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Pakistan: Fatima Bhutto su strage Peshawar, dolore troppo grande da sopportare

17 dicembre 2014 | 14.57
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Pakistan: Fatima Bhutto su strage Peshawar, dolore troppo grande da sopportare

''Non ci sono parole per un genitore che seppellisce un bambino''. E' così che la scrittrice Fatima Bhutto, nipote dell'ex primo ministro pakistano Benazir Bhutto, parla del massacro compiuto ieri dai Talebani in una scuola pubblica dell'esercito a Peshawar costata la vita a 144 persone compresi 132 bambini. ''Nulla di equivalente all'essere vedovo o orfano, non si hanno parole per descrivere un genitore che mette il suo bambino sotto terra prima del tempo. Si tratta di un dolore troppo grande da sopportare''. I Talebani dicono di aver condotto questo attacco perché volevano ''far soffrire il Pakistan - dice - Ma il Pakistan, come ha scritto una volta il poeta Faiz Ahmed Faiz, è una congregazione di dolore. Quanto dolore può ancora sopportare una nazione?''.

Fatima Bhutto, che ha perso la zia proprio durante un attentato sferrato dai Talebani durante un comizio a Rawalpindi il 27 dicembre del 2007, dice che ''insieme al dolore, oggi in Pakistan c'è rabbia. Rabbia verso chi ha chiuso gli occhi davanti al terrorismo e ha lasciato che il conto venisse pagato in vite umane. Rabbia per chi si è rifiutato di condannare gli assassini. Rabbia per chi ha visto qualche espediente per la morte degli innocenti. C'è rabbia e c'è anche vergogna''.

''C'è vergogna - dice la Bhutto . nel leggere che tra i morti ci sono tre persone che erano andata alla scuola pubblica dell'esercito di Peshawar a insegnare ai bambini il primo soccorso. C'è rabbia nell'apprendere che alla maggior parte delle vittime, alla maggior parte dei bambini uccisi, è stato sparato un colpo in testa''. E ''c'è vergogna per coloro ai quali non possiamo chiedere scusa, che non siamo riusciti a proteggere''.

Definendo il Pakistan come ''un Paese privo di sogni'', identificando i bambini come tali, la scrittrice ricorda che ''Talebani significa studenti in arabo. Ma che tipo di studenti possono portare il sangue in un luogo di istruzione?''. E citando le parole del poeta di Peshawar Rahman Baba, conclude: ''siamo tutti un solo corpo. Chiunque torturi un altro, ferisce se stesso''.

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