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Agricoltura: nei Paesi in via di sviluppo subisce 22% danni da calamità naturali

17 marzo 2015 | 09.31
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Il conto è salato: 70 miliardi di dollari in 10 anni. Lo rileva uno studio della Fao pubblicato in occasione della Conferenza mondiale delle Nazioni Unite per la riduzione del rischio di catastrofi

(Infophoto)
(Infophoto)

Siccità, inondazioni, tempeste o tsunami. Nei Paesi in via di sviluppo quasi un quarto dei danni dovuti alle calamità naturali, per l'esattezza il 22%, riguarda il settore agricolo, costretto a pagare un conto salato: 70 miliardi di dollari, in soli 10 anni, tra danni a colture e bestiame. Eppure, solo il 4,5% degli aiuti umanitari “post-disastro” va all'agricoltura.

L'Asia è stata la regione più colpita, con perdite stimate che arrivano fino a 28 miliardi di dollari, seguita dall'Africa con danni per 26 miliardi di dollari. Questi i primi risultati del nuovo studio della Fao, pubblicato oggi in occasione della Conferenza mondiale delle Nazioni Unite per la riduzione del rischio di catastrofi, analisi che ha preso coinvolto 48 Paesi nel periodo 2003-2013.

Per l'occasione, l'Organizzazione ha anche annunciato il lancio di una speciale struttura volta ad aiutare i Paesi a tutelare al meglio la produzione alimentare e ridurre l'esposizione al rischio, limitare gli impatti ed essere preparati ad affrontare le calamità. Danni e perdite, infatti, colpiscono spesso le fasce di popolazione più povere delle comunità rurali e semi-rurali, privi di assicurazione e di risorse finanziarie necessarie per riprendersi dalle perdite.

L'agricoltura è dunque “un settore a rischio” che però rappresenta “la principale fonte di sostentamento di tutto il pianeta”, dichiara José Graziano da Silva, direttore generale della Fao, ed è per questo che migliorare la risposta alle calamità naturali è un tema prioritario. “Le ricerche hanno dimostrato che per ogni dollaro speso per la riduzione del rischio dovuto alle catastrofi, c'è un ritorno da due a quattro dollari in termini di danni evitati o diminuiti”, sottolinea.

In tutto il mondo, la sopravvivenza di 2,5 miliardi di persone dipende dall'agricoltura, settore che rappresenta il 30% del Pil nazionale in Paesi come Burkina Faso, Burundi, Repubblica Centrafricana, Ciad, Etiopia, Kenya, Mali, Mozambico, Niger.

I piccoli agricoltori, pastori, pescatori e le comunità che dipendono dalla foresta generano più della metà della produzione agricola mondiale e sono particolarmente vulnerabili a fronte di eventi che distruggono o danneggiano raccolti, attrezzature, bestiame, sementi.

A seguito delle calamità naturali, tra 2003 e 2013, i Paesi intervistati per lo studio della Fao hanno registrato un aumento delle importazioni agricole pari a 18,9 miliardi dollari e una diminuzione, sempre in agricoltura, delle esportazioni pari a 14,9 miliardi dollari.

In caso di siccità, l'agricoltura "assorbe" fino all'84% di tutti gli impatti economici. Ma tra i disastri naturali più temuti ci sono le inondazioni (responsabili del 60% dei danni alle colture) e i temporali (23%). Dopo l'agricoltura, è l'allevamento il sotto settore più colpito (36% di tutti i danni e le perdite, per un totale di 11 miliardi di dollari nel periodo 2003-2013).

Segue la pesca (1,7 miliardi dollari, o 6% di tutti i danni a carico del settore agricolo): qui la parte del leone l'hanno giocata gli tsunami (70%), in genere eventi rari. Uragani e tifoni rappresentano circa il 16% dell'impatto economico sulla pesca, seguiti dalle inondazioni (10%). Infine, il settore forestale ha subito 737 milioni di dollari di danni e perdite, il 2,4% del totale per il settore agricolo.

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