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Teatro: Eva Grimaldi e Andrea Roncato genitori in 'Il marito di mio figlio'

Andrea Roncato ed Eva Grimaldi
Andrea Roncato ed Eva Grimaldi
06 novembre 2015 | 13.17
LETTURA: 4 minuti

Al teatro Ambra alla Garbatella di Roma andrà in scena, martedì prossimo, la prima di 'Il marito di mio figlio' scritto e diretto da Daniele Falleri e prodotto da 'Cristian Di Nardo Presenta'. Lo spettacolo è una moderna commedia degli equivoci che affronta con ironia un tabù sulla cresta dell’onda in tutto il mondo: il matrimonio gay. Una storia dai toni brillanti, a tratti comici, che si nutre della psicologia dei personaggi e si addentra con disinvolta leggerezza nei loro intrecci familiari. L’autore si diverte a mettere in scena tutti i più diffusi pregiudizi sui gay, giocando argutamente con i vari cliché per poi demolirli implacabilmente ad uno ad uno. Il cast è composto da Eva Grimaldi, Andrea Ronacato, Pietro De Silva, Ludovico Fremont, Pia Engleberth, Roberta Garzia e Andrea Standardi, in uno spettacolo che diverte e allo stesso tempo commuove il pubblico.

Giorgino e Michele (alias George & Michael) stanno per sposarsi. Presi all’ultimo momento da uno scrupolo di coscienza, decidono di affrontare i rispettivi genitori convocandoli nel loro appartamento per comunicargli la notizia. La rivelazione della propria omosessualità crea uno scompiglio che va oltre l’immaginazione dei due futuri sposi. Le nozze saltano, a colpi di sessualità confuse, amanti inaspettati, relazioni segrete e intrecci che non risparmiano neanche i genitori della ormai scoppiata coppia.

"'Il marito di mio figlio' – afferma l’autore Daniele Falleri – non vuole essere un manifesto gay, vuole andare oltre. O più precisamente vuole essere tutto questo ed altro. Mi spiego. La chiave di osservazione della storia esige di non prescindere da una considerazione fondamentale, e cioè che Michael e George ancor prima di essere gay sono due ragazzi che si amano. Non è la loro inclinazione sessuale a fare da protagonista in questa storia, di protagonista se ce n’è uno è l’amore. Il punto di vista si colloca all’esterno della coppia di sposi, chi parla è una mamma o un papà. Questo è ciò che più mi interessa, indagare sull’istituzione famiglia, sull'effetto deflagrante che una notizia inaspettata e sconvolgente ha sull’ipocrisia di facciata del nucleo familiare come metafora della società".

Nella piece, i personaggi sono raccontati per quello che sono senza alcun giudizio e con un incondizionato affetto. Tutti hanno un lato più nobile e uno più meschino. Tutti sbagliano, inciampano, cadono e infine si rialzano. Ognuno è costretto a rimboccarsi le maniche e ad inventarsi il proprio cammino verso un nuovo equilibrio facendosi largo con gli strumenti che ha a disposizione, che siano una mazzetta di soldi o una pinzetta per le ciglia. "Nel raccontare la storia, piena di colpi di scena al limite del paradosso, deve essere tenuto costantemente sott’occhio un elemento fondamentale: la veridicità", aggiunge il regista, la cui asticella di riferimento ci viene fornita inderogabilmente dai due promessi sposi. I costumi sono di Adele Bargilli, le scene di Alessandro Chiti, le musiche di Marco Schiavoni.

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