Manuel da Rebibbia all'atelier, una sartoria per cambiare vita

Ex detenuto 38enne oggi lavora grazie al progetto "Made in Rebibbia - Ricuciamolo insieme"

Manuel da Rebibbia all'atelier, una sartoria per cambiare vita
11 novembre 2025 | 17.07
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Dalla sezione detentiva del carcere di Rebibbia a un atelier nel centro di Roma: è la storia di Manuel Zumpano, 38 anni, che dopo una condanna a cinque anni ha trovato nella sartoria una nuova possibilità di vita. Tutto è iniziato nel 2018 quando, all’interno dell’istituto penitenziario, è partito il progetto “Made in Rebibbia – Ricuciamolo insieme”, promosso dall’Accademia nazionale dei sartori e sostenuto da Bmw Roma, con l’obiettivo di offrire ai detenuti un percorso di formazione e reinserimento attraverso l’arte del cucito maschile.

Oggi Manuel, che ha scontato la sua pena, lavora come dipendente nell’atelier che porta il nome del maestro Ilario Piscioneri, ideatore del progetto: un percorso di riscatto costruito punto dopo punto, come un abito fatto su misura. Il taglio netto delle forbici, il filo che scorre tra le dita e la stoffa che prende forma. È in una stanza dell’istituto penitenziario romano, tra tavoli da taglio e macchine da cucire, che Manuel ha imparato che ago e filo possono cambiare la vita: “In passato ho commesso degli errori e quindi poi ho dovuto iniziare un percorso per riparare agli sbagli”. Quando sente parlare del corso di sartoria maschile promosso dall’Accademia, decide di iscriversi: “Non si trattava del solito laboratorio come giardiniere o idraulico. Era un progetto particolare perché faceva parte di un mondo che a me piaceva”, afferma.

Dopo settimane di attesa, arriva la chiamata: “Un bel giorno la direttrice del carcere mi ha detto che ero stato preso per questa esperienza. Da lì ho iniziato a conoscere Ilario, che è venuto a presentarci il corso e mi ha trasmesso la sua forte passione”. Manuel non aveva mai cucito prima: “Non avevo neanche mai preso un ago in mano e all’inizio mi sembrava di avere un chiodo tra le dita. Poi, piano piano, abbiamo studiato il mondo della sartoria e tutti i vari passaggi per avere il capo finito. La prima cosa che ci hanno insegnato sono stati i punti e come fare i colli e i petti. Parti che ti servono per prendere manualità con l’ago”. Ma dietro ogni taglio per lui c’era un passo avanti: “Nel carcere si fanno tante iniziative che poi però non hanno seguito fuori. Quando uno sta dentro i corsi sono interessanti, poi però nel momento in cui uno esce viene abbandonato. Questo progetto è stato importante perché c’è stato un progresso”.

Un percorso seguito da vicino anche da Daniele Piscioneri, oggi presidente dell’Accademia dei Sartori e figlio del maestro Ilario: “Con la collaborazione del carcere abbiamo costruito un progetto che ancora oggi continua e che vuole offrire una vera opportunità a chi non ha avuto la fortuna di crescere in un contesto diverso. Tutti possiamo sbagliare, ma non per questo si deve pagare per tutta la vita”, racconta. Con Manuel, spiega Piscioneri, “abbiamo visto fin da subito le capacità manuali e una grande crescita personale. Abbiamo deciso di dargli fiducia e di offrirgli una possibilità concreta di lavoro. All’inizio veniva accompagnato in atelier con sei persone della scorta, poi siamo stati noi ad andare a prenderlo. A un certo punto devi fidarti della persona: se non lo fai, non saprai mai se può cambiare davvero”.

Dopo tre anni di corso e un diploma consegnato dall’allora ministra della Giustizia Marta Cartabia, per Zumpano arriva la possibilità di lavorare in articolo 21, cioè con permessi per attività esterne. “Vivevo una sorta di paradosso: la mattina uscivo, andavo in sartoria a lavorare o in centro a Roma tutto sistemato e poi la sera rientravo in cella”, racconta sorridendo. E quando non era in atelier, Manuel tornava nel laboratorio del carcere, dove era diventato un punto di riferimento: “Nel carcere i vestiti sono diventati una forma di scambio. Chi seguiva il corso da falegname magari ci portava qualcosa che aveva fatto e noi gli facevamo il gilet. Inoltre, le divise hanno generalmente delle misure standard e noi magari le aggiustavamo per i nostri compagni, personalizzandole.”

Per Manuel la sartoria non è solo una professione, ma anche una lezione di vita: “Quello che ho capito del mio percorso è che per via dei miei errori ho sprecato tanto tempo, che non ti ridà indietro nessuno. Con questo progetto ho avuto la possibilità di far conoscere chi sono, oltre agli sbagli che ho fatto”.

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