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Sabino Cassese vince il Premio Alberto Arbasino

14 aprile 2024 | 16.57
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La consegna oggi pomeriggio nel Teatro Comunale di Voghera

Sabino Cassese vince il Premio Alberto Arbasino

Sabino Cassese, con il libro "Miseria e nobiltà d'Italia. Dialoghi sullo stato della Nazione" (Solferino), è il vincitore del nuovo Premio Alberto Arbasino, nato per iniziativa del Comune di Voghera (Pavia) e della sindaca Paola Garlaschelli, insieme allo scrittore Giorgio Montefoschi, presidente della giuria e con il contributo di Fondazione Cariplo.

Sabino Cassese, 88 anni, ministro della Funzione pubblica nel governo Ciampi e giudice emerito della Corte costituzionale, è stato premiato, sottolinea la motivazione, come "giurista di fama internazionale, uomo delle istituzioni, raffinato intellettuale europeo il quale con il suo ultimo libro 'Miseria e nobiltà d'Italia' traccia un memorabile ritratto del nostro paese".

La cerimonia di premiazione si è svolta, oggi pomeriggio, nel Teatro di Voghera, riaperto al pubblico in seguito a un minuzioso restauro dopo quarant'anni di chiusura e oggi intitolato a un altro cittadino illustre, Valentino Garavani. Nel corso dell'incontro, preceduto dai saluti istituzionali della sindaca Paola Garlaschelli e dell'assessore alla Cultura Carlo Fugini, i giurati presenti - Elisabetta Rasy, Raffaele Manica, Alessandro Masi e il presidente Montefoschi - hanno condiviso col pubblico ricordi e testimonianze per celebrare Alberto Arbasino. Erano presenti in sala Giorgio Pinotti, editor in chief presso Adelphi, il quale, sin dagli anni Novanta, ha seguito in casa editrice le opere di Arbasino, e Carlo Alberto Brioschi, editor della narrativa e saggistica italiane per Solferino, presso cui è uscito l'ultimo libro di Sabino Cassese. Ha coordinato l'incontro Antonio Calabrò, direttore della Fondazione Pirelli.

Il Premio Alberto Arbasino è stato ideato "con l'intento di conferire ogni anno un riconoscimento a una personalità della narrativa o della saggistica italiana che con i suoi libri e il suo lavoro possa essere accostata, per meriti e rilievo, alla figura del grande scrittore vogherese". La giuria che ha scelto Cassese è composta da un gruppo di scrittori e intellettuali che sono stati, oltre che ammiratori, amici di Alberto Arbasino. Affiancano Giorgio Montefoschi lo scrittore e critico Franco Cordelli, il critico e italianista Raffaele Manica, la scrittrice Elisabetta Rasy e Alessandro Masi, storico dell'arte e segretario generale della Società Dante Alighieri di cui Arbasino fu vicepresidente.

Giorgio Montefoschi, presidente del Premio Alberto Arbasino, ha detto nel corso della cerimonia: "Questo riconoscimento ha un'importanza doppia. In primo luogo, perché è dedicato a uno scrittore veramente sui generis e importantissimo nella cultura italiana, la cui opera andrebbe, se non riscoperta, riportata alla ribalta per la sua qualità e modernità. In secondo luogo - ma molto distante dal primo -, è perché il premio consiste in un’importante somma di denaro. Quanto alla scelta del vincitore, non c’è stata una discussione accesa fra noi giurati una volta che è stato proposto il nome di Sabino Cassese, poiché Cassese, insigne giurista, è anche un intellettuale raffinatissimo che scrive in un italiano estremamente elegante, come emerge da tutte le sue opere - compreso quest’ultimo, bellissimo libro che spiega l’Italia attuale. Si tratta insomma di una scelta di qualità vera. Abbiamo pensato che a Arbasino, un uomo che prediligeva in tutto la qualità, questa scelta avrebbe fatto molto piacere".

Nel suo libro, Cassese osserva come "l'Italia è un Paese nel quale si succedono le crisi, anzi c'è bisogno di crisi per realizzare i cambiamenti, perché le istituzioni si sviluppano grazie a esse. Ed è un Paese prismatico, con molte facce, più contraddittorio degli altri, nobile e misero allo stesso tempo. Il modo migliore per comprenderlo è allora dare voce tanto all'italiano quanto all'antitaliano che convivono in ognuno di noi". Cosa che fa lo stesso Cassese in questo saggio dal taglio originale e quasi autobiografico. Ogni capitolo si apre con un dialogo alla Diderot o alla Voltaire tra un riformista e un illuminista, uno statalista e un globalista, un militarista e un pacifista, un aristocratico e un plebeo: di fatto le due anime dello stesso autore che si interrogano a vicenda facendo luce su leggi e deroghe, burocrazia buona e cattiva, passato e futuro della Repubblica, pro e contro dell'Unione Europea, riforme presidenziali e ruolo del capo dello Stato. Due o più voci consentono infatti di confrontare sentimenti opposti, come il pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà, e di affrontare senza pregiudizi temi come il cambiamento di regime in atto, la provvidenza e la tirannia sanitaria, la giustizia e l'ingiustizia, il governo e il sottogoverno, la guerra e la pace, il progresso e il tramonto dell'Occidente. Un saggio lucido e ricco di spunti e citazioni che illustra pregi e difetti dell'Italia e degli italiani consegnandone un ritratto disincantato e rivelatore.

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