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Tecnici e associazioni contro Salvini: "Servono Città 30 subito"

01 febbraio 2024 | 12.04
LETTURA: 3 minuti

Lettera di 130 esperti del settore al ministro, domani presidio al Mit

Tecnici e associazioni contro Salvini:

Tecnici da un lato e associazioni dall'altro: tutti contro la direttiva sulle Città 30 voluta dal ministro delle Infrastrutture e trasporti, Matteo Salvini. In una lettera al ministro pubblicata oggi, 130 esperti della mobilità (tra cui Stefano Boeri, Marco Ponti e i due "profeti" italiani delle città 30 Matteo Dondé e Alfredo Drufuca) esprimono la loro "profonda preoccupazione per l’involuzione che il nostro paese sta subendo e che lo allontana sempre più dalle scelte attuate da tutti i paesi dell’Unione Europea e dalla comunità internazionale". Mentre domani, alle 12, è stato convocato un presidio davanti al Mit, slogan "A 30 non si muore", per chiedere "città più vivibili e a misura di persona: il limite di 30 km orari garantisce una mobilità migliore a vantaggio di tutti gli utenti della strada. No a una riforma del codice della strada che non contempli la velocità come principale causa di morte sulle strade, no alla direttiva proposta dal ministro dei Trasporti". A organizzare il presidio Legambiente, Fiab, Salvaiciclisti, Kyoto Club, Clean Cities, Asvis, Amodo, Fondazione Scarponi e Associazione Guarnieri.

I tecnici, dal canto loro, motivano la contrarietà alla direttiva sottolineando "l’obbligo di perseguire gli obiettivi indicati sia dagli organismi internazionali a cui l’Italia aderisce (Onu, Oms) che dagli strumenti di politica dei trasporti dell’Unione Europea e Nazionale (Piano Nazionale della Sicurezza Stradale), in particolare la riduzione del 50% degli incidenti al 2030. Tale obiettivo non può essere raggiunto senza poter intervenire con efficacia nell’ambito urbano, dove in Italia si registrano i tre quarti degli incidenti stradali, con un tasso di mortalità che si mantiene costante ormai da un decennio pari a 1,1 morti ogni 100 incidenti e un costo economico che supera i 13 miliardi di euro all’anno".

"L’esperienza accumulata da ormai molte città ha dimostrato come la riduzione correttamente attuata della velocità in ambito urbano non sia in contrasto con una mobilità efficiente, dato che l’aumento dei tempi di percorrenza è sempre risultato del tutto marginale se non addirittura inesistente. Di fronte a questi effetti sulla componente veicolare è necessario considerare anche i vantaggi che la riduzione delle velocità comporta per tutti gli altri utenti della strada, dato che le migliori condizioni di sicurezza e il minor inquinamento acustico e atmosferico favoriscono un maggior utilizzo dello spazio pubblico da parte di soggetti altrimenti penalizzati, come pedoni, ciclisti, bambini, anziani e disabili. Ne deriva che il limite a 30 km/h, se correttamente applicato, non solo non confligge, ma anzi favorisce il diritto alla mobilità e la libera circolazione delle persone".

Da qui le richieste: "che il Ministero non solo non contrasti, ma agevoli l’iniziativa di Bologna e delle altre città che intendono adottare il modello di Città 30, che possono costituire un importante esperimento sulla cui base formulare norme e indirizzi in modo più corretto e informato; che non si approvino le modifiche del Codice della Strada avverse alle norme introdotte dalla L.120/2020 sulla ciclabilità, norme che finalmente ci allineano alle modalità adottate negli altri paesi europei; che non si riduca ma anzi si ampli la possibilità di utilizzare sistemi avanzati di telecontrollo delle infrazioni, compreso il limite dei 30 km/h in ambito urbano; che si emani una normativa nazionale sui dispositivi di moderazione del traffico, sulla base di quanto sperimentato dai paesi che presentano tassi di incidentalità e mortalità stradale ben inferiori a quello italiano".

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