Con un programma musicale interamente dedicato a Johannes Brahms
Ivor Bolton inaugura la Stagione Sinfonica 2025-2026 della Fondazione Teatro La Fenice di Venezia. Nei due concerti in programma venerdì 28 novembre (ore 20.00) e sabato 29 novembre (ore 17.00), il maestro britannico, tra i più acclamati direttori d'orchestra del momento, guiderà Orchestra e Coro del Teatro La Fenice nell'esecuzione di un programma interamente dedicato a Johannes Brahms, articolato in tre momenti: apriranno la serata le Variazioni su un tema di Joseph Haydn op. 56a; seguirà Das Schicksalslied, la 'Canzone del destino', in mi bemolle maggiore per coro e orchestra op. 54 – il Coro del Teatro La Fenice è istruito da Alfonso Caiani –; infine, dopo l’intervallo, si ascolterà la Terza Sinfonia in fa maggiore per orchestra op. 90. La prima di venerdì 28 novembre sarà trasmessa in diretta radiofonica da Rai Radio3.
Le Variazioni su un tema di Joseph Haydn op. 56a di Johannes Brahms (1833-1897) sono un esempio peculiare dell’arte brahmsiana applicata alla forma della variazione. Brahms compose questo lavoro nell’estate del 1873 a Tutzing, prendendo spunto da un antico tema corale – il Chorale di Sant'Antonio – erroneamente attribuito a Franz Joseph Haydn. In realtà, si tratta di un tema di autore anonimo (probabilmente un allievo di Haydn), anche se la denominazione storica rimarrà invariata. L'opera si apre con il tema, seguito da otto variazioni e un ampio finale: un arco formale che unisce sapientemente equilibrio classico e spirito romantico.
Tra le pagine corali di Johannes Brahms, Das Schicksalslied per coro e orchestra op. 54 occupa un posto particolare, non solo per l'intensità emotiva che vi si coglie, ma anche per la singolare modalità con cui il compositore affronta il rapporto tra parola e musica, tra testo poetico e visione personale. La 'Canzone del destino' nasce infatti dall'incontro di Brahms con la celebre poesia di Friedrich Hölderlin tratta dal romanzo epistolare Hyperion, uno dei capolavori del primo Romanticismo tedesco. Sono versi che mettono a confronto due dimensioni inconciliabili: da un lato, la serena beatitudine degli dèi, immersi nella luce eterna; dall’altro, il destino degli uomini, esposti all'instabilità, al dolore e alla caducità dell’esistenza. Brahms si imbatte in questi versi nell’estate del 1868, periodo di particolare intensità creativa per lui, immediatamente successivo al compimento dell'opera che più aveva segnato la sua affermazione europea, il Deutsches Requiem. La scoperta del Schicksalslied avviene, secondo il racconto dell'amico Albert Dietrich, durante una gita a Wilhelmshaven, sul Mare del Nord: la poesia di Hölderlin lo colpisce al punto da spingerlo a stendere subito alcuni schizzi musicali. Eppure, a dispetto di questa folgorazione iniziale, la gestazione dell’opera si rivela tutt'altro che rapida. Per oltre due anni Brahms lavora a intermittenza sul brano, cercando una soluzione che rispettasse la potenza espressiva del testo ma non si limitasse a riprodurne il pessimismo radicale. L’opera fu conclusa solamente nel 1871, anno in cui debuttò a Karlsruhe.
La Sinfonia n. 3 in fa maggiore op. 90 nasce nell’estate del 1883 a Wiesbaden, sul Reno. Johannes Brahms ha cinquant'anni: non è più il giovane sostenuto da Robert e Clara Schumann, né l'artista tormentato dal timore di confrontarsi con Beethoven. Dopo i trionfi dei due Concerti per pianoforte e orchestra e del Concerto per violino op 77, il compositore torna al genere sinfonico con la sicurezza di chi ha ormai conquistato un posto stabile nel panorama musicale europeo. La Terza si impone subito come un’opera particolare: è la più breve delle quattro sinfonie brahmsiane, poco più di mezz’ora di musica, ma forse la più densa di significati, di allusioni e di energia concentrata. Hans Richter, che la dirige a Vienna il 2 dicembre 1883, la battezza subito come 'l'Eroica di Brahms', appellativo che non allude a un trionfalismo beethoveniano, bensì alla forza interiore che la attraversa. Brahms non costruisce un monumento esterno: scolpisce un paesaggio sonoro che alterna impeto e lirismo, vigore e malinconia, e che sorprende per il suo concludersi non in esplosioni orchestrali ma in un soffio, in un pianissimo che si spegne.
In occasione dell'evento diretto da Ivor Bolton, si rinnoverà il consueto appuntamento con le conferenze di approfondimento della Stagione Sinfonica: il concerto di venerdì 28 novembre sarà infatti preceduto da un incontro a ingresso libero con il musicologo Roberto Mori, che dalle ore 19.20 alle ore 19.40 illustrerà il programma musicale della serata nelle Sale Apollinee del Teatro La Fenice.