In tutta Europa le donne guadagnano ancora meno degli uomini. E dall’UE arriva un pacchetto di novità per accendere i riflettori sul gender pay gap: le buste paga non dovranno avere più segreti
In un anno le lavoratrici guadagnano in media oltre 8.000 euro meno degli uomini: gli stipendi delle donne si fermano a 19.833 euro, quelli dei colleghi arrivano a 27.967 euro.
I dati arrivano dall’Osservatorio INPS sul lavoro dipendente del settore privato pubblicati il 18 novembre.
Ma la questione non è solo italiana. Ed è per questo che le novità sulla trasparenza retributiva che arrivano dall’UE toccano anche le buste paga.
Per ridurre il divario retributivo di genere si sceglie la strada della chiarezza informativa: gli stipendi degli uomini e delle donne non dovranno avere più segreti con le disposizioni della direttiva 2023/970.
I datori di lavoro del settore pubblico e privato dovranno, infatti, adeguarsi alle novità che tutti gli Stati membri si preparano a recepire entro giugno 2026.
Anche in Italia, quindi, si dovrà potenziare il diritto all’informazione di lavoratrici e lavoratori per ridurre il gender pay gap, la distanza tra gli stipendi degli uomini e delle donne.
Accendere un faro sui livelli retributivi e conoscere le differenze è la strada per colmare il divario: questo è il filo conduttore di tutte le novità in arrivo con la direttiva UE 2023/970 che interessano tutto il rapporto di lavoro, a partire dalle assunzioni.
Per quanto riguarda gli stipendi, lavoratrici e lavoratori potranno posare la loro lente di ingrandimento sulle buste paga chiedendo direttamente all’azienda informazioni sui livelli retributivi medi, ripartiti per sesso, di chi svolge uno stesso lavoro o un lavoro di pari valore.
In questo modo sarà possibile confrontare il proprio stipendio con quello degli altri nel loro complesso. Nessun conflitto con la privacy dal momento che comunque non si potrà conoscere nel dettaglio la busta paga di un’altra persona.
In ogni caso a lavoratrici e lavoratori non potrà essere “impedito di rendere nota la propria retribuzione ai fini dell'attuazione del principio della parità di retribuzione” con specifiche clausole contrattuali.
Dal punto di vista pratico, la richiesta di accesso alle informazioni sugli stipendi potrà essere presentata tramite i rappresentanti dei lavoratori e delle lavoratrici o tramite un organismo per la parità.
La risposta da parte dell’azienda deve arrivare entro due mesi dalla domanda. Se le informazioni ricevute sono imprecise o incomplete, si potranno richiedere anche personalmente chiarimenti e dettagli ulteriori.
Secondo la direttiva, l’input ad avere un quadro chiaro sulle buste paga dovrà arrivare proprio dai datori di lavoro che ogni anno saranno chiamati a rispettare l’impegno di informare il personale sul loro diritto all’informazione.
Le norme che arrivano dall’UE puntano a un effetto a cascata: alla trasparenza corrisponde una maggiore consapevolezza che rappresenta il primo passo per riconoscere e correggere distorsioni e disparità.
È questo il meccanismo alla base delle nuove regole che toccano in prima persona i lavoratori e le lavoratrici ma che coinvolgono in prima linea anche le aziende.
A prescindere dalle informazioni richieste, infatti, i datori di lavoro dovranno delineare periodicamente il quadro delle retribuzioni per indagare e correggere eventuali divari. La prima scadenza è prevista per il 7 giugno 2027. In caso di divario superiore al 5 per cento si dovrà, poi, attivare una procedura per appianare le differenze: per le aziende inadempienti gli Stati membri dovranno prevedere anche specifiche sanzioni.