
Da monumento mancato a simbolo dell'Azienda di Viale Mazzini: la storia dell'opera di Francesco Messina, catanese come Pippo
Nel giardino antistante la sede centrale della Rai a Viale Mazzini 14, da quasi sessant'anni un cavallo di bronzo alto cinque metri osserva silenzioso il viavai di dirigenti, tecnici, giornalisti e conduttori. È lì dal 5 novembre 1966 e quella statua è molto più che un arredo urbano: è simbolo, memoria, polemica, mistero. E oggi, persino oggetto di una proposta rivoluzionaria: quella di Fiorello.
"La Rai gli deve moltissimo", ha dichiarato lo showman riferendosi a Pippo Baudo. "Dovrebbero sostituire il cavallo con una statua di lui". Un’iperbole? Certo. Ma anche un invito a ripensare il simbolismo delle nostre istituzioni culturali.
L'opera è del grande scultore siciliano Francesco Messina (1900-1995), anche lui catanese come Baudo. Originariamente concepita come parte di un grande monumento celebrativo in onore del Libertador Simón Bolívar, il cavallo nacque come elemento di un complesso equestre destinato all'America Latina. Ma il progetto saltò per ragioni economiche, e fu la Rai - grazie all'intuizione del vicedirettore generale Marcello Bernardi - a 'salvare' la scultura, commissionando a Messina solo il cavallo, da installare come segno visibile della presenza dell'Azienda radiotelevisiva nel cuore del quartiere della Vittoria. L'impatto fu notevole. Il cavallo, poderoso ma privo di cavaliere, esibiva un'anatomia perfetta, ma anche una strana torsione: le zampe anteriori tese, quelle posteriori piegate, il muso rivolto al cielo in una sorta di muto nitrito. Non era un cavallo trionfante, piuttosto un animale sofferente, stremato dopo una battaglia. "Un cavallo ferito, come dopo un combattimento", lo descrisse Messina.
Nonostante le intenzioni ambigue dello scultore, negli anni '70 la stampa e il pubblico ribattezzarono l'opera "Il Cavallo morente", anche in seguito a una segnalazione allarmata dello stato conservativo della statua. Verso la fine degli anni Novanta il giornalista Vittorio Emiliani, attento alla salvaguardia del patrimonio artistico da sempre, grazie alla frequentazione quotidiana del palazzo di viale Mazzini in quanto consigliere di amministrazione della Rai, notò che la superficie bronzea del cavallo "non stava bene" e chiese al grande esperto di restauro Giuseppe Basile una verifica tecnica approfondita.
Risultò che la scultura era seriamente in pericolo e necessitava di un urgente intervento per la sua conservazione. L'Istituto Centrale per il Restauro si dimostrò interessato e generoso e ne curò a titolo gratuito il restauro, che la Rai ha documentato in tutte le sue fasi. Le riprese sono state integrate con uno straordinario filmato - "Un Cavallo, un mito" - realizzato nel 2000 da Fernando Ferrigno, un colto e appassionato giornalista della Rai e esperto in particolare di beni culturali, che per anni ha curato la trasmissione "Bell'Italia" e in seguito ha continuato a occuparsi di arte al Tg3. Il restauro del cavallo, molto impegnativo per lo stato di degrado in cui versava la scultura, venne organizzato dall'Istituto Centrale del Restauro come cantiere didattico. Il restauro fu così lungo e difficile, ma restituì all'opera la sua dignità materica. Il cavallo, oggi, è ancora lì. Ma qualcosa è cambiato: non è più solo una scultura, è diventato una metafora permanente del destino della Rai stessa, tra battaglie culturali, trasformazioni storiche, ferite visibili e tentativi di rinascita.
Ora, con la scomparsa del re dei presentatori della Rai e la sede Rai di Viale Mazzini in ristrutturazione per risolvere l'annoso problema della presenza di amianto nel palazzo, Fiorello - mai banale quando ironizza - ha lanciato la sua proposta: abbattere (metaforicamente) il cavallo e sostituirlo con Pippo Baudo, "perché ha tracciato un solco enorme in cui tutti siamo passati". Un'esagerazione? Forse. Ma anche un'idea acutissima. Se la Rai deve avere un monumento, perché non dedicarlo a chi l'ha fatta grande con la voce, l'intuito e il volto? Baudo non è stato solo uno storico presentatore. È stato un costruttore di linguaggi, un talent scout, un pezzo vivente della storia della cultura popolare italiana. Il cavallo è un simbolo istituzionale, enigmatico, freddo. Baudo è il simbolo umano della Rai, il suo "cavallo di razza", per citare un'altra espressione cara al linguaggio della televisione. Il Cavallo di Viale Mazzini, nel suo silenzioso nitrito rivolto al cielo, continuerà a vegliare sulla sede della Rai. Ma oggi sappiamo qualcosa di più: non è solo una scultura monumentale, è un racconto. Narra di slanci e rilanci creativi, di artisti rampanti e di restauri eroici, e oggi anche di una nuova consapevolezza. E forse Fiorello ha ragione. Non serve davvero rimuoverlo. Ma accanto al cavallo, o davanti a lui, potrebbe benissimo sorgere una nuova statua: non in bronzo, ma nel cuore del pubblico. Quella di Pippo Baudo, l'unico, forse, che ha saputo, davvero, cavalcare la Rai.
(di Paolo Martini)