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E' il gioco dell'Opa, ma le banche scelgono l'Ops: ecco perché

Calcaterra (Bocconi): "Nel nostro mercato tante partecipazioni incrociate"

E' il gioco dell'Opa, ma le banche scelgono l'Ops: ecco perché
21 maggio 2025 | 15.18
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Risiko bancario. Sei operazioni in corso, una già conclusa, coinvolgono gruppi che insieme valgono 95 miliardi di euro, un decimo dell'intero Ftse Mib. La maggior parte delle offerte non è la tradizionale Opa ma è costituita da Ops (offerta pubblica di scambio): carta contro carta. Ma perché? "E' figlio di quella che è la caratteristica principale del nostro mercato azionario: che è un mercato molto concentrato dal punto di vista degli shareholders", spiega all'Adnkronos Michele Calcaterra, senior lecturer di Enterpreneurial finance presso Sda Bocconi School of Management.

"Esistono azionariati molto incrociati, partecipazioni incrociate", premette Calcaterra. "L'idea dell'utilizzo dell'Ops è figlia di una razionalizzazione della governance dei vari istituti e quindi anche di logiche meno macchinose nella definizione dei presidi di gestione dei vari istituti di credito", sottolinea l'economista. Calcaterra esclude l'esistenza di difficoltà per quanto riguarda la liquidità: "Semmai pesa il rispetto dei parametri di Basilea che impongono alle banche il rispetto di certi requisiti di stabilità patrimoniale".

Qualche precedente? Sì, nel 2020 con l’acquisizione di Ubi banca da parte di Intesa Sanpaolo. Tecnicamente si è trattato di una ‘‘offerta pubblica di acquisto e di scambio’’ di azioni Intesa contro azioni Ubi, più un corrispettivo cash. (di Andrea Persili)

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