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Migranti, Sos Mediterranée: "Il soccorso non è sanzionabile" - Lo Stato: "Sanzione lieve per scongiurare il reitero"

Udienza pubblica alla Consulta - Al vaglio della Corte dubbi di costituzionalità di alcune disposizioni

Migranti, Sos Mediterranée:
21 maggio 2025 | 15.16
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Dibattimento in udienza pubblica a Palazzo della Consulta (giudice relatore Giovanni Pitruzzella) della questione di legittimità costituzionale del Decreto Piantedosi, sollevata dal giudice del Tribunale di Brindisi, Roberta Marra, nell'ambito del giudizio dovuto al ricorso di L. B. e altri con cui Sos Mediterranée France aveva contestato il fermo amministrativo alla nave Ocean Viking il 9 febbraio 2024, emesso dalle autorità italiane dopo lo sbarco di 261 migranti nella cittadina pugliese. Al vaglio della Corte dubbi di costituzionalità sollevati sul Decreto Piantedosi contro il Ministero e il ministro delle Infrastrutture e trasporti, il Ministero e ministro dell'Interno, la Capitaneria di porto, la Guardia costiera e questura di Brindisi, oltre che la Guardia di finanza (difesi in Corte costituzionale dall'avvocato di Stato Lorenzo D'Ascia) ed anche il presunto contrasto di una disposizione di diritto interno con il diritto internazionale che impone il salvataggio di vite in mare nonché l'obbligo di tutela della vita umana.

"L'autorità italiana non può sanzionare le attività delle navi delle ong che si occupano del salvataggio in mare. Portare soccorso ai naufraghi è un obbligo etico e giuridico per tutti", afferma Dario Belluccio, avvocato per la società Hoyland Offshore e Sos Mediterranée France che aggiunge: "Nessuno può ostacolare un comandante nel compimento delle operazioni di soccorso a mare in base alla regola 34 capitolo 5 della convenzione Solas (Safety Of Life At Sea - ndr)". "Tanto più che rispetto all'ordine dell'autorità libica di allontanarsi dall'area, è impossibile che una nave come l'Ocean Viking possa abbandonarla durante le operazioni di soccorso, senza produrre l'affondamento del barchino oltre che senza consegnare quelle persone in mani criminali".

"E comunque - prosegue - non si può fare affidamento sulle indicazioni delle autorità libiche, non legalmente costituite e che non rispettano né il diritto internazionale, né i diritti fondamentali delle persone. Nel momento in cui l'Italia si affida alle autorità libiche per determinare se un comportamento è lecito oppure no, assume gli stessi parametri di giudizio di quei soggetti libici della cui legalità è molto semplice dubitare", denuncia. "Chiediamo che la legge sia dichiarata incostituzionale, che venga scrutinata dalla Corte per il suo carattere intrinsecamente penale. E' una norma criminalizzante e punitiva che a nostro avviso deve essere eliminata dall'ordinamento giuridico perché è in contrasto con gli obblighi sovranazionali, con le convenzioni internazionali che impongono l'obbligo di salvataggio in mare in qualsiasi caso e condizione".

Belluccio nel corso dell'udienza, su richiesta del giudice Viganò (che ha domandato se fosse agli atti l'ordine dell'autorità libica di allontanarsi dalla zona e soprattutto se il giudice di opposizione del provvedimento di fermo avesse contezza dell'ordine dell'autorità libica), ha consegnato una email dell'autorità libica alla nave. "E' una mail depositata dall'avvocatura dello Stato di cui nessuno aveva contezza ed è stata protocollata dalle autorità italiane in arrivo - ha precisato - Io vedo complicata la sindacabilità o meno da parte del giudice di merito su quel documento. Perché dovrebbe innanzitutto poterlo qualificare come atto amministrativo. Il giudice a quale legge sotto questo punto di vista dovrebbe fare riferimento? Forse è una difficoltà mia, confesso".

Giuridicamente come sostenete che se l'Italia si affida alle autorità libiche per determinare se un comportamento è lecito oppure no, assume gli stessi parametri di giudizio di quei soggetti libici? "Lei avrebbe modo di contestare una multa fatta in Italia per avere guidato in Bangladesh sulla base di una indicazione che una autorità qualsiasi del Bangladesh invia all'autorità italiana? Questo è il caso - risponde a margine dell'udienza Belluccio - Vengono irrorate sanzioni sulla base di considerazioni fatte da un soggetto straniero; se non è contestabile, c'è un profilo di illegittimità da parte delle autorità italiane. Noi riteniamo che non si possano assumere come leciti e giusti i comportamenti delle autorità libiche. Il governo italiano deve fare quello che tutti sanno che è giusto che venga fatto. L'Italia ha un accordo di cooperazione con la Libia e continua a finanziarla, donando motovedette alla guardia costiera libica che poi spara sulle navi ong. Se questo è ritenuto legittimo l'Italia fa bene ad affidarsi, altrimenti il nostro governo sbaglia a fare affidamento su quel soggetto".

"La misura sanzionatoria non è penale ma è una sanzione amministrativa a tutti gli effetti. Ed è costituzionalmente legittima. Insistiamo per la manifesta infondatezza", controbatte l'avvocatura di Stato, rappresentata a Palazzo della Consulta da Lorenzo D'Ascia, replicando ai dubbi di costituzionalità sollevati dal difensore di Sos Mediterranée Dario Belluccio. "La finalità principale della sanzione - sottolinea D'Ascia - è quella di scongiurare che con quella nave si possa reiterare un comportamento che metta in pericolo la gestione ordinaria dei salvataggi e quindi la sicurezza e l'ordine pubblico nazionale e internazionale". "Quindi a fronte di questo bene giuridico tutelato abbiamo una sanzione che a noi sembra mite, di venti giorni di fermo della sola nave e non di inibizioni nei confronti del comandante".

"Per quanto riguarda la seconda questione, sulla indeterminatezza del precetto violato, anche qui siamo costretti ad una sanzione amministrativa e non penale - prosegue - A noi pare che una lettura semplice della norma porta a ritenere che il riferimento è esclusivamente alle istruzioni impartite nell'ambito delle competenze istituzionali di queste autorità e per ragioni di sicurezza nel salvataggio in mare e di ordine pubblico interno e internazionale. A me pare che sono bene identificati i soggetti che devono dare le istruzioni e si ricavano dalla individuazione di queste competenze le ragioni per cui vengono fornite queste istruzioni che se violate danno luogo alla sanzione".

Sulla terza questione, legata alla presunta violazione con il Decreto di norme internazionali, D'Ascia chiede l'inammissibilità "perché il giudice remittente non ha scrutinato se (il Decreto - ndr) è in contraddizione con le norme internazionali in materia; ma mi pare che avrebbe potuto effettuare una verifica. Queste considerazioni a me sfuggono e mi impediscono di ricostruire in che termini questa questione sarebbe rilevante nel caso di specie. Ricordiamo che la norma ha una portata generale che non riguarda solo gli ordini di espulsione della autorità libica. Qui invece si discute della sua legittimità costituzionale, se queste indicazioni vanno a violare il principio di diritto internazionale consuetudinario fittizio" senza che sia stato scrutinato.

Secondo l'Avvocatura, "l'obbligo di salvataggio si accompagna ad un obbligo per gli stati di assicurare la gestione ordinata e coordinata del salvataggio attraverso l'istituzione di queste autorità in ambito di area sar e quindi anche nelle acque internazionali. Se il comandante della nave può essere del tutto svincolato da qualsiasi necessità e obbligatorietà di coordinamento con le autorità competenti in base alle convenzioni internazionali non avremmo questo coordinamento, che riguarda gli obblighi degli stati di coordinamento, ma delle norme del tutto svuotate di contenuto. Difficile affermare - conclude D'Ascia - che vi è una assoluta autonomia dei comandanti delle navi rispetto a qualunque indicazione che provenga da qualunque autorità e da qualunque ordine sembrerebbe di capire, dato che il giudice a quo non ha approfondito". (di Roberta Lanzara)

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