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Vaticano, scandalo finanziario: Becciu a giudizio anche per subornazione di testimone

E' quanto emerge dalla sesta udienza del procedimento che si è tenuta oggi

25 gennaio 2022 | 18.10
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Il cardinale Angelo Becciu è stato rinviato a giudizio nel processo in corso in Vaticano anche per subordinazione, accusa che era stata inizialmente stralciata. E' quanto emerge dalla sesta udienza del procedimento che si è tenuta oggi, assenti tutti gli imputati, compreso Becciu, che fino a oggi era intervenuto a tutte le udienze. "L'accusa non ci preoccupa - ha detto all'Adnkronos l'avvocato Fabio Viglione, che difende il cardinale - ne ribadiamo l'infondatezza e lo dimostreremo in aula nel merito".

RINVII A GIUDIZIO - Il promotore di Giustizia vaticano ha depositato oggi, prima dell'inizio della sesta udienza del processo per lo scandalo finanziario, le richieste di rinvio a giudizio relative alle posizioni rimaste sospese, quelle dei quattro imputati stralciati dal filone principale, il finanziere Raffaele Mincione, Fabrizio Tirabassi, ex funzionario dell'ufficio amministrativo della Segreteria di Stato, l'avvocato Nicola Squilla e mons. Mauro Carlino, ex segretario del cardinale Angelo Becciu.

Il presidente del Tribunale Vaticano Giuseppe Pignatone ha firmato il decreto di citazione per i quattro (le citazioni sono già state notificate) e ha fissato un nuovo rinvio alla data del 18 febbraio, quando, ha detto, "riuniremo i due tronconi del processo". Ritorna anche l'accusa di subornazione di testimone per il cardinale Angelo Becciu, caduta nella prima fase, mentre l'ex direttore dell'Aif, Tommaso Di Ruzza, viene archiviata l'accusa di peculato.

Proprio per questo contrattempo dei depositi l'udienza, che doveva cominciare alle 12, è iniziata con oltre due ore di ritardo, circostanza per cui Pignatone si è anche scusato con gli intervenuti. Tutti assenti gli imputati, compreso il cardinale Angelo Becciu. Il promotore di Giustizia ha anche depositato 7 faldoni di nuovi accertamenti per i 4 nuovi rinviati a giudizio.

LETTERA BECCIU AL TRIBUNALE - Becciu, in una lettera inviata al tribunale, si è voluto giustificare per la sua assenza, spiegando di non voler ascoltare questioni relative ad alcuni passaggi dell'interrogatorio di Perlasca che sarebbero stati oggetto di eccezioni della difesa perché contenevano "pesanti insinuazioni e falsità": l'ex sostituto vaticano ha messo nero su bianco la sua "indignazione" per quanto emerso di "inaccettabile" in interrogatori a suo avviso lesivi della sua dignità sacerdotale e offensivi per l'intero collegio cardinalizio del quale è membro.

PER DIFESE PROCESSO NULLO 'MANCANO ANCORA ATTI', PROMOTORE GIUSTIZIA FARÀ VERIFICA - Il legale di Becciu, l'avvocato Fabio Viglione, ha rinnovato la richiesta di nullità "radicale e assoluta" del rinvio a giudizio per omesso deposito degli atti e dei documenti informatici richiesti dalla difesa, deposito che era già stato autorizzato precedentemente dal presidente del Tribunale Vaticano Giuseppe Pignatone. Il materiale copiato e conferito è incompleto, ha detto Viglione, che ha poi riportato le conclusioni del consulente tecnico di parte, secondo cui, dei 255 supporti informatici sequestrati, 239 non sono stati rilasciati in copia e nessuna delle copie può essere considerata come copia forense.

In sostanza, ha spiegato, si tratta di atti conferiti in una forma 'selezionata' e secondo criteri di selezione che non si conoscono. L'avvocato ha portato ad esempio il caso del supertestimone, mons. Alberto Perlasca: dei 31 dispositivi informatici che gli sono stati sequestrati, ha detto, alla difesa sono state rilasciate solo alcune conversazioni contenute in uno dei telefoni cellulari e una scelta parziale dei contenuti di un account email. "Questo ci impedisce di operare una verifica, e in più non c'è un verbale".

L'altro avvocato di Becciu, Maria Concetta Marzo, ha richiamato l'interrogatorio di Perlasca del 23 novembre 2020 in cui si fa riferimento all'esplorazione di un sospettato rapporto intimo tra Becciu e la manager cagliaritana Cecilia Marogna, a cui il cardinale diede un incarico relativo ad alcune attività di intelligence e alla situazione di alcuni religiosi rapiti.

In un passaggio, ha spiegato Marzo, si sente il promotore chiedere a Perlasca dei rapporti tra i due e la risposta di Perlasca è che lui non ne sa nulla, "neanche una parola". A quel punto, ha riferito l'avvocato, il promotore cita Crozza chiedendo a Perlasca come mai Becciu avesse querelato l'Espresso e non Crozza che pure era stato pesantissimo, e sarebbe stato "da massacrarlo". Una domanda vietata dal codice vaticano, ha spiegato l'avvocato, eccependo che la trascrizione è nulla perché viziata, visto che le voci correnti nel pubblico non possono entrare nel processo, così come i riferimenti alla moralità dei testimoni. Eccepita la nullità per gli stessi motivi anche dell'interrogatorio del 15 marzo 2021 in cui si faceva riferimento alla questione dei religiosi rapiti: il promotore - ha spiegato l'avvocato - ha richiamato la provenienza del cardinale dalla Barbagia, terra di rapimenti.

L'avvocato di Enrico Crasso, Luigi Panella, si è associato a queste due richieste di nullità e ha eccepito la radicale nullità del procedimento per mancato deposito degli atti, chiesti la prima volta il 27 luglio, ha detto, e che al 25 gennaio ancora mancano. Anche l'avvocato Ruggio, difensore di Cecilia Marogna, si è associato alla richiesta di nullità del procedimento.

IL PROMOTORE DIDDI: "SIAMO TRANQUILLI SU COME ABBIAMO OPERATO" - Dal canto suo, il promotore di giustizia Alessandro Diddi ha spiegato: "Siamo tranquilli su come abbiamo operato, mentre sui profili tecnici eccepiti non capisco cosa non sia stato dato. Non so cosa manca, le copie le ha fatte la polizia giudiziaria". Il presidente Pignatone ha dato perciò un termine di alcuni giorni (fino a lunedì prossimo) al promotore per verificare quali siano le parti mancanti negli atti, eventualmente anche con il consulente della difesa. Quanto agli omissis nei verbali, Diddi ha spiegato: "Abbiamo cercato di rappresentare tutto quello che è stato dichiarato tutelando al contempo la moralità dell'assistito, e dunque espungendo quello che poteva lederne la reputazione", sottolineando che di quello che le difese ritengono non sia stato verbalizzato niente a suo avviso doveva essere trascritto.

Pignatone ha quindi rinviato l'udienza al 18 febbraio alle 9.30.

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