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La paura dell'epidemia del virus Ebola in Africa 'contagia' il mondo

02 agosto 2014 | 12.35
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Secondo l'ultimo bilancio dell'Organizzazione mondiale della Sanità sono oltre 1.300 i malati (1.323) e 729 le vittime accertate dal febbraio scorso al 27 luglio in Guinea, Liberia, Nigeria e Sierra Leone. Cresce il timore che qualche viaggiatore infettato sfugga ai controlli e salga su un aereo diretto in Europa o Stati Uniti

La paura dell'epidemia del virus Ebola in Africa 'contagia' il mondo

La paura dell'epidemia del virus Ebola in Africa contagia il mondo. Mentre i casi i e le morti non accennano a fermarsi - secondo l'ultimo bilancio dell'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) sono oltre 1.300 i contagi (1.323) e 729 le vittime accertate dal febbraio scorso al 27 luglio in Guinea, Liberia, Nigeria e Sierra Leone - negli ultimi giorni l'attenzione di politici e sanitari europei e americani si è concentrata sul virus che uccide il 90% dei pazienti con violente emorragie. Anche perché il timore è che qualche viaggiatore infettato sfugga ai controlli e salga su un aereo diretto in Europa o Stati Uniti.

Inoltre ormai "il virus avanza con una velocità che non controlliamo", secondo il direttore generale dell'Oms, Margaret Chan. Nelle ultime settimane nei Paesi africani sono state messe in atto misure di controllo alle frontiere e negli aeroporti, le scuole sono state chiuse e sono arrivati medici dall'estero. Ma ci sono ancora pazienti che sfuggono ai sanitari e si rivolgono a guaritori sperando di sfuggire al virus.

Intanto Europa e Oms hanno annunciato importanti investimenti per contrastare l'epidemia. La Commissione europea ha stanziato 2 milioni di euro aggiuntivi, per complessivi a 3,9 milioni di euro. Mentre l'Oms e i presidenti delle nazioni dell'Africa occidentale colpite hanno annunciato un piano del valore di 100 milioni di dollari per intensificare la lotta alla malattia a livello internazionale e nazionale.

L'escalation dei casi, poi, ha sbloccato anche la ricerca: a settembre negli Stati Uniti partiranno i test clinici su un vaccino sperimentale contro l'Ebola. Ci vorranno però fra i due e i sei anni prima che un vaccino arrivi sul mercato. Intanto, viste le notizie che arrivano dai Paesi africani colpiti, gli Stati Uniti spingono sull'acceleratore. I National Institutes of Health hanno sviluppato un vaccino con "risultati incoraggianti" sui primati, ha spiegato Anthony Fauci, direttore del National Institute of Allergy and Infectious Diseases.

In Gran Bretagna gli esperti di Public Health England hanno scritto ai medici invitandoli a prestare attenzione a chi presenti strani sintomi dopo aver recentemente viaggiato in Africa occidentale. A spaventare di più sono i voli diretti per l'Africa, dopo la morte in Nigeria di un cittadino liberiano colpito dal virus dell'Ebola, deceduto a poche ore dall'atterraggio. Tutti i passeggeri che avevano viaggiato con lui sono stati rintracciati e vengono monitorati, ma finora non si ha notizia di contagi.

Il 30 luglio, poi, è arrivata la notizia della morte di Sheik Umar Khan, medico diventato famoso proprio per la sua lotta contro Ebola, che dirigeva il centro clinico per le cure contro la devastante malattia a Kenema, in Sierra Leone. Un lutto che ha commosso il mondo, e che segue quello di tanti operatori sanitari, contagiati mentre assistevano i loro pazienti.

E in Italia? Il rischio Ebola è "remoto" secondo il ministro della Salute Beatrice Lorenzin. "L'Italia già da tempo ha rafforzato in via cautelativa le misure di sorveglianza nei punti di ingresso internazionali", e "il nostro Paese è attrezzato per valutare e individuare ogni eventuale rischio di importazione della malattia". Il suo ministero ha dato per tempo, e continua ad aggiornare in tempo reale, disposizioni per il rafforzamento delle misure di sorveglianza nei punti di ingresso internazionali: porti e aeroporti presidiati dagli Uffici di Sanità Marittima, Aerea e di Frontiera.

Inoltre l'Italia, a differenza di altri Paesi europei, non ha collegamenti aerei diretti con i Paesi colpiti. L'epidemia, comunque, negli ultimi giorni ha colpito anche due cittadini americani: un medico e una volontaria che operavano in Liberia con l'organizzazione umanitaria Samaritan's Purse. Il medico, Kent Brantly, 33 anni, e l'operatrice Nancy Writebol, sono ricoverati in isolamento e "in condizioni gravi".

Ad Atlanta, negli Usa, si preparano ad accogliere in ospedale un operatore contagiato, un cittadino americano di cui non è stato reso noto il nome, che sarebbe il primo ad essere curato per Ebola nel Paese. Intanto lo scienziato Peter Piot, scopritore del virus, in un'intervista ha giudicato la malattia, "pur se aggressiva, in teoria facile da contenere". Tanto che, dice, "essere su un bus con qualcuno che ha l'Ebola non è un problema".

L'aggravarsi della situazione ha spinto comunque il nostro ministero degli Esteri a sconsigliare "i viaggi non necessari in Liberia e in Sierra Leone". Un'indicazione che il ministro Lorenzin invita a seguire. Ma Ebola mette paura anche agli Usa.

Gli esperti del Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) americano portano il livello di allerta sanitario al livello 3, il più alto, proprio per informare la popolazione ad evitare viaggi non essenziali nei Paesi dell'Africa occidentali colpiti dall'epidemia del virus Ebola. Il direttore del Cdc, Tom Frieden, invierà 50 specialisti in più nei prossimi 30 giorni in Guinea, Liberia e Sierra Leone, per aiutare il personale di 12 elementi del Cdc già impegnato in quei Paesi.

Dal canto suo il direttore generale dell'Oms, Margaret Chan, evidenzia che "le dimensioni dell'epidemia di Ebola e la continua minaccia richiedono da parte di Oms, Guinea, Liberia e Sierra Leone una risposta ad un livello superiore: con maggiori risorse, competenze mediche, preparazione e un coordinamento regionale. I Paesi coinvolti hanno identificato di cosa hanno bisogno, e l'Oms è pronta a portare aventi il piano".

Il problema è che per identificare, isolare e curare tanti malati occorrono più medici. Secondo l'Oms le maggiori esigenze per contrastare l'epidemia di Ebola in Africa occidentale sono semplici: serve "più personale da impiegare nei Paesi colpiti, per integrare i trattamenti sul posto". Sono già centinaia gli operatori umanitari internazionali e 120 gli addetti dell'Oms impiegati nei focolai. "Ma servono urgentemente medici, infermieri, epidemiologi, esperti di mobilitazione sociale, logistica e analisti".

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