Lino Banfi a 'Ciao Maschio': "Non sono stato un santo, ma alla fine pensavo sempre a mia moglie Lucia"

Il racconto a cuore aperto nel programma di Nunzia De Girolamo

Lino Banfi (Fotogramma9
Lino Banfi (Fotogramma9
26 dicembre 2025 | 20.36
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Lino Banfi si racconta a Ciao Maschio, ospite di Nunzia De Girolamo, nella puntata andata in onda oggi, sabato 27 dicembre, alle 17.05 su Rai 1. Un racconto intenso, ironico e profondamente umano, in cui l’attore ripercorre la sua vita senza filtri: dall'infanzia segnata dalla guerra ai ricordi più intimi legati al Natale, fino a una confessione inedita sull’amore e sull’intimità che hanno accompagnato tutta la sua esistenza.

Il nonno, i bombardamenti e il pupazzo

Banfi torna con la memoria a quando era bambino, a Canosa di Puglia, durante gli anni della guerra: "Avevo sette, otto anni. C’erano i bombardamenti, le sirene, si scappava nei ricoveri. Mio nonno, ogni volta, mi diceva: 'Pasquale, ricordati di portare il pupazzo'". Quel pupazzo diventava un modo per allontanare la paura e far ridere gli altri bambini: "Io facevo parlare questo pupazzo e li facevo ridere. Mio nonno diceva che così li facevo stare zitti. Io ho sempre fatto ridere, fin da allora". E oggi, a quasi novant’anni, quella consapevolezza si trasforma in una domanda disarmante: "Io ho fatto ridere tutti. Ma a me, chi mi ha fatto ridere?".

Quel Natale a Napoli e l'incontro con Ciro

Il Natale più importante della sua vita resta quello dei suoi diciotto anni, vissuto a Napoli in un momento di grande difficoltà: "Volevo fare l’attore, ma lavoravo pochissimo. Era Natale, non avevo neanche i soldi per una pensione. Non sapevo dove dormire". Decide di avviarsi verso la stazione, ma lì accade qualcosa che segnerà per sempre il suo cammino: «Un uomo mi guarda e mi dice: "Ma tu la tieni una casa?". Io rispondo di no. Lui fa due passi, poi torna indietro e mi dice: "Vabbè, vieni a casa". Una casa povera, affollata di bambini, ma piena di umanità: "Mi hanno fatto mangiare, bere, mi hanno fatto sentire uno di famiglia. Io ho sempre pensato che quell’uomo, Ciro, fosse un santo". Anni dopo, ormai diventato famoso, Banfi proverà a ritrovarlo per ringraziarlo: "Volevo fargli un grande regalo. Ma mi dissero che Ciro non era mai esistito".La risposta arriverà da un cardinale, suo amico: "Mi disse: 'Lino, Ciro non esiste. Era un angelo che ti ha voluto salvare'".

Il lavoro e l'amore per la moglie Lucia

Il racconto si sposta poi sul lavoro, sul cinema, sui set che hanno segnato un’epoca. Alla domanda sulla trasgressione, Banfi risponde con la sua consueta ironia: "Sono successe tante cose, ma sempre con il garbo e con la furbizia. Se avessi fatto il folle, qualcuno mi avrebbe detto: ma che sei scemo?". Ricorda un episodio vissuto sul set di uno dei suoi primi film, accanto a Edwige Fenech: "Il regista mi diceva di stringerla un po’ di più per il ciak. Io l’ho fatto con una tenerezza tale che lei mi ha detto: 'Ma amore, stiamo girando, è normale'". E sorride: "Quella è stata la mia trasgressione". Poi, con tono più confidenziale, Banfi fa una confessione che non aveva mai raccontato prima: "Non ero un santo. Ma se anche solo pensavo a qualche trasgressione, per arrivare fino in fondo dovevo pensare all’intimità che avevo con Lucia". Una riflessione che diventa una dichiarazione d’amore: "La mia furbizia è stata questa: ma a me chi me lo fare di tutti questi giri, se poi alla fine devo pensare a te?". E conclude con una frase che racchiude un'intera vita condivisa: "Tanto vale farlo male insieme, ma farlo noi".

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