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Iraq: stop Mgf in cambio di scuole, un villaggio curdo contro infibulazione

04 marzo 2015 | 11.44
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Il progetto dell'ong Wadi ha sospeso una pratica che riguarda l'8% delle donne irachene e, secondo l'Oms, 125 milioni di ragazze in Medioriente e Africa.

Iraq: stop Mgf in cambio di scuole, un villaggio curdo contro infibulazione

Servizi scolastici in cambio dell'interruzione delle mutilazioni genitali femminili (mgf). Succede a Tutakal, remoto villaggio a circa tre ore da Erbil, la capitale del Kurdistan iracheno, dove una quindicina di famiglie stanno sfidando la pratica delle infibulazioni. Che in Iraq riguarda l'otto per cento delle donne di età compresa tra i 15 e i 49 anni, mentre coinvolge oltre 125 milioni di ragazze e donne in Africa e in Medioriente, secondo l'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms). Nonostante il Parlamento del Kurdistan abbia approvato nel 2011 una legge che vieta le mutilazioni genitali femminili, queste continuano a essere praticate nelle zone rurali, colpendo il 70 per cento delle donne.

Ma a Tutakal, sembra, qualcosa sta cambiando. Nel 2010 l'organizzazione non governativa Wadi è arrivata nel villaggio con una proposta: avrebbe fornito servizi scolastici di base se si fosse interrotta la pratica delle mutilazioni genitali femminili. Da allora, le bambine che sono nate sono state preservate da questa pratica. ''Non facciamo esami medici, ci fidiamo degli abitanti del villaggio e delle ostetriche'', ha spiegato Falah Muradkhan, la coordinatrice di Wadi per l'Iraq.

Il saggio del villaggio, Sarhad Ageb, ha ammesso che gli ci sono voluti due anni per convincere gli abitanti a interrompere le infibulazioni. ''Wadi ci ha fornito dei volantini per spiegarci come combattere le mutilazioni genitali femminili - ha detto - Li ho messi fuori dalla mia casa e il giorno dopo la gente li ha presi tutti''. Tra le difficoltà incontrate per mettere fine a questa pratica contro le donne, Ageb dice che ''i membri del Parlamento e del governo si vergognano di parlare di questo problema pubblicamente. Non potranno mai aiutarci fino a quando non capiscono che non è vergognoso parlarne''. Secondo alcuni la pratica ''è scritta nell'Islam. Ma quando si cerca nei discorsi del Profeta, non si parla in alcun modo di Mgf''.

In prima linea contro le Mgf sono le donne. Ci dicono che viene considerato ''haram (vietato dall'Islam, ndr) non essere mutilata'', sostiene una donna di 52 anni, Gurchell. ''Il cibo che prepariamo è haram se non siamo mutilate. E' tradizione e per questo facciamo infibulare le nostre figlie'', ma ''se qualcuno tenterà di mutilare mia nipote, lo ucciderò con le mie stesse mani''. Le fa eco Amirah, 37 anni e madre di nove figli, che ha deciso di non far infibulare le sue bambine e ricorda ancora con vergogna e dolore il momento in cui lei fu mutilata.

Diversa la posizione dell'ostetrica Amina, 62 anni e alle spalle oltre mille mutilazioni genitali praticate su bambine. ''Quando una madre porta sua figlia da me, perché dovrei dispiacermi per lei?'', dice, affermando che nessuna delle persone che ha mutilato ha subito complicazioni. Ma secondo l'Organizzazione mondiale della Sanità, le mutilazioni genitali femminili possono provocare emorragie gravi, infertilità e aumentare il rischio di morte neonatale, oltre ad altri problemi tra cui la morte della stessa ragazza. ''Alcune dicono che non avranno desiderio sessuale nei confronti dei loro mariti, ma non capisco dove sia il problema'', prosegue Amina.

L'ostetrica spiega infine di praticare le mutilazioni genitali ''con un coltello o con rasoio. Poi le ungo con olio e le mando a casa''. Al momento la sua attività è sospesa perché le madri non le portano più le loro figlie, ''ma chi dice che non riprenderò?''. La coordinatrice del progetto Wadi, Suaad Abdulrahman, ammette che qualcuno ''pratica le mgf in segreto dicendoci invece che non lo fanno. La pratica si intreccia con la società curda e quindi ci vorrà del tempo per far capire che tagliando un pezzo della loro figlia non verrà aggiunto valore alla loro vita".

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