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Climate change, settembre di proteste in tutto il Mondo

Centinaia di manifestazioni a tutela dell’ambiente in 54 Paesi, mentre cresce il filone della giustizia climatica

Giovani manifestanti per il clima - Canva
Giovani manifestanti per il clima - Canva
02 ottobre 2023 | 17.51
LETTURA: 6 minuti

I manifestanti per il clima sono tornati a farsi sentire con centinaia di proteste in ben 54 Paesi. Da metà settembre si sono susseguite una serie di manifestazioni a tutela dell’ambiente e contro le istituzioni politiche e bancarie, ree di sottovalutare la crisi climatica.

Il 17 settembre scorso, i manifestanti hanno organizzato a New York una marcia per chiedere lo stop all’uso combustibili fossili proprio durante l’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Il 15% dei manifestanti partecipava per la prima volta a una manifestazione e il corteo era composto in maggioranza da donne, come ha spiegato la sociologa dell'American University Dana Fisher, che studia i movimenti ambientalisti e ha intervistato alcuni partecipanti che si sono definiti “tristi e arrabbiati” per come le istituzioni stanno gestendo la crisi climatica.

Le proteste sono proseguite il 18 settembre, quando oltre 100 manifestanti sono stati arrestati davanti alla Federal Reserve Bank di New York, dopo aver chiesto a gran voce alle banche centrali e alle autorità di regolamentazione finanziaria di inasprire le norme sugli investimenti nei combustibili fossili. Eren Ileri, sostenitore delle politiche di Stop the Money Pipeline, ha affermato che le azioni della Fed non riflettono l'urgenza della crisi climatica: “Abbiamo cinque anni per porre fine all'industria dei combustibili fossili. Stiamo davvero parlando di un enorme cambiamento nella capacità di sopravvivenza della nostra civiltà nei prossimi 10 anni. Non vedo un attore migliore dei regolatori finanziari per fare ciò che è necessario”.

La protesta, organizzata da Climate Defenders, New York Communities for Change (Nycc), Oil and Gas Action Network e Planet over Profit, ricalca quanto successo a Malmö, in Svezia, dove Greta Thunberg e altri attivisti del gruppo Reclaim the Future hanno bloccato la strada per i camion che trasportano petrolio nel porto della città prima di essere allontanati con la forza dalla polizia. La stessa città portuale, a luglio, era stata lo scenario di un’altra protesta del gruppo Reclaim the Future che è costato un nuovo processo a Greta, accusata di aver opposto resistenza all’arresto. E le proteste sono proseguite in altri Stati.

All'Aia è servita la forza di un cannone ad acqua per spegnere le proteste dei militanti di Extinction Rebellion, che hanno bloccato una strada ad alta circolazione, come fatto a Milano negli stessi giorni.

A Vienna gli organizzatori del 14esimo sciopero climatico del collettivo Fridays for Future hanno dichiarato di aver coinvolto 20.000 partecipanti nella marcia del 15 settembre dove i manifestanti hanno alzato al cielo cartelli con la richiesta di aumentare le tasse sulle emissioni di CO2 e la fine del consumo di carne, tra le cause principali del climate change. A Roma le proteste sono state piuttosto flebili nel numero ma non nelle intenzioni dei pochi partecipanti che, riuniti sotto il Colosseo, hanno chiesto alla politica di intervenire seriamente a tutela del pianeta e delle persone.

“Vogliamo chiedere al governo italiano e ai leader internazionali di fermare tutti i nuovi investimenti nei combustibili fossili, che sono la prima causa del cambiamento climatico. Quest'estate l'Italia è stata divisa in due, tra incendi devastanti e terribili alluvioni”, ha detto Alessio Petronelli, portavoce dell'associazione italiana Rinascimento Green.

Il 17 settembre, centinaia di attivisti per il clima hanno marciato anche nella capitale scozzese di Edimburgo e a Berlino, dove i manifestanti hanno spruzzato vernice arancione e gialla sulle colonne della Porta di Brandeburgo. Azioni e proteste che dividono l’opinione pubblica tra favorevoli e contrari, e che nel mese di settembre sono state il frutto di un piano coordinato a livello internazionale.

“In tutto il mondo migliaia di persone stanno tornando nelle strade per chiedere di fermare quello che ci sta uccidendo. Dobbiamo pensare a chi vivrà sul nostro pianeta tra trenta, quaranta, cinquant’anni. E non sono contemplate risposte negative”, ha detto la deputata democratica Alexandria Ocasio-Cortez durante la manifestazione di New York.

La giustizia climatica si combatte anche nei tribunali

Le proteste in strada, però, non sono l’unico strumento utilizzato dai manifestanti che si affidano sempre di più ai tribunali.

Il primo grande successo è rappresentato dalla causa Held v. Montana, proposto da 16 giovani ragazze e ragazzi contro lo Stato del Montana (Usa). Tra gli agenti, anche un bambino di 5 anni che fatica a respirare perché il fumo degli incendi ha aggravato il suo asma. Il 14 agosto 2023 la giudice Kathy Seeley ha stabilito che non valutare l’impatto ambientale dei progetti minerari e di combustibili fossili “viola il diritto a un ambiente pulito e salubre”, garantito dalla Costituzione del Montana.

In particolare, il tribunale ha dichiarato incostituzionali due recenti leggi che avrebbero impedito alle agenzie statali di valutare gli effetti climatici di progetti sui combustibili fossili. “Nonostante gli imputati sapevano che i giovani querelanti vivono in condizioni climatiche pericolose che creano un rischio irragionevole di danni, continuano ad agire in modo attivo per aggravare la crisi climatica”, si legge ancora nella sentenza.

Dopo il successo ottenuto dai giovani negli Usa, sei ragazzi portoghesi, tra gli 11 e i 24 anni, hanno citato in giudizio 32 Paesi (i 27 Stati membri dell'Unione europea più il Regno Unito, la Norvegia, la Russia, la Svizzera e la Turchia), avanzando una causa di giustizia climatica davanti alla Corte europea dei diritti umani. Nella corte di Strasburgo i sei giovani attivisti sosterranno che le politiche per affrontare il riscaldamento globale adottate da questi Paesi sono inadeguate e in violazione dei loro obblighi in materia di diritti umani.

Entrambe le cause sono emblema di una tendenza che va via affermandosi. Dal 2017 al 2022 il numero totale di cause sui cambiamenti climatici è più che raddoppiato passando dalle 884 cause individuate nel 2017 alle 2.180 raggiunte nel 2022. Lo rivela il rapporto Global Climate Litigation Report: 2023 Status Review pubblicato da Unep (il programma della Nazioni Unite per l’ambiente) dal Sabin Center for Climate Change Law della Columbia University.

In tal senso, anche le istituzioni stanno facendo dei passi verso i giovani. La nuova Direttiva sulla qualità dell’aria approvata dal Parlamento Ue, infatti, chiede di intervenire in maniera decisa e trasparente per tutelare la salute dei cittadini europei anche per vie legali. Per questo, gli europarlamentari propongono un diritto rafforzato al risarcimento in caso di violazione delle nuove norme sul clima.

Nello specifico, secondo il testo approvato dal Parlamento europeo, “gli Stati membri provvedono affinché le persone fisiche la cui salute subisce un danno a causa di una violazione della presente direttiva […] a causa di un’omissione, di una decisione, di un atto o del ritardo di una decisione o di un atto da parte delle autorità competenti abbiano diritto a un risarcimento a norma del presente articolo”.

Il testo prevede, inoltre, che gli Stati debbano autorizzare le organizzazioni non governative che promuovono la protezione della salute umana o dell'ambiente a rappresentare le persone fisiche e a intentare azioni collettive per ottenere un risarcimento. È chiaro come l’impegno delle istituzioni sia concreto e punti a fornire una tutela quanto più concreta ai cittadini danneggiati dall’inquinamento ambientale.

Secondo la nuova Direttiva sulla qualità dell’aria approvata dal Pe il diritto al risarcimento rafforzato si deve basare anche sulla presunzione di causalità: “Se una domanda di risarcimento è sostenuta da elementi di prova, compresi dati scientifici pertinenti, da cui si può presumere che la violazione di cui al paragrafo 1 abbia causato il danno subito da tale persona o abbia contribuito al suo verificarsi, si presume il nesso causale tra la violazione e il verificarsi del danno”, scrivono gli eurodeputati.

La climate litigation può rappresentare un ponte costruttivo tra le istituzioni e le nuove generazioni, che accolgono di buon grado l’idea di poter collaborare con i tribunali per promuovere la giustizia climatica. Una buona notizia, perché il contrasto al cambiamento climatico è una lotta che ha bisogno di tutti.

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