The Who, la canzone è finita ma il rock no. A Milano tra ricordi e malinconia

Sul palco un viaggio tra i successi della band britannica che omaggia Ozzy Osbourne

Gli Who sul palco di Milano
Gli Who sul palco di Milano
23 luglio 2025 | 00.45
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La canzone è finita ma il rock no. Lo dicono gli Who, lo scrivono nel titolo del loro tour d’addio ‘The Song Is Over,’ e lo ribadiscono al Parco della Musica di Milano davanti a migliaia di fan venuti a salutare (forse per l’ultima volta) una delle band più leggendarie della storia del rock. A sorpresa il brano tratto da ‘Who’s Next’ del 1971 chiude il set e il suo spirito permea tutto lo show: un saluto affettuoso e potente, a oltre sessant’anni di carriera vissuti tra inni generazionali ancora in grado di gremire il palco. Milano accoglie la seconda delle due date italiane del tour, partito due giorni fa da Piazzola sul Brenta. Nonostante qualche polemica - su tutte, il burrascoso licenziamento di Zak Starkey alla batteria, poi sostituito da Scott Devours - Pete Townshend e Roger Daltrey si presentano sul palco circondati da una band rodata: Simon Townshend (chitarra, mandolino, cori) Loren Gold (tastiere e cori), Jon Button (basso), John Hogg (cori e percussioni), Jody Linscott (percussioni) e, appunto, Devours alla batteria.

La scaletta è un greatest hits nella storia degli Who, senza deviazioni inutili ma tanto materiale dai capisaldi ‘Who’s Next’ (1971) e ‘Quadrophenia’ (1973) più una chicca da ‘It’s Hard’ del 1982 – ultimo lavoro con il bassista John Entwistle. L’apertura è affidata a ‘I Can’t Explain’, che la band dedica a Ozzy Osbourne, il leggendario frontman dei Black Sabbath, scomparso oggi. E nel set non mancano le strofe di ‘Who Are You’, il funky di ‘Eminence Front’, ‘Behind Blue Eyes’, la storica ballata uscita nell'ottobre del 1971 e ripresa nel 2003 dai Limp Bizkit e la preghiera intensa ‘Love, Reign O’er Me’.

Prima di attaccare ‘The Seeker’ Townshend dice di averla “scritta in Florida, in una palude tra le zanzare” e che gli sembra “molto adatta a questo 2025”. Nel finale l’inconfondibile riff di sintentizzatori di ‘Baba O’Riley’, ‘Won’t Get Fooled Again’ e ‘My Generation’, pezzo punk ante litteram, che li ha consacrati nel 1965 con lo slogan generazionale ‘I hope I die before I get old’. Daltrey e Townshend sono la dimostrazione di come, rispettivamente a 81 e 79 anni, si può ancora reggere un palco con grinta. La voce di Roger tiene bene. Pete, dal canto suo, regala momenti davvero intensi. Tra il pubblico sono tante le teste bianche ma anche giovani e giovanissimi, alcuni con la t-shirt degli Who comprata da Primark o H&M, altri visibilmente emozionati all’idea di vedere dal vivo la storia.

Non manca un velo di malinconia. Che si stia chiudendo un ciclo, del resto, lo ha detto lo stesso Townshend. "Tutte le cose belle finiscono - ha spiegato a proposito del tour -. È un momento struggente. Sebbene la strada non sia sempre stata piacevole per me, di solito è stata facile: il miglior lavoro che avrei mai potuto avere. Roger e io stiamo vivendo un bel momento, nonostante l'età, desiderosi di dare il massimo per questo addio a tutti i nostri fan più fedeli e a quelli che verranno a vedere cosa si sono persi negli ultimi 57 anni. Sarà un tour all'insegna dei ricordi, dell'amore e delle risate". A rendere il momento ancora più speciale, la pubblicazione, in contemporanea al tour, dell’album 'Live at The Oval 1971', inedita registrazione di uno dei concerti più memorabili della band, un tributo ai fan e il sigillo di un lungo viaggio.

Dietro le quinte, la frattura con Zak Starkey continua a far discutere. Dopo quasi trent’anni alla batteria, il figlio di Ringo Starr è stato allontanato con una freddezza che ha sorpreso molti. In un’altalena durata mesi, Pete Townshend ha annunciato che Starkey era di nuovo nella band per poi cambiare di nuovo idea. La band ha deciso di proseguire con Scott Devours, già parte del progetto solista di Daltrey. Ma il tour continua. Dopo le due date italiane, ‘The Song Is Over’ attraverserà l’Atlantico per sbarcare in Nord America a partire dal 16 agosto, con prima data a Sunrise, in Florida. La chiusura è fissata per il 28 settembre alla Mgm Grand Garden Arena di Las Vegas. Ventidue concerti in diciannove città.

A Milano, nonostante la malinconia sia palpabile, non c’è spazio per la tristezza. Chi è venuto qui stasera ha voluto dire grazie a questi eroi del rock and roll che hanno usato la musica per raccontare la rabbia e l’introspezione di tutta una generazione, quella dei Mod e di chi è venuto dopo. Nonostante non spacchino più gli strumenti come negli anni Settanta, la forza delle loro canzoni rimane intatta. ‘The Song Is Over’ è una dichiarazione d’amore a tutto ciò che è stato, che ci fa guardare, sentire, toccare e persino guarire, per citare un loro famoso brano. Più selvaggi dei Beatles, più lirici dei Rolling Stones. Il tour finirà, certo, ma gli Who resteranno sempre nell’Olimpo del rock. (di Federica Mochi)

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