Il romanticismo sporty chic di Fendi: "Donne gentili ma forti"

Per la prossima primavera-estate co-ed Silvia Venturini Fendi sceglie sartoria, colore e artigianato

Tre look di Fendi per la primavera-estate 2026
Tre look di Fendi per la primavera-estate 2026
24 settembre 2025 | 20.37
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Fendi sceglie il colore come manifesto e la gentilezza come gesto irrinunciabile. Nei giorni dell’inaugurazione del nuovo Palazzo Fendi in via Montenapoleone, simbolo della rinnovata centralità della maison nel quadrilatero milanese, la collezione primavera-estate 2026 firmata Silvia Venturini Fendi diventa una dichiarazione di intenti: celebrare 100 anni di storia continuando a spingere in avanti l’idea di femminilità, rendendola più sfaccettata, libera e complessa. L’attacco è visivo e immediato: un set pixellato concepito da Marc Newson che trasforma la passerella nell’headquarter di via Solari in un paesaggio digitale in movimento. Geometrie di colore e giochi ottici diventano il vocabolario visivo di una collezione che non teme il rischio e che gioca con il concetto di sporty chic. Dal primo all’ultimo look, pubblico e addetti ai lavori sono conquistati.

“Per questa collezione - racconta soddisfatta Silvia Venturini Fendi nel backstage - avevo tante cose in testa e sono partita da una collezione romantica ma non stucchevole, volevo usare del colore perché ne sentivo il bisogno. Volevo fosse per donne buone, gentili però forti”. Con gli elastici ‘adjustable’ che puntellano molto look, ammette, “mi sono ispirata ai vestiti dei bambini, mi piaceva l’idea che puoi decidere di mostrare il corpo oppure no, con giacche che si possono stringere ed allargare. Volevo usare tanto colore e sfumature di colori”.

Quella di Silvia Venturini Fendi è una riflessione sulla vestibilità e sul potere di decidere quanto mostrarsi - un tema attualissimo, in un’epoca in cui l’inclusività si gioca anche sul terreno della libertà del corpo. Sulla passerella co-ed mini-abiti traforati, jacquard trasparenti, blazer corti, cappotti destrutturati e gonne a balze dialogano con il tailoring più classico, mentre il color block torna prepotente: dal giallo solare al turchese e vermiglio, fino al bubblegum portato con il corallo. La sartorialità incontra lo sportswear in un equilibrio che è ormai codice distintivo di Fendi.

Gli accessori confermano la strategia di prodotto: la nuova Collier, sacchetto arricciato su manico gioiello, inaugura un potenziale best-seller, mentre le Peekaboo si aggiornano con interni ricamati e gabbie Selleria, segnando il passo verso un lusso “privato” e tattile. La Fendi Way, trapezoidale e decostruita, sembra pensata per un pubblico che cerca un pezzo ‘forte’ senza rinunciare alla funzionalità. “Ci sono borse con interni ricamati per un effetto di lusso privato” fa notare Silvia Venturini Fendi. L’operazione culturale della maison della doppia F è ambiziosa: in colonna sonora, Frédéric Sanchez costruisce una ‘passeggiata pixelizzata’ per le vie di Roma, mescolando la voce di Mastroianni in La Dolce Vita, Anna Magnani, Anouk Aimée, Alain Delon e le icone Ornella Vanoni e Patti Pravo, in dialogo con sonorità elettroniche di Scanner e Matthias Schubert. Il risultato è un racconto che lega la tradizione cinematografica italiana alla moda contemporanea.

Sulla catwalk, un casting volutamente multigenerazionale: Edie Campbell, Mariacarla Boscono, Karen Elson, il modello tedesco Leon Dame, Saskia De Brawn, a ribadire l’idea di una bellezza che attraversa età e generi. “Io penso alle donne vere, non ho un ideale, per me questo è importante - prosegue Venturini Fendi -. Credo che tutti siamo ossessionati dalla gioventù e volevo mostrare donne che invecchiano in modo sereno e consapevole, e così gli uomini”. Nel front row, un parterre che mescola moda, musica e cinema tra cui le attrici Naomi Watts e Hilary Duff, i cantanti Marco Mengoni, Shablo, Lazza e Levante. Con oltre 80 look, lo show più grande mai messo in scena da Fendi, si afferma come un momento chiave del calendario milanese, consolidando il marchio di Lvmh come player capace di unire heritage e sperimentazione. (di Federica Mochi)

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