Il colloquio con l'AdnKronos dello storico del socialismo, ex ministro e oggi presidente della Fondazione Rosselli
Si può essere riformisti e rivoluzionari? A cent’anni dalla morte, avvenuta a Milano il 29 dicembre 1925, la figura della rivoluzionaria russa Anna Kuliscioff non ritorna come una reliquia del passato, ma come una domanda aperta per il futuro. In un’Italia che fatica a credere nella politica, Milano — e non solo — riscopre una donna diventata coscienza critica del socialismo italiano: medico dei poveri, nota come la 'dottora dei poveri', intellettuale inflessibile e femminista, fondatrice nel 1892 del Partito Socialista Italiano insieme a Filippo Turati e Andrea Costa. Valdo Spini, storico del socialismo, ex ministro e oggi presidente della Fondazione Rosselli, accompagna l’Adnkronos nell’eredità più scomoda e più attuale di Anna Kuliscioff: l’idea dell’impegno politico.
Presidente Spini, cento anni dalla morte di Anna Kuliscioff, dicono di lei: "madrina del socialismo riformista", "donna innamorata della libertà", "demiurga del femminismo moderno". Ci siamo scordati qualcosa?
"Non ci siamo scordati niente, aggiungo che qualcuno, proprio per omaggio al suo carattere così deciso, l'ha definito l'unico uomo del socialismo italiano: a quell'epoca si era maschilisti, quindi dire uomo significava dire persona decisa. Più passano gli anni, siamo al centenario, più le sfaccettature di questo personaggio sono estremamente interessanti".
Cioè?
"Io le parlo da Firenze dove lei fu arrestata per il processo della Prima internazionale e dovette patire il carcere a Santa Verdiana, dove ora c'è la facoltà di architettura: qui è stato posta nel centenario anche una targa, una lapide che ricorda questa detenzione, anche perché purtroppo questa prigionia le avvalse una tubercolosi che si è portata per tutta la vita".
A proposito di riformismo, Anna Kuliscioff viene recuperata molto negli anni '80 (dopo il congresso del Midas): addirittura il Psi le dedica la testa del partito nel 1983
"C'è stato un periodo in cui la storia del Psi l'aveva un po' cancellata o messa in secondo piano così come la stessa figura di Matteotti. I riformisti venivano in qualche modo bollati come quelli che erano stati sconfitti dal fascismo, invece se si vede le cose come sono andate, naturalmente in particolare la figura di Matteotti, risalta fino in fondo il coraggio della loro resistenza e la loro capacità di lotta".
Fu una (ri)scoperta con il nuovo vento riformista
"Assolutamente, tra l'altro ci si è resi conto che il discorso di Turati al congresso di Livorno del 21 - quello a cui nasce il Partito comunista italiano - è di una lungimiranza incredibile: i riformisti avevano costruito dei fatti, cioè costruito il sindacato, le cooperative, lottato per il suffragio universale, a quell'epoca soltanto maschile purtroppo, ma comunque lottato per il suffragio universale, cioè avevano modificato nel profondo la società italiana: non a parole ma con i fatti e naturalmente proprio per questo erano particolarmente temuti dai fascisti che le conquiste del riformismo le volevano spazzare via"
Anna Kuliscioff fu amata moltissimo anche da Nenni
"Nenni era al funerale di Anna Kuliscioff e si beccò le manganellate fasciste: anzi tra l'altro questa manganellatura la subì insieme a un altro giovane che poi è diventato un dirigente importante che era Lelio Basso, si sono conosciuti in quell'occasione"
Kuliscioff denunciò con straordinaria lucidità il rischio del settarismo, del massimalismo parolaio e del germe della divisione a sinistra, proprio mentre il fascismo marciava inarrestabile nel biennio nero
"È interessante che lei dia un giudizio molto positivo di un giovanotto che è Carlo Rosselli, lei dice che è 'uno dei pochi giovani che in questo momento mi sembra abbia le idee chiare'.
A quell'epoca le donne non potevano votare
"Ma Anna Kuliscioff aveva di fatto un'influenza importante. Io per esempio ho fatto la prefazione per i discorsi parlamentari di Claudio Treves, che è un po' il gemello riformista di Filippo Turati. C'è la testimonianza di come a quell'epoca il primo discorso di un deputato alla Camera fosse un avvenimento: lei seguiva da Milano, con grande ansia, l’esordio di Claudio Treves, e poi fu molto contenta che fosse andato bene. Indubbiamente il salotto di Anna Kuliscioff offriva una sorta di regia del riformismo italiano, tant'è vero che lo stesso Matteotti, diventato segretario del partito, un po' se ne lamentava perché aveva l'impressione che qualche volta le decisioni venissero prese a Milano e non da lui".
L'amore 'socialista' con Filippo Turati?
"E' stato all'insegna di un rispetto reciproco formidabile. Quando poi Rosselli propone a Turati, ormai rimasto vedovo di Anna Kuliscioff, di espatriare clandestinamente in Francia, Turati è incerto: è anziano, esitante. A quel punto Rosselli gioca la sua carta decisiva: 'se Anna fosse viva, ti direbbe di andare'. Turati inizialmente reagisce con stizza, dicendo di lasciare in pace i morti, e cose del genere. Tuttavia, credo che proprio questo richiamo sia stato uno degli elementi che lo convinsero, almeno in parte, ad accettare l’evasione, che gli permise poi di continuare in Francia la sua attività e la sua azione politica".
Kuliscioff diceva: "Mi auguro, per il trionfo della causa del mio sesso, solo un po’ più di solidarietà fra le donne". Ma i rapporti con le altre donne, penso ad Angelica Balabanoff e Margherita Sarfatti in particolare, non furono sempre idiliaci: come dicevamo, Kuliscioff aveva un carattere molto forte
"Sì, ci fu anche la divaricazione con Anna Maria Mozzoni: Kuliscioff spingeva senza problemi sulla parità salariale tra donne e uomini, mentre la Mozzoni aveva invece il timore che questo avrebbe provocato il licenziamento in tronco di tante donne".
Parlvamo di femminismo: quello della Kuliscioff è inimagginabile senza la cornice socialista
"Quello era il femminismo dell’emancipazione.Il femminismo successivo andrà oltre questa idea, ma in quell’epoca il nodo centrale era proprio l’emancipazione della donna. Per questo nella Kuliscioff il contenuto economico e sociale rimane fortissimo, anzi decisivo: riflette esattamente la società del suo tempo.Non a caso, tra le definizioni che la riguardano – oltre a quelle già ricordate – c’è anche quella di “dottora dei poveri”, come veniva chiamata. Un appellativo che dice molto delle condizioni economico-sociali dell’epoca e del suo impegno concreto. In quel contesto, il tema dell’emancipazione non poteva che essere centrale e profondamente radicato nella realtà materiale della società".
Il suo pensiero è moderno e spendibile anche oggi?
"Certo e lo è soprattutto per il suo invito continuo e permanente all’impegno politico, un tema che risulta quanto mai attuale. Nel contesto contemporaneo, infatti, si avverte un certo distacco e una diffidenza diffusa nei confronti della politica e dei partiti, spesso percepiti come lontani o inefficaci. Al contrario, nella visione di Kuliscioff l’impegno politico era un elemento centrale e imprescindibile". (di Andrea Persili)