'Giorgio Armani: Milano, per amore', l'omaggio più intimo tra i capolavori di Brera

La Pinacoteca dedica una mostra per i 50 anni maison, oltre 120 abiti scelti dallo stilista in persona. "Qui si è sentito a casa. Diceva che i suoi vestiti non erano all’altezza di Raffaello o Piero della Francesca"

Alcuni capi della mostra 'Giorgio Armani - Milano, per amore' alla Pinacoteca di Brera
Alcuni capi della mostra 'Giorgio Armani - Milano, per amore' alla Pinacoteca di Brera
23 settembre 2025 | 20.47
LETTURA: 5 minuti

Milano celebra Giorgio Armani nel modo più autentico: accogliendo la sua moda tra i capolavori della pittura italiana. Dal 24 settembre 2025 all’11 gennaio 2026, la Pinacoteca di Brera ospita ‘Giorgio Armani: Milano, per amore’, la prima mostra mai dedicata al percorso creativo dello stilista, scomparso il 4 settembre scorso, nelle prestigiose sale del museo. Un dialogo inedito tra arte e moda che restituisce al pubblico l’essenza più profonda di Armani e il suo legame viscerale con la città che aveva scelto per vivere, lavorare e diventare uno dei suoi volti più amati. Armani non ha mai nascosto quanto Milano fosse parte del suo Dna: Brera era il suo quartiere, quello che aveva scelto per vivere e lavorare. Ne ammirava l’anima duplice, colta e insieme profondamente vitale, con il suo misto di eleganza e libertà artistica. Un legame che l’Accademia di Belle Arti aveva riconosciuto già nel 1993 conferendogli il titolo accademico per la coerenza della sua ricerca di stile e il rigore con cui aveva saputo unire funzione e fantasia.

“La Pinacoteca di Brera, con la vicedirettrice Chiara Rostagno, ci ha approcciato a settembre dell’anno scorso per organizzare una grande mostra su Armani - racconta Anoushka Borghesi, direttrice globale della comunicazione Armani -. Ho pensato subito che fosse un collegamento straordinario, anche per la vicinanza geografica di Brera con la casa di moda. Sono corsa dal signor Armani per raccontargliela. Lui non era di facile entusiasmo: ha posto delle domande, diceva di non sentirsi all’altezza, che i suoi vestiti non erano all’altezza di Raffaello o Piero della Francesca” Poi però ha voluto proseguire: “Dopo la visita fatta a novembre con il direttore e lo staff, girando le stanze, si è sentito a casa. Da lì ha cominciato a immaginare qualcosa di rispettoso per il luogo, lavorando con le cromie e senza paragonare mai un vestito a un dipinto, ma creando isole centrali per permettere un passaggio fluido. È un grande rammarico che non abbia potuto vedere il risultato finale, ma so che ne sarebbe fiero”.

Angelo Crespi, direttore della Pinacoteca di Brera, sottolinea: “Ci ha stupito davvero il rigore con cui ha pensato all’allestimento. Già dal primo sopralluogo aveva dichiarato che non avrebbe mai voluto contrapporre i suoi abiti ai capolavori di Raffaello, Mantegna o Caravaggio. La sua umiltà è stata sorprendente. Ha interpretato nel miglior modo possibile le sensazioni che le sale trasmettevano, creando un dialogo talvolta stretto, talvolta più libero, ma sempre di grande qualità ed essenzialità, tipica del suo stile. La storia dell’arte non esclude quella del costume: un quadro porta con sé anche la storia dei vestiti e dei gioielli del suo tempo. Per questo, penso che la moda abbia tutto il diritto di confrontarsi con i capolavori del passato. Era giusto raccontare un mito di Milano e un mito di Brera, che è anche il suo headquarter”.

Più di 120 abiti provenienti dall’Armani/Archivio - tra cui il celebre completo di Richard Gere in ‘American Gigolo’, un abito rosso papavero del 1993 indossato da Katie Holmes al Met Gala del 2008 e l’abito indossato da Mia Martini a Sanremo nel 1990 – trasformano il percorso della galleria in una narrazione in cui storia dell’arte e storia della moda si intrecciano. Davanti a Raffaello e Piero della Francesca, tre look del 2015: un abito lungo con strascico in stile impero, una blusa e pantaloni color cipria, e un lungo abito con scollo all’americana. La sala Hayez è interamente blu, mentre nell’ultima sala un ensemble composto da tuta, t-shirt con il volto di Armani e giacca è rivolto verso l’autoritratto di Francesco Hayez, creando un saluto simbolico. “È un commiato incredibile, un’uscita di scena di impatto fortissimo - aggiunge Borghesi -. Ci siamo parlati fino a poco prima. Ha scelto personalmente tutti i dettagli, fino alla sfilata di domenica. Mi diceva: ‘Ricordati, Anoushka, è la sfilata nuova’. Per lui il passato era importante, ma la sua volontà era sempre quella di continuare e creare”.

Il lavoro di team tra Armani/Silos, la Pinacoteca e l’archivio della maison è stato fondamentale: “La selezione dei colori, delle materie e delle ispirazioni è stata fatta personalmente dal signor Armani - ricorda Borghesi -. È l’ultima mostra su cui ha lavorato. La voleva meno sfarzosa, più sobria rispetto a quella dedicata all’alta moda al’Armani Silos: tanto daywear, tonalità che si sposano con le cornici e le pareti senza mai invadere lo spazio. C’è qualche riferimento sottile ai dipinti, ma sempre in modo rispettoso. È un dialogo sussurrato”.

La mostra riunisce per la prima volta abiti esposti presso Armani/Silos e in importanti istituzioni museali internazionali, arricchiti da nuove scoperte tratte dall’archivio della maison. Un percorso coerente e avvolgente che diventa testimonianza diretta di cinquant’anni di creatività, evoluzione e visione. Armani stesso, nel libro autobiografico ‘Per amore’, aveva raccontato cosa significasse per lui una mostra: “Da una parte c’è il soddisfacimento immediato dell’ego del creatore. Dall’altra c’è il valore didattico, la testimonianza unica che puoi offrire al pubblico, ma soprattutto ai giovani creativi, attraverso la tua opera: una sensazione che dura e appaga. Ecco, io sono interessato a questo secondo aspetto”.

Con questa esposizione, la Pinacoteca di Brera compie un passo significativo: per la prima volta include la moda nella sua missione didattica, inaugurata nel 1809 per sostenere l’Accademia di Belle Arti. E sarà proprio nelle sale di Brera che domenica andrà in scena la sfilata di Giorgio Armani dedicata alle collezioni per la prossima primavera-estate. Un duplice riconoscimento al ruolo centrale della moda nella comprensione delle società di ogni tempo e, nel caso di Armani, un atto d’amore per la città che lo ha visto crescere artisticamente e che ora lo celebra come uno dei suoi simboli più immortali. (di Federica Mochi)

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