L'attrice è la protagonista del nuovo capitolo della lunga saga iniziata nel 1987 con 'Predator', dal 6 novembre nelle sale italiane
Una storia che va oltre la fantascienza per raccontare la difficoltà di restare umani in una società che spesso sembra spingere tutti verso la competizione e la predazione. "Oggi le persone sono così giudicanti, soprattutto sui social. Ci confrontiamo continuamente con immagini e standard di perfezione, ma il mondo non è perfetto, e nessuno può esserlo. Nel film, i due personaggi al centro del racconto sono rotti, imperfetti, emarginati. E da questa fragilità nasce la loro forza. Penso che l’unico modo per non farsi schiacciare sia sostenersi a vicenda, non isolarsi. Non si può fare nulla da soli, nemmeno un film. Serve una comunità, serve fiducia negli altri", dice all'Adnkronos l'attrice Elle Fanning, in collegamento da Londra, in occasione della presentazione di 'Predator: Badlands', il nuovo capitolo della lunga saga iniziata nel 1987 con 'Predator'. L'attrice ha poi raccontato l’esperienza del set in Nuova Zelanda, descrivendola come una piccola lezione di umanità: "La cultura neozelandese è profondamente legata al lavoro di squadra e al rispetto reciproco. E queste vibrazioni sono arrivate durante le riprese. La troupe è diventata una famiglia. È stata un’esperienza spirituale bellissima".
Gli fa eco il co-protagonista Dimitrius Schuster-Koloamatangi: "Vediamo entrambi i protagonisti nel loro momento più basso, eppure trovano la forza di rialzarsi. Se si attenessero alle regole della società o alle aspettative del loro mondo, fallirebbero. Il film (targato 20th Century Studios, ndr) parla proprio di questo: non conformarti, trova la tua strada. Non devi essere ciò che gli altri vogliono, puoi semplicemente essere te stesso. Alla fine, ciò che conta non è ciò che possiedi, ma le relazioni che costruisci lungo il cammino". E Fanning con ironia dice: "Chi l'avrebbe mai detto che un film del genere si potesse parlare di umanità? È qualcosa di davvero inedito". Così come l'idea di scegliere un Predator come protagonista: una scelta nata dal desiderio di espandere i confini del franchise (collegato con l'universo di 'Alien'). "Ho capovolto la dinamica classica della saga di 'Predator': questa volta è il Predator a diventare preda e poi eroe", spiega il regista Dan Trachtenberg, già acclamato per 'Prey'. Un cambio rotta per un personaggio che di solito è considerato un antagonista.
Come si dice nel trailer di 'Predator: Badlands' ("Benvenuto sul pianeta più pericoloso dell’universo, dove ogni cosa cerca di ucciderti"), la storia è ambientata in un futuro lontanissimo rispetto ai precedenti capitoli, su un pianeta remoto e letale. L'azione si svolge in un ambiente selvaggio, popolato da specie aliene in lotta per sopravvivere. Al centro del racconto c'è Dek (Dimitrius Schuster-Koloamatangi), un giovane Predator emarginato dal suo clan e quindi costretto a dimostrare il proprio valore. Il film stravolge - in parte - le regole classiche del franchise, mostrando un Predator vulnerabile, quasi umano nelle sue debolezze e nel desiderio di redenzione. Accanto a lui c’è l’androide Thia, interpretata da Elle Fanning, legata alla Weyland-Yutani Corporation, che dà al racconto un lato più emotivo e riflessivo. La tensione aumenta con l’arrivo di Tessa, la sorella sintetica di Thia, che ha lo stesso volto dell’attrice, ma obiettivi agli opposti, dando vita a uno scontro sia psicologico che fisico. Il rapporto tra Dek e Thia si sviluppa così tra diffidenza e rispetto, evolvendosi in un’alleanza fragile ma indispensabile per sopravvivere in un mondo così pericoloso.
"'Badlands' (nelle sale dal 6 novembre con The Walt Disney Company Italia, ndr) esplora cosa significhi davvero essere un 'alfa' e quale sia la vera natura della forza. È un tema senza tempo, ma anche profondamente attuale nel periodo che stiamo vivendo", riflette il regista, "credo che dietro un atteggiamento aggressivo si nasconda spesso una vulnerabilità. Dek (Dimitrius Schuster-Koloamatangi), ad esempio, ha molto da dimostrare: all’interno del suo clan è stato reso fragile, proprio come Thea (Elle Fanning), che è stata emarginata e può essere vista come una figura 'spezzata'. Anche molte delle creature che incontrano lungo il cammino condividono questa condizione: sono esseri ai margini, in qualche modo feriti. Il film, in fondo, parla proprio di questo - prosegue - di cosa sia davvero la forza e di come ciò che viene percepito come debole possa invece diventare la nostra più grande risorsa. È un viaggio nel comprendere come trasformare le crepe in potenza", conclude. (di Lucrezia Leombruni)