Sanremo 2026, i Fantallenatori candidano Tony Pitony: "Al Festival solo a modo mio"

Dalla community del FantaSanremo il nome del nuovo fenomeno virale che su TikTok conta quasi 90mila follower

Tony Pitony
Tony Pitony
19 novembre 2025 | 16.55
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L'attesa è quasi finita. Tra massimo dieci giorni, Carlo Conti svelerà la lista ufficiale dei Big che calcheranno il palco del Festival di Sanremo 2026. Nel frattempo, come da tradizione, impazza il toto-nomi, quest'anno alimentato con particolare fervore dalla community del FantaSanremo attraverso il suo 'Totofestival'. I più votati dai fantallenatori sono Alfa, Angelina Mango e Blanco ma c'è anche chi a sorpresa candida il nome che sta scuotendo il panorama musicale italiano: Tony Pitony. Al festival? "Sì, ma solo a modo mio. A loro rischio e pericolo", commenta all'Adnkronos, il nuovo fenomeno virale che solo su TikTok conta quasi 90mila follower, capace di registrare il tutto esaurito per le date del suo tour, in partenza domani fino al 5 marzo 2026.

Ma chi è l'artista che si esibisce dietro una maschera di Elvis? “Tony non è una persona, è un pensiero intrusivo collettivo", racconta l'artista all’Adnkronos. "È un’allucinazione di massa che si alimenta della memoria condivisa. Siamo più persone: Tony è solo il frontman di una realtà in continua espansione, alla quale partecipano sempre più collaboratori. Anche il pubblico fa parte del progetto. È come una società di calcio: ognuno ha un ruolo e tutti spingono verso la stessa direzione".

Questa volontà di mettere al centro l'idea anziché l'individuo si riflette anche nel suo approccio all'anonimato. "L'anonimato è relativo, quasi finto. Lo Stato italiano sa benissimo chi sono, visto che sto pagando un’ingente quantità di tasse", chiarisce. "Non è una fuga dall’identità, è un modo per mettere al centro il progetto e non l’ego. Tony Pitony non serve a nascondermi: serve ad amplificare un’idea". Un'idea che mira a demistificare le icone, come spiega parlando di un suo riferimento a Elvis: "Ho scelto Elvis perché anche i re, gli idoli e gli dei… fanno la cacca. Sono umani. Mi interessa ricordare che nessuno è al di sopra della propria umanità. Nemmeno il Re del Rock ‘n’ Roll".

La sua popolarità è esplosa grazie a una viralità costruita su più livelli. "È come una cipolla", racconta. "Il primo strato è la parolaccia, l'irriverenza. Ed è lì che si crea lo spartiacque: chi vede solo quello e chi coglie il resto". Dietro la provocazione, assicura, c'è una critica sociale: "Nei miei brani c’è una critica allo show business, ma non ho nulla contro nessuno in particolare: il bersaglio è la società che appiattisce tutto e tutti”. L'uso frequente di parolacce, spiega, non è cinismo: "Spesso è la soluzione sillabicamente e fonicamente più giusta per chiudere una rima. Poi sì, sono un po’ monello, e questo ormai è noto. Ma non c’è un calcolo cinico dietro: è proprio il modo più naturale in cui mi viene da scrivere”. Un successo che dal digitale si è trasferito con forza nel mondo reale, con live sold-out dove il rapporto con il pubblico è la chiave. "Credo che il pubblico apprezzi il fatto che non esista una quarta parete. Chi viene non è spettatore ma partecipante. I miei non sono concerti: sono simposi, dialoghi aperti".

E sulla possibilità di vedere questo approccio sul palco dell'Ariston? Tony Pitony non si tira indietro, ma detta le sue condizioni. "Al FantaSanremo farei vincere chiunque, ecco perché mi vogliono. La partecipazione al Festival? La prenderei in considerazione, ma solo a modo mio. A loro rischio e pericolo. Non ci andrei per adattarmi, ma per portare il mio linguaggio. O tutto o niente". La sua visione della kermesse è critica: "Non guardo più la tv, ma ascolto i brani in streaming. Dal vivo sono pochi quelli che riescono a cantare bene. Ascoltandoli in digitale bestemmio meno". I suoi nomi per Sanremo? "Artisti come Marco Castello, Marta sui Tubi o persino Rocco Papaleo: potrebbero smuovere un po’ le acque".

Una critica che si estende all'intero settore: "Trovo il panorama musicale italiano eccessivamente omologato. E la cosa mi entusiasma, perché quando tutti seguono lo stesso standard, i pesci fuor d’acqua diventano più visibili". Anche sui talent show, da cui è passato con un’audizione a X Factor, il giudizio è netto: "Sono già morti: io sono uno zombie. Ci sono andato per il meme. Oggi c’è internet, ognuno può costruirsi un percorso da solo". La sua conclusione è un manifesto: "Il mio successo non è solo mio, è il successo della meritocrazia".

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