"Commemorare l’inizio della prima guerra mondiale non può limitarsi a un dovuto omaggio a tanti uomini e donne che caddero vittime di un’inaudita violenza, ma offre l’occasione di riflettere sul dono meraviglioso della pace, un bene che si apprezza soprattutto quando viene a mancare". E' quanto sottolinea il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, intervenendo al convegno 'Inutile strage: i cattolici e la Santa Sede nella prima guerra mondiale', organizzato a Roma dal Pontificio Comitato di Scienze Storiche.
Parolin ricorda che "si contava su una guerra breve e fu una interminabile catastrofe. Si immaginava una guerra di movimento e fu una guerra di posizione e di logoramento. Un sentimento diffuso di esaltato ed eccessivo ottimismo dava per scontata, nei vari campi, la vittoria e il conflitto mobilitò 65 milioni di soldati, cancellato tre imperi, fece 20 milioni di morti, civili e militari, e 21 milioni di feriti".
Il porporato a capo della diplomazia vaticana osserva che "la Santa Sede seguiva una via che non è quella della mera neutralità, bensì quella della perfetta imparzialità, nell’esortare 'popoli e governi belligeranti a tornare fratelli', secondo la parole di papa Benedetto XV. Mentre la neutralità di uno Stato implica una certa estraneità se non indifferenza rispetto alla sostanza di un conflitto tra terzi e agli interessi dei belligeranti - spiega Parolin - l’imparzialità contiene in sé un agire ispirato a una rivendicata equità e orientato verso un bene superiore". (segue)