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David Rossi, relazione Commissione: "Se soccorso prima, poteva salvarsi"

"Non c'è piena compatibilità delle lesioni con il suicidio"

David Rossi, relazione Commissione:
15 settembre 2022 | 18.13
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"Può presumersi che David Rossi – qualora fosse stato tempestivamente soccorso durante i primi momenti di una agonia durata ben 20 minuti – sarebbe potuto rimanere in vita". E' quanto si sottolinea nella relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di David Rossi, l'ex capo area comunicazione di banca Mps deceduto a Siena il 6 marzo 2013.

Riguardo ai "dati oggettivamente emersi dall’attento e puntuale studio disposto dalla Commissione, occorre ricordare che – come era peraltro facilmente desumibile dalla mera visione del filmato della telecamera esterna di sicurezza numero 6 e, segnatamente, dalle immagini che riprendono i lenti movimenti compiuti dal Rossi negli ultimi minuti di vita – i periti hanno anche posto in evidenza che una tempestiva azione di soccorso avrebbe potuto evitare la morte del precipitato", si legge. "In altri termini, può presumersi che David Rossi – qualora fosse stato tempestivamente soccorso durante i primi momenti di una agonia durata ben 20 minuti – sarebbe potuto rimanere in vita".

La questione delle lesioni, ritenute incompatibili con la caduta dalla finestra, viene affrontata nella relazione.

La Commissione ricorda che "il collegio estremamente qualificato ha confermato che la causa di natura medico-legale della morte di David Rossi deve essere individuata nei politraumatismi e nelle lesioni scheletrico-fratturative e viscerali, diretta conseguenza della precipitazione e dell’impatto al suolo del corpo". I periti medici legali della Commissione hanno rilevato però che "non tutte le lesioni riscontrate sul corpo di David Rossi sono riconducibili alla precipitazione e all’impatto al suolo".

"In particolare - ricorda la Commissione - ciò vale per l’ecchimosi sottostante la superficie volare del braccio destro e per il complesso ecchimotico situato sulla faccia volare dell'avambraccio di destra". "Sulla scorta delle affermazioni peritali, la Commissione ritiene dunque che non possa condividersi il giudizio espresso dal medico-legale professor Gabbrielli in occasione della prima indagine del 2013, in cui il cattedratico sostiene che la compatibilità delle lesioni refertate con un gesto suicidario possa definirsi come 'piena'", si osserva nella relazione.

"Al contempo, la Commissione intende rimarcare che non sono emersi elementi di natura medico-legale per poter ricondurre in modo certo l’origine delle lesioni al volto alla fase preparatoria della precipitazione, come invece prospettato dal tenente colonnello Zavattaro, consulente del pubblico ministero di Siena nella seconda indagine del 2016, secondo il quale tali lesioni possono essere state originate dallo sfregamento del viso di David Rossi contro il nottolino superiore della finestra da dove egli è precipitato - si osserva nella relazione - A dire il vero, posto che non vi sono neanche elementi per escludere che ciò sia realmente avvenuto, deve rappresentarsi la difficoltà di immaginare che (in mancanza dell’azione violenta di terzi, che spingano da tergo il capo di un’altra persona contro il serramento dell’infisso) un soggetto si possa involontariamente procurare una simile lesione nel mentre scavalca la sbarra di protezione ed appena prima di calarsi verso di essa, con cautela, nell’intento di utilizzarla come sostegno cui aggrapparsi con le braccia, dall’esterno".

"Tipologia ed entità di quanto refertato sul volto di Rossi inducono peraltro a dubitare che un soggetto intenzionato a lanciarsi nel vuoto, immediatamente dopo essersi procurato ferite ed ecchimosi al volto tanto significative nel mentre ancora non si è sporto fuori dalla finestra, nonostante il dolore sofferto, ne resti totalmente insensibile, proseguendo incurante nel suo proposito di realizzare un’azione auto-soppressiva", prosegue la Commissione.

"Va, dunque, rilevato che gli accertamenti disposti dalla Commissione hanno dato definitiva conferma che le lesività cui si è fatto cenno sopra, se da un lato non possono essere utilizzate per imputare la precipitazione all’azione violenta di terze persone, dall’altro costituiscono elemento non compatibile con la precipitazione", conclude spiegando che quel tipo di ferite deve considerarsi preesistente alla caduta ma "successivo all’incontro avuto da Rossi" con una collega "il pomeriggio del 6 marzo 2022, alle ore 17.40 circa, la quale dopo averlo incontrato avrebbe senz’altro ricordato l’eventuale presenza di segni e ferite sul suo volto".

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