
Prima le persone. Prima le decine di migliaia di prigionieri rinchiusi in carceri sconosciute, senza lo status di prigionieri di guerra, costretti a rimanere in piedi senza muoversi dalla mattina alla sera, torturati nel corso degli interrogatori, o nel caso di civili, senza che contro di loro siano state formulate accuse o condanne, in condizioni di scarsità di cibo e cure mediche, senza contatti con il mondo esterno, vittime di abusi, detenuti in una rete di centri illegali nei territori occupati dell'Ucraina e in carceri in Russia. Prima anche le persone condannate per reati pretestuosi introdotti in Russia dopo l'inizio dell'invasione dell'Ucraina per porre fine a qualsiasi forma di dissenso. Persone malate, anziane, giovani con condanne spropositate, come Arseny Turbin, arrestato a 15 anni per aver distribuito volantini contro la guerra e Putin e accusato di aver voluto entrare nella Legione libertà della Russia, condannato a cinque anni di carcere a 16, e da allora dimagrito 15 chili. Bambini deportati a cui sono stati dati nuovi nomi e date di nascita, dispersi in tutto il territorio della Federazione russa. E' della loro liberazione senza condizioni che devono occuparsi in via prioritaria, prima ancora che di questioni diplomatiche, militari, economiche e politiche, i negoziatori russi e ucraini coinvolti nel processo di Istanbul, chiedono più di 65 organizzazioni non governative mobilitate per sollecitare i governi a esercitare pressioni sulle parti, da Memorial, dal Centro per le libertà civili e da Viasna, le tre ong Nobel per la pace nel 2022.
"Se non si riuscirà a procedere con gli scambi, c'è la forte possibilità che molti di loro non riusciranno a sopravvivere fino alla fine della guerra", afferma Oleksandra Romantsova, direttrice esecutiva del Centro per le libertà civili in una audizione questa mattina alla Commissione esteri della Camera. Dall'inizio della guerra, denuncia, sono stati restituiti all'Ucraina i corpi di 300 persone che erano state catturate vive.
Gli ucraini detenuti fanno parte di quattro diverse categorie: civili che prima dell'inizio della guerra non ricoprivano cariche pubbliche, come giornalisti o rappresentanti di chiese che non siano quella ortodossa che fa capo al Patriarcato di Mosca, in carceri in Russia separati dal resto della popolazione carceraria. Sono in isolamento e contro di loro non sono state formalizzate accuse. Tra i civili, ci sono per esempio 38 donne e solo tre di loro ne hanno ricevuta una. Si parla, spiega Romantsova, di almeno circa settemila persone, un numero basato sugli appelli dei familiari e di alcune conferme da parte delle autorità russe.
"L'Ucraina fra l'altro è d'accordo a liberare, nel quadro di uno scambio che coinvolga i civili, gli ucraini condannati per aver aiutato l'invasione russa", aggiunge nella stessa audizione organizzata dalla vice presidente della Commissione esteri, Lia Quartapelle, Oleg Orlov, l'esponente di spicco di Memorial detenuto in Russia con una condanna a due anni e sei mesi di carcere per discredito ripetuto delle forze militari, liberato e portato fuori dalla Russia lo scorso agosto nel quadro di uno scambio di detenuti concordato fra Mosca e Washington. "Possono essere coinvolti in una qualche forma di scambio anche i detenuti politici russi. Dobbiamo fare il possibile perché ci siano altri scambi come quello che ha coinvolto me".
Poi ci sono i prigionieri di guerra ucraini, a cui tuttavia non viene riconosciuto in Russia questo status, dal momento che la Russia continua ad asserire che non c'è una guerra in corso ma una operazione militare speciale. Romantsova, sempre sulla base degli appelli dei parenti, parla di 20mila persone.
Fra le migliaia di bambini ucraini deportati, molti sono "dispersi in tutto il territorio della Federazione russa". "Di recente siamo riusciti a rintracciarne 15 nella Penisola della Kamchatka". Magari con nomi e data di nascita cambiati. Gli adolescenti vengono invece mandati a combattere, precisa l'attivista ucraina. "Periodicamente facciamo hackeraggio nei sistemi russi per cercarne traccia", ammette Romantsova.
In una guerra in larga misura anche ibrida, Mosca ha operato diversi cyber attacchi per distruggere i registri con i loro nomi. Fra l'altro nel 2020 è stata emendata la legge in Russia che consente di cambiare molto rapidamente la cittadinanza di un minorenne. Poco dopo l'inizio dell'invasione, c'erano soldati russi a cui era stato impartito il compito specifico di cercare bambini, soprattutto gli orfani. I militari russi hanno portato prima nel Donbass e poi in Russia i bambini sotto la tutela dello Stato ucraino, gli orfani. Altri sono arrivati in Russia dopo aver perso i genitori nel processo di 'filtrazione" con cui le autorità russe selezionano gli ucraini che possono superare il confine.
Infine, ci sono centinaia di detenuti politici, in Russia e in Bielorussia, che hanno cercato di fermare questa guerra. "Persone molto coraggiose che testimoniano come non tutta la società dei due Paesi sostenga la guerra. E' molto importante liberarli perché per loro rimanere in carcere è pericoloso".
"La Bielorussia è parte del conflitto, dal suo territorio sono stati inviati militari russi in Ucraina", aggiunge Leanid Sudalenko, detenuto tre anni nelle carceri bielorusse per la sua attività in Viasna. Devono essere coinvolte negli scambi "persone come Maria Kolesnikova", l'oppositrice condannata a undici anni di carcere, malata, scomparsa fino a che il giornalista della Bbc Steve Rosenberg, ne ha chiesto notizie in una domanda ad Aleksandr Lukashenko, quindi autorizzata lo scorso dicembre a incontrare il padre, e poi di nuovo scomparsa. O come il fondatore di Viasna, Ales Bialiatski, detenuto dal 2021, condannato a dieci anni di carcere. "Considerate la sua età e le sue condizioni di salute, abbiamo forti timori che potrà uscire vivo". Lo stesso pericolo che corrono altri degli oltre 1.200 detenuti politici nelle carceri di Lukashenko "senza aver commesso alcun crimine".