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Papa ai terremotati: "Non c'è posto per l'ottimismo ma per la speranza"

(Afp) - AFP
(Afp) - AFP
05 gennaio 2017 | 12.21
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"Qui non c'è posto per l'ottimismo, ma c'è posto per la speranza!". Papa Francesco si rivolge così ai terremotati di Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo, ricevuti in udienza in Vaticano nell'Aula Paolo VI assieme ai loro vescovi, parroci e sindaci. "L'ottimismo - spiega - serve ad andare avanti per il momento ma non ha sostanza, come invece ha la speranza".

Il Pontefice parla 'a braccio', non ha preparato alcun discorso perché "nella vostra situazione, il peggio che si può fare è fare un sermone. Preferisco prendere le vostre parole e farle mie, le parole che escono dal vostro cuore", come quelle del terremotato di Amatrice e del parroco della diocesi di Norcia, che sono intervenuti prima di lui.

"Sono orgoglioso dei parroci - esclama Francesco - che non hanno lasciato la loro terra, pastori che non hanno abbandonato il loro gregge e che non sono fuggiti davanti al lupo. Vi sono vicino - assicura il Papa - e vi ringrazio per essere venuti qui in Vaticano".

La via indicata da Papa Francesco è "ricostruire i cuori, ancor prima delle case; ricostruire il tessuto sociale e umano". Bergoglio esorta a "ricominciare, senza lasciarsi amareggiare dalle ferite che ci sono nei vostri cuori" e incoraggia: "Per ricostruire ci vogliono il cuore e le mani: le mani di tutti, le mani di Dio che guariscono, le mani di tanta gente come quelle dei vigili del fuoco e dei volontari che hanno aiutato tanta altra gente a uscire dalle macerie. Ricostruire e restare, per non ferire ancora di più la propria terra, nonostante si siano persi i figli, i genitori, le case. Nei momenti di dolore, si fanno miracoli, ci si riconcilia, si lasciano da parte le divisioni e ci si ritrova tutti insieme".

Così, "anche il pianto fa bene, ma piangere insieme fa meglio che piangere da soli. Le ferite guariscono, anche se le cicatrici resteranno per tutta la vita - sottolinea il Papa - Sarà una vita con una cicatrice in più: ci si è salvati la vita ma non sarà più una vita come quella di prima. E allora, vicinanza è il nocciolo che ci fa più coraggiosi e più umani". Quindi, l'esortazione finale ai terremotati a "ricominciare, senza perdere la capacità di sognare, sognare di riprendersi".

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