Caso Moro, Mollicone: "Troppi misteri, serve commissione di inchiesta sulla Guerra Fredda"

Caso Moro, Mollicone:
07 novembre 2025 | 19.41
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"A distanza di tanti anni, nonostante i vari processi, le indagini della magistratura e il lavoro di varie Commissioni parlamentari d’inchiesta, permangono sull’intera vicenda una serie di gravi incongruenze, dubbi, ombre e misteri. Grazie all’istruttoria della Commissione Moro 2 - presieduta da Giuseppe Fioroni che non ha potuto essere qui oggi ma che ha inviato la sua relazione - è stato svolto un enorme lavoro ricostruttivo e di approfondimento su alcuni filoni investigativi rimasti sostanzialmente pendenti nel vuoto, nonostante almeno tre inchieste parlamentari. La Commissione Fioroni ha, in buona sostanza, enucleato una serie di temi sui quali – a mio parere – occorre un ulteriore sforzo di indagine e di analisi complessiva". Lo ha detto Federico Mollicone, presidente della Commissione Cultura della Camera, intervenuto al convegno 'L'Affaire Moro e la Guerra Fredda' al Centro Studi Americani. Mollicone ha sostenuto quindi l'opportunità dell’istituzione "di una Commissione d’inchiesta che analizzi tutto il tema della Guerra Fredda in Italia e che ne possa, quindi, scandagliare i momenti salienti".

"Grazie a questo importante lavoro -ha aggiunto Mollicone- risulta ormai evidente l'esistenza di collegamenti internazionali del terrorismo italiano. Tra il 1948 e il 1992, nel periodo storico definito Guerra fredda, l'Italia è stata terreno di scontro tra le grandi potenze globali nonché di singoli Stati o realtà politico-territoriali non allineate, implicate o comunque coinvolte nelle varie dinamiche della guerra a bassa intensità tra Est e Ovest e, in modo particolare, interessate al ruolo strategico peculiare della nostra Nazione in Europa e soprattutto nel bacino del Mediterraneo e alle sue specificità socio-politico-economiche". Nel corso del convegno è stato presentato il catalogo 'Lì troverete una Renault 4 rossa' della mostra degli scatti di Gianni Giansanti esposti alla Camera dei deputati nel 2022. "Il Giorno della Libertà, che ricorre domenica 9 novembre, ci offre la possibilità di riprendere in mano il tema che ha animato quella esposizione: il caso del delitto di Aldo Moro, il ruolo della Guerra Fredda in quel contesto storico e tutti i coni d’ombra e i misteri che avvolgono, ancora oggi, i giorni di prigionia del leader della Democrazia Cristiana. Gianni Giansanti -ha aggiunto Mollicone- ha documentato con i suoi scatti trent’anni di storia nazionale e internazionale e dei suoi protagonisti, toccando tutti i temi della cronaca italiana, dalla strage di Bologna al disastro di Tesero. La sua curiosità di fotografo e la voglia di testimoniare “i momenti veri” - semplicemente scattando secondo un raro istinto giornalistico e una sensibilità personale - rendono ancora oggi le sue fotografie di grande impatto emotivo".

"Spinti da quello stesso spirito di testimonianza, oggi, ci ritroviamo qui per cercare la verità storica e chiedere di ampliare le basi documentali – anche e soprattutto attraverso la desecretazione degli atti – per agevolare eventuali ulteriori sviluppi in sede giudiziaria del caso che, più di tutti, ha segnato in modo indelebile la storia della nostra Repubblica".

"Nella relazione sull'attività svolta dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro (Doc. XXIII, n. 29, della XVII Legislatura), presieduta dal parlamentare del PD Giuseppe Fioroni, si legge: 'Una delle principali acquisizioni è giunta dagli approfondimenti sulla dimensione “mediterranea” della vicenda Moro, con particolare riferimento agli accordi politici e di intelligence che fondavano la politica italiana, in particolare nei riguardi del Medio Oriente, della Libia e della questione israelo-palestinese. Gli approfondimenti sul ruolo dei movimenti palestinesi e del centro Sismi di Beirut hanno consentito di gettare nuova luce sulla vicenda delle trattative per una liberazione di Moro e sul tema dei canali di comunicazione con i brigatisti, ma anche di cogliere i condizionamenti che poterono derivare dalla collocazione internazionale del nostro Paese e dal suo essere crocevia di traffici di armi con il Medio Oriente, spesso tollerati per ragioni geopolitiche e di sicurezza nazionale'. È in questo contesto -ha aggiunto- che si inserisce, oltre al lavoro delle Commissioni d’inchiesta, quello giornalistico. Saluto Gian Paolo Pelizzaro che, lo scorso anno, ha pubblicato una monografia dedicata al tema, frutto di una ricerca archivistica decennale. Ad esempio - e lo cito - 'non si parla mai delle quattro lettere di Moro. Quattro lettere alla direzione nazionale e agli altri che avevano con lui contribuito a delineare l’accordo, ovviamente extra legem, di carattere internazionale. Il primo che pubblicò quelle lettere, fu Mino Pecorelli pubblicandole su Op e poco dopo venne ucciso'. Il lavoro di Pelizzaro, come dirà poi anche lui, non si basa su opinioni personali ma su fatti e documenti d’archivio".

Mollicone ha evidenziato un "aspetto che era già emerso, in particolare, grazie al lavoro svolto dalle Commissioni parlamentari di inchiesta succedutesi nel corso degli anni, quali la Commissione Stragi e la Commissione Mitrokhin, che hanno raccolto una serie di riscontri probatori in tal senso: da un lato, semplici contatti e collaborazione tattica o strategica tra organizzazioni terroristiche di analogo orientamento politico operanti in diversi Stati; da un altro lato, rapporti con apparati di potenze straniere e persino sostegno o vera e propria etero-direzione da parte di essi".

"Le importanti risultanze della Commissione Moro II ci spingono ancora a sostenere, per gli ultimi due anni di legislatura, l’istituzione di una Commissione d’inchiesta che analizzi tutto il tema della Guerra Fredda in Italia e che ne possa, quindi, scandagliare i momenti salienti. Ad esempio – il più eclatante forse - il fatto che Moro non sia stato ucciso a Via Montalcini. È scomparsa da poco la brigatista Braghetti, che ha portato con il se il segreto degli interrogatori al Presidente della Dc e che, secondo le ricostruzioni del caso smentite, però, dagli ultimi aggiornamenti, era la proprietaria dell'immobile in cui sarebbe stato detenuto il leader della Democrazia Cristiana prima di essere ucciso. Come dalle risultanze dei documenti desecretati – e dalle perizie richieste dalla Commissione Moro II - sarebbe stato ucciso a poche centinaia di metri da qui, in Corso Vittorio Emanuele 42, nel box a disposizione dell’appartamento dell’allora del Cile presso la Santa Sede, infiltrato della Stasi. Persino Pecorelli descriveva il covo di Moro come sovrastato da due leoni – corrispondendo al box di Corso Vittorio. Dalla perizia sopracitata, è evidente come la celebre Renault 4 – definita 'macchina parlante' – abbia percorso solo pochi metri".

"E questo è solo un elemento. Nelle Commissioni parlamentari è emerso come il cosiddetto “lodo Moro” sia il cuore di molte vicende storico-giudiziarie: occorre, pertanto, che ne siano finalmente chiariti sia le esatte finalità sia i modi di applicazione e le conseguenze che questo patto extra legem determinò sul piano nazionale e nei rapporti internazionali con l'Alleanza atlantica", ha proseguito Mollicone.

"Nel concludere, quindi, voglio citare un passaggio del libro di Leonardo Sciascia sul tema: 'come il Don Chisciotte - scrisse - l’affaire Moro si svolge irrealmente in una realissima temperie storica e ambientale. Allo stesso modo che don Chisciotte dai libri della cavalleria errante, Moro e la sua vicenda sembrano generati da una certa letteratura. Lasciata, insomma, alla letteratura la verità, la verità sembrò generata dalla letteratura'. Oggi, il nostro dovere istituzionale è riportare la verità - storica e documentata - nel mondo reale. E come scrisse Aldo Moro, 'la verità ha certamente per sé l’avvenire'".

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