Mediobanca, la fine dell'era Nagel e il "morso con la gengiva" di Cuccia

Nagel -spiega all'Adnkronos l'ex di Bankitalia Angelo De Mattia - "è un professionista di straordinaria competenza, capacità, impegno lavorativo" ma ha forse sottovalutato l'importanza della progettualità, della creazione di consenso, della capacità di tenere conto di tutti gli attori del mercato

Mediobanca, la fine dell'era Nagel e il
18 settembre 2025 | 14.59
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Alberto Nagel, milanese: cognome di origine tedesca (qualcuno dice olandese), genitori pugliesi di Barletta. Il Ceo dimissionario di Mediobanca, tutto riserbo e silenzi, ha tenuto il timone di Piazzetta Cuccia con lo stile del campione italiano: propensione alla difesa, meno all’attacco. Laurea in Bocconi nel '90 e l'anno dopo in Mediobanca: partecipa alle privatizzazioni (Enel, Bnl, Finmeccanica). E alle grandi operazioni di M&A italiane: l’Opa del Credito Italiano su Credito Romagnolo; l’Opa Olivetti su Telecom Italia; l’Opa Generali su Ina.

Poi il delfino di Cuccia (nel 2007 Consigliere Delegato e dal 2008 Ad) prende il timone della banca, cercando di ispirarsi al fondatore ma tenendo conto delle trasformazioni che nel frattempo intervengono: la globalizzazione preme, il diritto Ue modifica il quadro. il mondo delle 'azioni che si pesano, non si contano' finisce. Nagel prende "il salotto buono" della Finanza - strumento di governo del capitalismo italiano con i patti di sindacato, le strutture societarie piramidali, le azioni incrociate - e le adatta alle nuove sfide: Piazzetta Cuccia diventa campione di wealth management (la gestione dei patrimoni di chi vuole arrichirsi ancora di più) e si apre al credito al consumo. Il verbo è uno: creare valore per gli azionisti. Ci riesce: dal 2013 al 2023 il titolo azionario della banca totalizza un total shareholder return del 270%, calcolato come apprezzamento del valore dell’azione di circa il 160%, più 4 miliardi di euro di dividendi staccati in favore dei soci: senza effettuare alcun aumento di capitale.

Ma non basta. Nagel, spiega all'Adnkronos l'ex di Bankitalia Angelo De Mattia - "è un professionista di straordinaria competenza, capacità, impegno lavorativo" ma ha forse sottovalutato l'importanza della progettualità, della creazione di consenso, della capacità di tenere conto di tutti gli attori del mercato, compreso il settore pubblico: il riferimento è anche alla gestione della partecipazione in Generali, "un esempio - dice De Mattia - della mancanza in questo versante, perché escludere azionisti e impostare una linea esclusivista non paga". La storia ci ha detto come è finita la corsa: il vangelo del "pensa solo a creare valore per i tuoi azionisti" ha portato a delusioni e contraccolpi. "Certamente nessuno può negare che lo scopo per un banchiere sia anche quello di creare valore per gli azionisti - aggiunge De Mattia - ma l'abilità sta nel farlo con una linea che abbia una prospettiva di lungo termine e nello stesso tempo tenga conto di quegli interessi che, se osservati, si riflettono positivamente sull'attività dell'intermediario bancario". Su Generali - da cui tutto parte (a partire dai dissidi tra Nagel e Caltagirone) e cui tutto torna (con Mps che controllerà "la pupilla dell'occhio di Mediobanca") - si è consumata una vera e propria guerra di finanza dove in gioco non c'era (o almeno soltanto) un risiko di dividendi, ma un modo di intendere il capitalismo: finanza di sistema (Caltagirone e co) vs finanza indipendente.

Nagel, dicono diversi esperti sentiti dall'Adnkronos, sembrerebbe non aver capito dove stava soffiando il vento: meno laissez faire e più intervento dello Stato a protezione dei propri interessi, anche nella Finanza. Sarebbe bastato ascoltare il collega alla guida di Unicredit, Andrea Orcel, che a giugno aveva reso conto della profonda trasformazione in atto:"Se guardiamo agli anni in cui io ho lavorato nel campo dell’M&A — gli anni ’80, ’90, 2000 e così via — il meccanismo era chiaro. C’erano regole precise: la creazione di valore era al centro e gli azionisti, dall’altra parte, avevano un ruolo fondamentale nel dire sì o no a un’operazione .Era un processo chiaro, lineare. Oggi, invece, non è più così. L’evoluzione è stata continua, e il contesto si è profondamente trasformato". In che modo? Con un ritorno del protagonismo dello Stato, con il ritorno di quella finanza di sistema contro cui Nagel ha eretto l'ultimo baluardo, e di cui il trionfo alla scorsa assemblea di Generali di aprile - con la lista di Caltagirone sconfitta - ha rappresentato una "vittoria di Pirro"

Il resto è cronaca: l'Ops lanciata da Mps su Mediobanca. Da una parte il Monte dei Paschi, la più antica banca risorta come la Fenice dalla ceneri, con un amministratore delegato di grande valore, azionisti di peso del calibro di Caltagirone e la partecipazione dello Stato; dall'altro ancora lui, Alberto Nagel, deciso a dire no. Di fronte a una situazione di tale delicatezza, spiega ancora De Mattia, piuttosto che ridurre tutto a una contrapposizione secca tra il prestigio di quella che resta la banca più antica del mondo e le difficoltà del sistema, "sarebbe stato possibile immaginare una linea meno traumatica, non di rottura netta".

Quando si è arrivati a pronunciarsi sulla validità dell’offerta, prosegue l'ex Bankitalia, "lo si è fatto in maniera drasticamente negativa, e quella stessa posizione è stata ribadita più volte in seguito". Eppure, spiega, sarebbe stata percorribile anche un’altra via, una strategia diversa. "Forse, come direbbe Machiavelli, serviva una lezione di realismo politico - dice De Mattia - non sempre si può essere “leone”, ossia imporsi con la forza; in certi frangenti occorre essere “volpe”, cioè astuti e capaci di costruire consenso". Essere “volpe” non significa tornare ai vecchi salotti buoni o stipulare accordi di facciata, ma saper creare convergenze per raggiungere obiettivi che, in modo diretto e frontale, non sono conseguibili. Si trattava, in altre parole, di valutare se una posizione intermedia potesse essere accettata dalle parti in gioco. Del resto, lo ricorda la saggezza antica: in medio stat virtus. Non era più il tempo della voce grossa, ma piuttosto quello della mediazione intelligente.

Eppure Nagel - nel mezzo dell'Ops - prova a essere "volpe" nel ruolo dove gioca meglio, in difesa: e tira fuori dal cilindro l'operazione su Banca Generali, così da sbarrare la strada verso Milano e Trieste ai romani. Ma anche in questo caso- i classici di Fedro sono d'insegnamento - forse non intuisce che la volpe non è quella che si mette davanti a tutti e cerca di aggredire le galline in presenza dei proprietari. "Se tu fai un'operazione del genere che viene definita da tutti come un intervento difensivo - dice De Mattia - non puoi articolarla in maniera inadeguata, non tenendo conto che nascono problemi giuridici, problemi di conflitti di interesse: ancora una volta è mancata quella capacità di aggregare". Insomma parrebbe che almeno in questo caso l'Ad di Mediobanca abbia disatteso alla massima del fondatore Enrico Cuccia: astenersi dal "mordere con le gengive". (di Andrea Persili)

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