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M5S, caso firme false a Palermo: pressing direttivo su Nuti e Mannino

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23 novembre 2016 | 10.20
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Ci sono anche i deputati nazionali palermitani Riccardo Nuti e Claudia Mannino tra i dieci indagati della Procura di Palermo nell'ambito dell'inchiesta sulle firme false del M5S alle amministrative di Palermo del 2012.

Nuti e Mannino, che saranno interrogati nei prossimi giorni dal Procuratore aggiunto Dino Petralia e dal pm Claudia Ferrari, si aggiungono ai deputati regionali Claudia La Rocca e Giorgio Ciaccio, che si sono già autosospesi nei giorni scorsi, e alla collaboratrice del gruppo parlamentare M5S all'Ars, Samanta Busalacchi, candidata a sindaco di Palermo per il 2017 nelle comunarie ancora bloccate. Come apprende l'Adnkronos, Busalacchi è stata allontanata dall'Assemblea regionale siciliana, dove lavorava dall'inizio della legislatura, perché i deputati "non ritengono opportuno, al momento, che Busalacchi lavori al gruppo", come si apprende da fonti vicine al M5S.

Mentre sarebbe in corso un braccio di ferro tra Riccardo Nuti e Claudia Mannino, e i vertici del Movimento che da tempo chiedono un'autosospensione degli interessati. A chi ha parlato con i due in queste ore, a partire dai membri del direttivo del gruppo Camera chiamati a mediare, Mannino e Nuti avrebbero risposto che attendono di ricevere l'avviso di garanzia prima di prendere qualsiasi decisione in tal senso.

Ma il loro comportamento è letto come un voler temporeggiare e ha finito per acuire il livello di scontro. Se Mannino e Nuti non si autosospenderanno nei prossimi giorni, viene spiegato, i probiviri saranno subito investiti della questione, e c'è chi giura che nella rosa dei nomi pronta alla Casaleggio associati ci sarebbero dei 'durissimi' del Movimento.

Intanto è stata depositata questa mattina in Procura a Palermo l'informativa della Digos sugli accertamenti svolti in questo mese in cui sono state ascoltate oltre 400 persone per riconoscere le firme depositate dai grillini per partecipare alle comunali di quattro anni fa. Ma centinaia hanno fatto mettere a verbale che le firme depositate non fossero loro.

Addirittura, in alcuni casi, come quello del genero di Paolo Borsellino, Fabio Trizzino, è stato messo a verbale di non avere mai firmato per le amministrative ma per il referendum sull'acqua pubblica.

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