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Commercio, dal 2012 spariti 111mila negozi nelle città

08 febbraio 2024 | 10.55
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Dati Confcommercio: in crescita le attività di alloggio e ristorazione, nei centri storici sempre meno attività tradizionali. Sangalli: "Contrastare desertificazione delle città è prioritario"

Un negozio chiuso (Fotogramma)
Un negozio chiuso (Fotogramma)

Tra il 2012 e il 2023, in undici anni, in Italia sono spariti oltre 111mila negozi al dettaglio e 24mila attività di commercio ambulante; in crescita invece sono le attività di alloggio e ristorazione (+9.800). Nello stesso periodo, nel commercio, negli alberghi e nei pubblici esercizi si riducono le imprese italiane (-8,4%) e aumentano quelle straniere (+30,1%). E metà della nuova occupazione straniera nell’intera economia (+242mila occupati) è proprio in questi settori (+120mila). La riduzione di attività commerciali è più accentuata nei centri storici rispetto alle periferie, sia per il Centro-Nord che per il Mezzogiorno. E' quanto emerge dalla ricerca 'Demografia d’impresa nelle città italiane', realizzata dall’Ufficio Studi di Confcommercio in collaborazione con il Centro Studi Guglielmo Tagliacarne, presentata oggi.

Crescita dell'e-commerce

La modificazione e la riduzione dei livelli di servizio nei centri storici rende sempre più preoccupante il fenomeno della desertificazione commerciale delle nostre città: nei 120 comuni al centro dell’analisi, negli ultimi 10 anni, sono sparite oltre 30mila unità locali di commercio al dettaglio e ambulanti (-17%) e la densità commerciale è passata da 12,9 negozi per mille abitanti a 10,9 (-15,3%). Per evitare gli effetti più gravi di questo fenomeno, il commercio di prossimità - spiega l'Ufficio studi di Confcommercio - deve puntare su efficienza e produttività, anche attraverso l’innovazione e la ridefinizione dell’offerta. E resta fondamentale l’omnicanalità, ovvero l’utilizzo anche di un canale online ben funzionante (negli ultimi cinque anni gli acquisti di beni su Internet sono quasi raddoppiati passando da 17,9 miliardi del 2019 a 35 miliardi del 2023). La crescita dell’e-commerce è la maggiore responsabile della riduzione del numero di negozi ma resta comunque un’opportunità per il commercio 'fisico' tradizionale.

Quanto alle attività di alloggio e ristorazione segnano +9.800 unità anche se a questa crescita numerica non corrisponde un’analoga crescita qualitativa dell’offerta. Partendo dal totale Italia, il commercio in sede fissa perde in 11 anni oltre 111mila unità (-20,2%) cioè un’impresa attiva su cinque è morta e non è stata sostituita, 31mila se ne sono andate forse per sempre nel periodo delle recenti crisi. "In sintesi, è vero che c’è una riduzione importante della numerosità se si guarda ai ‘sopravvissuti’ il commercio è ancora vitale e reattivo: - prosegue Confcommercio - avremmo potuto essere sterminati durante la pandemia invece abbiamo perso solo il 6,7% nel complesso della sede fissa e i sopravvissuti sono, comunque, 440mila".

Servizi di alloggio e ristoranti

Dall’approfondimento sui centri storici rispetto al resto del comune emerge che il depauperamento dei primi è un po’ più grave di quello che interessa le periferie, sia per il Centro-Nord sia per il Mezzogiorno. Emerge, ancora che se i servizi di alloggio crescono molto al Nord, al Sud fanno segnare tassi di variazione davvero eclatanti: si tratta di alloggi per durate brevi, non di aperture di alberghi tradizionali. In molti casi, ciò è indice di una reazione contro la riduzione strutturale di potere d’acquisto e di benessere. Il numero di ristoranti cresce, anche grazie al turismo straniero, ma c’è il travaso dai bar che con la somministrazione cambiano codice di attività per approdare alla ristorazione.

Chiudono attività tradizionali, da benzina a libri

A fronte della desertificazione commerciale delle città italiane cambia anche il tessuto all’interno dei centri storici con sempre meno attività tradizionali (carburanti -40,7%, libri e giocattoli -35,8%, mobili e ferramenta -33,9%, abbigliamento -25,5%) e sempre più servizi e tecnologia (farmacie +12,4%, computer e telefonia +11,8%), attività di alloggio (+42%) e ristorazione (+2,3%), è la fotografia scattata dall'indagine.

"Prosegue la desertificazione commerciale delle nostre città, un fenomeno che riguarda soprattutto i centri storici dove la riduzione dei livelli di servizio è acuita anche dalla perdita di commercio ambulante. Il commercio rimane comunque vitale e reattivo e soprattutto mantiene il suo valore sociale", afferma il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli commentando l’analisi dell’Ufficio Studi della Confederazione.

"Rimane, in ogni caso, prioritario contrastare la desertificazione commerciale con progetti di riqualificazione urbana per mantenere servizi, vivibilità, sicurezza e attrattività delle nostre città. In questa direzione - sottolinea - vanno il progetto Cities di Confcommercio e la rinnovata collaborazione con l’Anci a conferma del nostro impegno per favorire uno sviluppo urbano sostenibile e valorizzare il ruolo sociale ed economico delle attività di prossimità nelle città”.

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