
La reticenza nel campo della sicurezza, il peso delle dinamiche transatlantiche e il ruolo catalizzatore di Trump. Il Consiglio europeo ha segnato un cambio di passo, ma resta il nodo della percezione pubblica. Serve una cultura della sicurezza, sapendo che nel confronto globale Usa e Ue hanno bisogno l'una dell'altra
"L'Ue è quasi ossessionata dal mito della stabilità, più concentrata su di essa che sulla crescita, e per questo rimane paralizzata in un mondo che corre". Lo dice all'Adnkronos l'ambasciatore Francesco Talò, diplomatico di lungo corso e già rappresentante permanente dell'Italia alla Nato, in merito alla riunione straordinaria del Consiglio europeo, in cui i Ventisette hanno convenuto di potenziare la base industriale europea della difesa.
Tralasciando le sue "caratteristiche peculiari", l'amministrazione Trump oggi agisce da catalizzatore: "Non determina una tendenza, ma accelera quella già in atto", spiega Talò in riferimento alle recenti svolte statunitensi in politica estera. In questo contesto, l'Ue ha dovuto adeguarsi alla velocità del partner americano, che "è sempre stato un attore più dinamico", una tendenza accentuata dal fenomeno Trump. Tuttavia, la staticità che contraddistingue l'Ue la rende inadatta a rispondere a questa accelerazione.
"Basta guardare al Patto di stabilità e crescita: si è guardato molto più alla stabilità che alla crescita, alla stasi piuttosto che al dinamismo", commenta l’ambasciatore, oggi di casa all'International Strategic Network, riconoscendo che i risultati del Consiglio hanno segnato un cambio di passo. "Ieri si è rotto qualche tabù e si è spinto sulla crescita, specie nel settore della difesa", con la presentazione del piano RearmEu della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen.
"Molto bene aver proposto di scorporare le spese per la difesa dal computo del deficit: è assurdo che la Nato ci chieda di spendere di più e che l’Ue ci impedisca di farlo", continua Talò. Per quanto riguarda la proposta di innescare un volano economico da 800 miliardi, "la parte più rilevante è rappresentata dai 150 miliardi" di debito comune. Una decisione che, se portata avanti adeguatamente, "ha potenzialmente un’importanza analoga a due momenti storici recenti dell’Ue: il ‘whatever it takes’ di Mario Draghi (limitatamente agli aspetti monetari) e il piano Next Generation EU per la ripresa post-pandemica. È il momento di fare qualcosa di simile", commenta.
"In questo contesto è importante tenere conto delle nostre pubbliche opinioni, che non sono uguali", avverte Talò. "L'ha sintetizzato bene Giorgia Meloni: abbiamo diversità interne. I Paesi dell'Est, per motivi storici, sono molto più pronti a investire nella difesa. Basta guardare alla Polonia, che supera il 4,5% di spesa militare rispetto al Pil. In Europa occidentale, invece, il pubblico considera la guerra lontana dalla sua percezione della realtà. Ma purtroppo dobbiamo capire, in fretta, che il lungo periodo di pace garantito dall'ombrello Nato/Usa forse è stato un'eccezione. Dobbiamo prepararci a difenderci, e per farlo serve sviluppare una cultura della sicurezza", perché è quella che permette a una democrazia parlamentare di costruire la propria difesa nel rispetto delle forme indicate dal popolo sovrano.
"Fermo restando che per proteggere gli ospedali serve una difesa aerea, come hanno purtroppo imparato gli ucraini di fronte all'aggressione russa", continua Talò, spiegando che è importante lavorare sulla percezione dei cittadini affinché sviluppino una comprensione "profonda" delle esigenze di sicurezza. I sondaggi segnano un movimento in questa direzione, riconosce, "ma servono i messaggi giusti: probabilmente la dicitura 'RearmEU' non è la scelta appropriata. Io userei 'SecurEurope': invece di porre l'accento sulle armi, si mette l'accento sulla sicurezza, un concetto più ampio della mera difesa.
Oggi non è più tempo di una divisione rigida tra pace e guerra", sottolinea, evidenziando la necessità di proteggere i cittadini anche dalle minacce ibride. "Oltre agli armamenti, serve dotarsi di tutte le strutture e strumenti necessari", grazie a investimenti "che hanno un carattere in gran parte duale e caratteristiche innovative", con importanti ricadute positive per l'industria. Talò cita la cybersicurezza, le tecnologie quantistiche, lo spazio e la sfera subacquea, ambito in cui l'Italia è molto presente.
L'Occidente "rimane il contesto di riferimento per le nostre azioni e i nostri interessi. Come italiani, da soli, non possiamo fare molto; l'Europa unita può fare comunque poco, ed è velleitario pensare che possa essere un attore terzo nella grande contesa tra Usa e Cina". In questo, la Nato è il "contenitore naturale" per le potenze occidentali: Usa, Ue e altri attori europei come la Turchia e il Regno Unito. Occorre inoltre considerare gli altri attori sullo scacchiere: Kiev "anche prima dell'invasione, in ambito Nato si diceva: niente decisioni sull'Ucraina senza l'Ucraina", Mosca, e "il convitato di pietra, Pechino", con la consapevolezza che le mosse dell’Occidente saranno osservate con attenzione dal resto del mondo. È dunque necessario evitare errori come il ritiro statunitense dall'Afghanistan, una decisione politica che, al di là delle dinamiche, "ha contribuito alla percezione di Vladimir Putin rispetto a una presunta debolezza dell’Occidente". Errori di questo tipo sul fronte ucraino "potrebbero essere interpretati in modo ancora più rischioso", avverte l'ambasciatore.
Per quanto riguarda la rottura dei ranghi Ue da parte dell’Ungheria, che al Consiglio informale si è rifiutata di firmare le conclusioni sul supporto all'Ucraina, Talò sottolinea che non si trattava di un momento decisionale: "ci saranno altre occasioni", e nel frattempo "si può andare avanti" senza "fasciarsi la testa". In tutto questo, Roma può giocare un ruolo, come già accaduto in passato nel mediare con Budapest: "sono fiducioso che si possano trovare soluzioni". Tuttavia, il tema del sistema decisionale del Consiglio Ue, legato all'unanimità, "andrà affrontato" in futuro.
La grande paura dell'Ue è che, nonostante la corsa al riarmo, gli Usa non riconoscano lo sforzo e mantengano un approccio antagonistico. "Vale il motto paolino 'spes contra spem': può sembrare difficile, ma dobbiamo sperare che funzioni. Per riuscirci, però, dobbiamo agire nella direzione giusta. Io voglio credere che l'amministrazione Trump tenda a 'spingere' sui temi per poi rendersi conto di quale sia la convenienza per tutti. Lo vediamo anche con la vicenda dei dazi". Per l'Ue, la priorità è far capire a Washington che anche gli Usa hanno bisogno dell'Europa nella grande sfida tra Occidente e Cina, "che dovrebbe essere una competizione, non certo una guerra", sottolinea l'ambasciatore. "Abbiamo valori, interessi e anche un modo di operare comune. Lo si vede nel campo della difesa e della sicurezza. Generazioni di militari hanno imparato a lavorare insieme in ambito Nato, a essere interoperabili. La cultura del lavoro che abbiamo creato è preziosa e molto funzionale. La dimensione europea della difesa potrà crescere nella misura in cui la quasi totalità degli europei protagonisti sono stati formati in un contesto Nato. Gli americani sono necessari e indispensabili per l'Europa, ma è vero anche il contrario", conclude. (di Otto Lanzavecchia)