
Primo caso pediatrico in Toscana, tra i primi nel mondo
È arrivata all'ospedale pediatrico Meyer di Firenze in gravi condizioni, per le conseguenze di una cardiopatia congenita e i medici la hanno salvata grazie all’impianto di un pacemaker bicamerale senza fili. Si tratta del primo caso pediatrico in Toscana, il secondo in Italia e tra i primi cinque nel mondo. La bambina, 11 anni, adesso è tornata a casa in ottime condizioni, dopo una breve degenza e potrà tornare alla sua vita di sempre, senza limitazioni.
Quando è arrivata al Meyer la bambina, alla quale era stato impiantato chirurgicamente un pacemaker epicardico all’età di due anni, aveva necessità urgente di un nuovo impianto a seguito della rottura del catetere ventricolare del primo pacemaker. La bambina presentava un blocco atrioventricolare completo, con una frequenza cardiaca residua molto bassa e sicuramente non compatibile con una vita normale. Vista la giovane età della paziente, la sua aspettativa di crescita, la necessità del suo cuore di essere sempre stimolato e vista la recente introduzione nella pratica clinica dei dispositivi senza fili, rispettosi del fisiologico funzionamento del cuore, si è deciso di procedere con un impianto di pacemaker di questo tipo.
L'intervento, durato circa 2 ore, è stato condotto con approccio mini-invasivo. Gli specialisti elettrofisiologi del Gruppo interaziendale Ape (Aritmologia pediatrica e dell’età evolutiva), coadiuvati dal gruppo degli anestesisti del Meyer guidati dal professor Zaccaria Ricci, hanno impiantato il dispositivo direttamente nelle camere cardiache (uno sul setto interventricolare ed uno in atrio destro). Il cuore è stato raggiunto con accesso venoso percutaneo, senza incisioni cutanee o necessità di confezionare tasche sottocute.
Il pacemaker senza fili ('leadless') impiantato alla bambina è dieci volte più piccolo di quello tradizionale: ha dimensioni minori di una batteria ministilo. Certificato in Europa nel 2024, in Italia sono già stati eseguiti impianti negli adulti, pochissimi nei bambini e mai prima d’ora in Toscana.
Questo nuovo pacemaker è bicamerale (si compone cioè di due pacemaker indipendenti) e “senza fili”: la sua tecnologia non necessita di elettrocateteri, che nel pacemaker tradizionale servono a collegare il generatore di elettricità al muscolo cardiaco per stimolarlo e che costituiscono la” parte debole” del sistema, soprattutto quando impiantati in bambini che hanno ampia prospettiva di crescita.
Uno di questi piccoli dispositivi viene posizionato a livello del setto tra i due ventricoli, sul versante destro mentre l'altro viene posizionato nell'atrio e, tramite un continuo e complesso scambio di informazioni, attraverso un sistema bluetooth (simile a quello comunemente usato nei cellulari) consente la più fisiologica stimolazione del cuore. Quindi, insieme, formano un binomio perfettamente sincronizzato per mantenere il ritmo cardiaco regolare e capace di adattarsi all’attività fisica del paziente. Quello impiantato alla bimba è, inoltre, l’unico pacemaker 'leadless' che può essere rimosso, sempre per via percutanea, allo scadere della batteria dopo diversi anni di funzionamento.
"Questa tecnologia presenta numerosi vantaggi - spiegano la dottoressa Marzia Giaccardi, cardiologa dell'ospedale Santa Maria Annunziata di Firenze, Asl Toscana Centro, responsabile del progetto Ape e il dottor Giulio Porcedda, cardiologo del Meyer che ha condotto l’impianto insieme alla dottoressa - “Tra questi: un design piccolo e discreto, senza cicatrici cutanee o tasche sottocutanee, minore rischio di infezioni e complicanze legate a tasca ed elettrocateteri, il fatto che sia recuperabile e sostituibile, migliorando il percorso terapeutico a lungo termine, la tecnologia di sincronizzazione avanzata (Dr) con comunicazione istantanea tra i due componenti del sistema e l’ottima durata della batteria, fino a 2 volte superiore agli altri dispositivi simili".
L’idea degli specialisti del Meyer è che questo dispositivo ultra innovativo possa trovare proprio nei piccoli pazienti un importante spazio e possa consentire di evitare le complicanze e le difficoltà dei precedenti pacemaker.
"L’intervento realizzato - commenta il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani - evidenzia ancora una volta il livello avanzato dalla nostra sanità pubblica: una sanità a vocazione universalistica su cui vogliamo continuare ad investire, per difenderne il modello e far sì che sia sempre all’avanguardia e che chiediamo anche allo Stato, al Parlamento e al Governo di difendere". "L’impianto installato – aggiunge Giani - mette in luce inoltre un altro aspetto importante: il valore aggiunto che arriva dalle sinergie e collaborazioni, in questo caso tra Meyer ed Asl Toscana Centro".
L’impianto è stato reso possibile grazie alla recente realizzazione di un progetto, al Meyer, che prevede diagnosi e cura delle principali aritmie in campo pediatrico. Questo progetto prevede sia attività clinica ambulatoriale, sia interventistica, in sala di Elettrofisiologia. L’attività ha preso vita da circa un anno, in collaborazione con l’azienda Asl Toscana Centro, su impulso della direzione generale e sanitaria del Meyer.
Il progetto è regolato da una convenzione che vede tra i suoi attori un team interaziendale che prevede per l’azienda Asl Toscana Centro la dottoressa Marzia Giaccardi, responsabile del progetto stesso e la dottoressa Tania Chechi e per il Meyer il professor Jacopo Olivotto, responsabile della Cardiologia Pediatrica e della Transizione del Meyer, assieme al dottor Giulio Porcedda e al dottor Mattia Zampieri.
Nell’ultimo anno, nell’ambito di questo programma, sono state condotte più di 100 procedure interventistiche, soprattutto ablazioni di aritmie ed impianti di defibrillatori e pacemaker, nonché attività ambulatoriali sia per le aritmie tachicardiche che bradicardiche. Tra queste ultime ha preso vita l’ambulatorio della sincope in sinergia con la Neurologia guidata dal professor Renzo Guerrini. Il progetto Ape rappresenta una risposta valida alla popolazione in termini di cura delle aritmie e apre la possibilità per i pazienti pediatrici di riprendere la loro normale vita, compresa quella sportiva, abbandonando quasi sempre terapie farmacologiche mal accettate dei giovani pazienti e spesso non prive da complicanze.