rimane quello fondato dall'indagine iniziale - spiega il ministro -. Allora o sono irragionevoli i giudici della Corte d'assise e della Corte d'assise d'appello, e allora andrebbero cacciati via perché un giudice irragionevole non può restare dov'è, oppure c'è qualcosa di sbagliato nel sistema".
"Secondo me la notizia è falsa perché altrimenti sarebbe una cosa inaudita. Un’anticipazione illegittima che renderebbe addirittura impugnabile o nulla la perizia stessa e condurrebbe, secondo me, alla ricusazione sia del perito che del giudice" afferma Massimo Lovati, ex legale di Andrea Sempio, dopo i primi dati grezzi forniti dalla genetista Denise Albani.
"Bisogna capire - spiega il legale ospite della trasmissione 'Dentro la notizia' - chi è che l’ha propalata perché ha compiuto un atto di terrorismo rispetto all’indagato, alla psicologia dell’indagato che si sente prima del tempo inchiodato da una cosa che non è ancora avvenuta. Non sarebbe la prima volta perché è già successo con l’impronta 33, con Ignoto 3. È una strategia che non mi piace. Io vorrei capire chi è che l’ha propalata, forse quelli che mi fanno le pulci per la fuga di notizia della consulenza Linarello (della difesa del condannato Alberto Stasi, ndr.)?".