
Un progetto di valorizzazione restituisce vita al giardino produttivo della Casa del Profumiere, tra archeologia, botanica e collaborazione pubblico-privata
Nel cuore di Pompei è tornato a sbocciare un giardino che racconta molto più di una semplice passione per il verde. Con la messa a dimora di 800 rose antiche, 1.200 viole, 1.000 piante di ruscus, ciliegi, viti e meli cotogni, la Casa del Giardino di Ercole, conosciuta anche come Casa del Profumiere, è stata restituita al suo antico splendore. Un'operazione di ricostruzione filologica e sensoriale, che ha riportato in vita non solo uno spazio fisico, ma un’intera cultura del profumo, della cura e della bellezza in epoca romana.
Il progetto, reso possibile grazie alla sponsorizzazione tecnica dell'Associazione Rosantiqua, è un esempio virtuoso di collaborazione tra pubblico e privato, e un felice incontro tra archeologia, botanica e cultura materiale. Con l'inaugurazione ufficiale di oggi, a seguito degli interventi di riqualificazione, il sito è tornato ad accogliere i visitatori, aprendo ogni martedì come "casa del giorno".
La casa, risalente al III secolo a.C., deve il suo nome a una statuetta di Ercole rinvenuta nel larario del giardino, oggi ricostruita in terracotta e riposizionata accanto al triclinio estivo. Celebre anche per l'iscrizione "cras credo" (domani si fa credito), la dimora custodisce le tracce di un'attività artigianale e commerciale raffinata: la produzione di profumi. Bottigliette in vetro, semi, resti di piante odorose e uno straordinario sistema di irrigazione antico - unico nel suo genere a Pompei - testimoniano la vocazione produttiva del sito, attiva ancora al momento dell'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. A partire dal I secolo a.C., l'intera insula fu interessata da ristrutturazioni e accorpamenti, trasformandosi in una vera e propria area dedicata alle produzioni specializzate. Dopo il terremoto del 62 d.C., il proprietario della casa acquisì i terreni circostanti per creare un ampio giardino, dove coltivare fiori non per decoro, ma per commercio.
"Il verde di Pompei, un tempo percepito come un problema, è oggi riconosciuto come parte integrante dell’esperienza archeologica - ha dichiarato il direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel - Il paesaggio naturale e quello archeologico tornano a fondersi, come era in antico". Un concetto reso tangibile dalla cura con cui sono state selezionate le specie botaniche: fiori e piante documentati da fonti antiche e da studi pionieristici, come quelli della botanica Wilhelmina F. Jashemski, che negli anni Cinquanta analizzò pollini e macroresti vegetali rinvenuti negli scavi.
La ricostruzione ha coinvolto esperti di archeologia, botanica e agronomia. Il progetto scientifico è stato coordinato da Rosantiqua, presieduta da Michele Fiorenza, con il contributo di studiosi del calibro di Antonio De Simone, Salvatore Ciro Nappo, Michele Borgongino, Luigi Frusciante e Gaetano Di Pasquale. A seguire i lavori anche i funzionari e i tecnici del Parco Archeologico di Pompei.