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Caso Yara, Bossetti non risponde al pm. Test del Dna: è il figlio illegittimo

18 giugno 2014 | 13.07
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La comparazione dei due profili genetici ha dato esito negativo. Durante l’interrogatorio il presunto autore dell’omicidio si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il magistrato: “Il killer ha seviziato la vittima e agito con crudeltà”. L’intuizione di due poliziotti biologi sulle analisi

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Nessuna ammissione, neppure una precisazione che possa aggiungere tasselli a un’inchiesta su cui gli inquirenti di Bergamo, per prudenza, non vogliono mettere la parola fine. Si avvale della facoltà di non rispondere Massimo Giuseppe Bossetti, il presunto autore dell’omicidio di Yara Gambirasio, interrogato in carcere dal pm, Letizia Ruggeri. In attesa della convalida da parte del gip Ezia Maccora (fissata per giovedì in carcere alle 9.30) il 44enne sceglie il silenzio come risposta a chi pensa di aver trovato ‘il mostro’. Una scelta difensiva per dare tempo all’avvocato di fiducia, Silvia Gazzetti di poter acquisire tutti gli elementi raccolti dagli investigatori contro l’uomo accusato di aver ucciso con “sevizie” e “crudeltà” Yara colpendola alla testa, poi accoltellandola ripetutamente e lasciandola morire di stenti in un campo di Chignolo d’Isola. Prove, quelle contenute nelle tre pagine del fermo, in cui le analisi tecniche e le indagini tradizionali si uniscono per dare un volto all’uomo che, secondo l’accusa, ha infierito sulla giovane ginnasta di Brembate. E oggi l’accusa mette a segno un altro punto: il 44enne non è il figlio naturale di Giovanni Bossetti, la comparazione dei due profili genetici ha dato esito negativo. E il Dna “non mente” spiega un inquirente. Il profilo genetico dell’indagato è stato trovato nella parte interna degli slip della vittima ed “è difficile sostenere che ci sia finito per caso”. Una traccia biologica, definita “abbondante”, che ha resistito alle intemperie, il corpo della tredicenne è stato trovato tre mesi dopo la scomparsa. Un profilo, “misto” a quello di Yara, “ma analizzabile e identificabile con assoluta certezza”, sottolinea chi lavora al caso.

Un elemento -tracce di Dna di Bossetti sono state trovate anche sui suoi leggings- che vanno ad aggiungersi ai riscontri delle celle telefoniche e alla polvere da cantiere, trovata nei polmoni di Yara che rendono credibile, a dire dell’accusa, l’identikit del fermato. E’ un lavoro certosino, fatto di uno “screening progressivo” tra le centinaia di persone che potrebbero aver avuto contatti con Giuseppe Guerinoni, il padre biologico di ‘Ignoto 1’, quello che porta venerdì scorso -”la vera svolta” a dire degli investigatori - a dare un nome alla madre di Bosselli, Ester Arzuffi che continua a difendere la sua famiglia. Domenica sera l’etilometro fatto al 44enne consente di avere la sua saliva, fondamentale per il confronto con il profilo genetico trovato sugli indumenti della vittima. Poche ore dopo dai laboratori la parola ‘match’ sembra mettere fine all’indagine. A chi si sorprende del perché il Dna di Bossetti non sia stato analizzato prima (oltre 18mila i profili campionati in più di tre anni di indagini), gli investigatori spiegano che si è proceduto con un “ordine di priorità”: di fronte a riscontri oggettivi si è poi ‘cercata’ la prova scientifica. Resta da stabilire se possa essere stato aiutato da qualcuno. Alle 17.45 del 26 novembre 2010 il cellulare di Bossetti risulta essere nella zona della palestra frequentata da Yara. Farà una telefonata, poi il suo telefono resterà spento fino alle 7.34 del giorno dopo. Un elemento a favore dell’accusa, ma se dovesse essere ripetuto per controllare i cellulari di eventuali amici-complici “comporterebbe indagini lunghissime, al momento dunque ci sono accertamenti in corso”. I tempi delle inchieste non coincidono con quelli giornalistici.

La polvere da cantiere trovata nei polmoni della giovane ginnasta, secondo quanto emerge dall’autopsia, insieme a piccoli tondini come quelli usati nell’edilizia trovati nelle sue scarpe sembrano combaciare con l’identikit di Bossetti: il 44enne fa il muratore e potrebbe avere facile accesso a quel cantiere di Mapello in cui il fiuto dei cani molecolari portano subito dopo la scomparsa di Yara. “Tre indizi (Dna, cellulare e polvere da cantiere nei polmoni, ndr.) fanno più di una prova”, dice non nascondendo l’entusiasmo chi dal primo giorno cerca il colpevole dell’omicidio di Yara. E se dal suo isolamento Bosselli tace, gli investigatori ripartono dalla palestra a Brembate di Sopra, al percorso fino alla casa di via Rampinelli, dove papà Fulvio e mamma Mauro continuano a vivere con i loro figli. Si continua a cercare per capire se l’indagato abbia in qualche modo organizzato il delitto (al momento è esclusa la premeditazione). Non c’è legame tra la famiglia della vittima e il presunto killer, nessun elemento reale emerge al momento su come e quando Yara e il 44enne muratore si siano conosciuti, ammesso che la tredicenne non sia stata una vittima scelta a casa. Gli inquirenti cercano di ricostruire i dettagli familiari di Bossetti, le amicizie e le eventuali complicità di cui potrebbe essersi servito. Dettagli per i molti che, lasciando la prudenza da parte, ritengono il caso già risolto.

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