
L’analisi di Roberto Castelli, ex dirigente della Lega, all'Adnkronos : "Penso sarebbe interessante fare un censimento – dice – ma secondo me quest’anno a Pontida i provenienti dalle Regioni dagli Appennini in giù supereranno quelli che vengono dagli Appennini in su".
Le salamelle, il nome del partito, il prato. Tutto rimane uguale eppure si trasforma, persino il rito più antico della Lega: il raduno di Pontida. La leggenda fondativa, notte dei tempi: 7 aprile 1167, Abbazia di Pontida, giuramento solenne dei comuni lombardi contro l’imperatore Barbarossa. Un mito che Bossi, fine narratore di epopee padane, seppe arruolare come sacrario laico del Carroccio: è la Lega del "ce l'abbiamo duro", dei venti di autonomia (per qualcuno secessione), del 'Roma ladrona".
La Lega, ormai un ricordo, di quel Roberto Maroni che per la Festa della Repubblica preferisce ascoltare “La gatta” di Gino Paoli anziché l’Inno di Mameli: e ancora mitologie del dio Po, celodurismo e quel desiderio - da qualche dirigente carezzato ed espresso - di mettere al “al cesso il Tricolore".
Echi lontani. La Lega non è più quella di Bossi e neanche dei barbari sognati di Maroni: è diventata "nazionale" - i critici dicono "nazionalista": in ogni caso sovranista, il grido è "prima gli italiani". E' la Lega nazionale di Salvini, che prima sbarca a Sud - "Bossi sui meridionali sbaglia (disse il capitano) - e poi federa l'internazionale sovranista: quest'anno, tanto per stare sulla cronaca battente, a Pontida ci saranno il figlio di Bolsonaro, Bardella e Abascal di Vox.
E' la Lega che apre le porte a Roberto Vannacci che quest'anno vedrà di fronte a sé militanti con la spilla di Alberto da Giussano e altri con la spilla della Decima Mas, ragazzi con le bandiere della Padania e suoi fedelissimi con lo slogan "Vannacci, make Pontida great again" su felpe e magliette.
L’analisi di Roberto Castelli, ex dirigente della Lega, all'Adnkronos : "Penso sarebbe interessante fare un censimento – dice – ma secondo me quest’anno a Pontida i provenienti dalle Regioni dagli Appennini in giù supereranno quelli che vengono dagli Appennini in su".
Poi l’affondo: "Il prato di Pontida sempre più stretto perché viene sempre meno gente". E la spiegazione, più concreta che simbolica: "Si tenga presente che una volta c’era tutta questa serie di gazebo che stavano fuori dal prato per accogliere la gente, adesso li mettono nel prato per farlo sempre più stretto".
Castelli non si ferma: "C’è ancora qualche militante che, ragionando col cuore e non con la mente, pensa ancora che sia la Lega di una volta e andrà lì, ma sono sempre meno". Fino alla stoccata finale, senza sconti: "La Lega ormai è diventata un altro partito. La cosa interessante è che prima c’era questo slogan abbastanza pesante, ma che non era ovviamente diretto contro i romani, bensì contro lo Stato rapace centralista: “Roma ladrona, la Lega non perdona”. Oggi la Lega vota Roma Capitale in Costituzione. C’è sicuramente un’inversione a 180 gradi".
E tuttavia, ribadisce l’ex colonnello leghista, contestazioni non ce ne saranno: "Assolutamente no. Anche perché chi va lì ha aderito a questa nuova linea. Quindi chi non ha aderito a questa linea non ci va proprio". Nomina sunt substancia rerum: vale per molto ma non per tutto, forse no per Pontida. (di Andrea Persili)