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Caso Garofalo, la Cassazione conferma i quattro ergastoli

La testimone di giustizia fu torturata e uccisa vicino a Monza il 24 novembre 2009. Definitiva inoltre la condanna a 25 anni di reclusione per Carmine Venturino. Boldrini incontra la figlia Denise: "Un emblema di coraggio"

Lea Garofalo
Lea Garofalo
18 dicembre 2014 | 20.11
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La Cassazione ha reso definitive le condanne inflitte in appello per l’omicidio di Lea Garofalo, l’ex compagna di un boss della ‘ndrangheta, che fu torturata e uccisa vicino a Monza il 24 novembre 2009. In particolare, la Prima sezione penale, convalidando la decisione della Corte d'assise d'appello di Milano del maggio 2013, ha confermato i quattro ergastoli inflitti a Carlo Cosco, ex compagno della Garofalo, a Vito Cosco, a Rosario Curcio e a Massimo Sabatino. Definitiva inoltre, la condanna a 25 anni di reclusione per Carmine Venturino.

Lea Garofalo nel 2002 entrò in un programma di protezione per i testimoni che collaborano con la giustizia, fornendo informazioni su omicidi di mafia avvenuti negli anni ’90. L’agguato nei confronti della Garofalo fu organizzato dall’ex marito Carlo Cosco. Il corpo della donna venne bruciato e i resti furono trovati solo nel 2012.

La presidente della Camera Laura Boldrini sul suo profilo Facebook ha scritto di aver riabbracciato questa mattina Denise Cosco, figlia di Lea Garofalo, venuta a Roma per ascoltare la sentenza. "'Oggi per me spero si chiuda un ciclo della vita e se ne apra un altro' mi ha detto questa giovane donna che ha avuto il coraggio di denunciare gli assassini della madre: Carlo Cosco, suo padre, lo zio Vito e l’ex fidanzato Carmine Venturino", ha riferito Boldrini.

"La torturarono, uccisero e ne bruciarono il corpo perché non le avevano perdonato la scelta di raccontare alla magistratura le faide di ‘ndrangheta della sua terra - ha ricordato Boldrini -. Di fronte a questo orrore, Denise ha tenacemente continuato il percorso intrapreso dalla madre, diventando a sua volta testimone di giustizia e affrontando tutte le tappe del processo con il sostegno di don Luigi Ciotti e di Libera". A 23 anni, ha scritto infine, "Denise è già un emblema di coraggio e determinazione contro la sopraffazione mafiosa e di genere. Una violenza che, come dimostra questa sentenza, si può combattere e vincere".

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